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Lettera pasquale per la misericordia di Dio Onnipotente di Giovanni X Patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente.

Giovanni X( Il patriarca greco-ortodosso di Antiochia Giovanni X, in occasione della Pasqua ortodossa, ha pubblicato la seguente Lettera pasquale, che riportiamo quale rinnovato segno di amore per questa chiesa, sollecitati dall’invito di Gesù ” .. perché siano come Noi una cosa sola. …” )
A tutti i nostri amati nel Signore, figli della Santa Sede Antiochena, al clero e al popolo!
 Nel grande giorno della resurrezione, nel quale Cristo è risorto e ci ha innalzato con lui, vorrei ricordare con voi i significati della resurrezione e fare alcune riflessioni.
La resurrezione del Signore è una resurrezione di ciascuno di noi. Tramite la resurrezione svanisce la potenza del diavolo, il nostro nemico. Nonostante la morte incuta paura agli uomini, il Cristo l’ha vinta con la sua resurrezione vivificante.
Egli è sceso nella dimora della morte, l’inferno, l’ha espulsa dal suo interno annullando la sua azione. La morte è rimasta ed esiste tuttora, però essa è diventata un passaggio verso la vita vera, è diventata una liberazione dal temporaneo all’eterno.
La resurrezione ha portato la grazia al posto del peccato, l’eternità invece della mortalità e la vita invece della morte. Il regime del maligno è finito e il regno di Dio ha trionfato. La luce ha sostituito le tenebre.
La resurrezione è una nuova creazione, un uomo nuovo e un popolo nuovo. La resurrezione è una manifestazione evidente della potenza della vita, dell’energia del rinnovamento, del dominio della luce e della continuità della verità: “Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, tutte le cose sono diventate nuove” (2 Cor 5, 17). Essa è la vittoria di Dio sulle potenze del peccato e della morte, che deformano l’uomo e vogliono distruggere la creazione. Essa è la grande vittoria che ha ispirato Paolo ad esclamare: “La morte è stata ingoiata per la vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione? (1 Cor 15, 54-55).
Con la sua morte, Cristo ha aperto la via della vita vera, la vita della gioia, della luce, dell’amore e del rinnovamento. Con la sua morte, Cristo ha rinnovato la nostra vecchia natura, perché essa diventasse dello stesso splendore della sua immagine e noi diventassimo “figli della resurrezione”. Se crediamo e lo desideriamo, la resurrezione di Cristo diventa la nostra pasqua personale. “Cristo è sepolto in noi, come in una tomba, egli unisce se stesso con noi, rialza le nostre vite e ci rialza con la sua potenza” (San Simeone il nuovo Teologo). Quando diventiamo vasi puri e buoni dello Spirito Santo, festeggiamo la pasqua continuamente e il mistero della pasqua si rinnova in noi in tutti i tempi.
La vera resurrezione non è separabile dalla croce, perché quest’ultima è la via che conduce alla resurrezione. La resurrezione non si sperimenta senza ricordare e portare la propria croce. Per il fatto che partecipiamo personalmente alla resurrezione del Signore, non dobbiamo dimenticare la croce che la precede. Senza la croce, non godremo della gloria del Cristo risorto. Se non comprendiamo e percepiamo la croce nella nostra vita, da che cosa risorgeremo? Se rimaniamo imprigionati nella nostra condizione terrena, dove saranno i segni della nostra resurrezione? Se il buio del peccato domina su di noi, come può la luce della resurrezione abitare in noi? Non possiamo celebrare la resurrezione di Cristo, se la luce del Salvatore non ha cacciato completamente le tenebre dei peccati dalle nostre vite!
Per il terzo anno consecutivo, celebriamo la pasqua e tuttavia la preoccupazione aumenta, la paura cresce, la distruzione si estende, il male e la morte dominano in ogni tempo e ovunque. Come possiamo festeggiare la resurrezione mentre il paese è nel disastro, gli affamati sono numerosissimi e i rifugiati aumentano? Come viviamo la resurrezione se la croce è sempre dominante?
È il mistero della croce, “tramite la quale è venuta la gioia a tutto il mondo”. Tramite la croce avviene la vera resurrezione, altrimenti essa è una poesia teorica e una bella canzone. Il mondo non ama la croce, esso vuole che la morte sia assente, ma le croci lo circondano da tutte le parti. Il fedele non chiude gli occhi dinanzi alla vista delle croci, ma le affronta con lo spirito della resurrezione, e da queste croci fa sorgere la nuova vita e le veste con la luce della vita. L’energia della resurrezione fa dalla croce uno strumento di gioia, una via di vita, una testimonianza dell’amore e un segno di partecipazione e di comunione.
Come possiamo vivere la resurrezione? Come la possiamo incarnare nella nostra vita? Come la possiamo trasferire dalle pagine dei libri alla nostra realtà vissuta?
Festeggiamo la resurrezione e la viviamo quando non lasciamo il male entrare in noi e dimorare nei nostri cuori, per quanto forte esso sia. Viviamo la resurrezione quando non confrontiamo il male con il male. La viviamo quando proviamo a purificare noi stessi, incessantemente, dai segni dell’odio. Fissiamo lo sguardo verso la verità alla quale siamo stati invitati, la verità che, scoperta, ci libera dalle catene del male. Scopriamo la verità che sta nell’altro e notiamola, piccola o grande che sia, perché da essa iniziamo e ci aiutiamo l’un l’altro per poter costruire la patria dell’uomo.
Siamo figli della resurrezione quando diventiamo ponti di collegamento fra i lontani, i diversi e i differenti, ponti sui quali si passa, come nostro Signore, che non ha chiesto nulla per sé stesso, ma ha dato tutto al mondo, ha sacrificato se stesso per la salvezza del mondo. Diventiamo allora vie di comunione fra tutti. L’amore, che si sacrifica e si realizza tramite il lavoro e la verità, costruisce le patrie.
Siamo figli della resurrezione nel momento in cui viviamo la nostra fede nella sostanza e in radice. Le espressioni esterne cambiano perché cambiano la cultura, l’educazione e i modi di vita, la sostanza originaria, però, si conserva fedele a quella consegnata un tempo ai santi, malgrado il cambio delle culture e delle condizioni. Imitiamo il coraggio di Cristo, che non ha avuto paura di niente, neanche della morte, ma ha affrontato la croce con amore e ci ha guidato alla resurrezione. Affrontiamo la croce di quest’Oriente crocifisso con grande amore per tutti i crocifissi, perché arriviamo con loro alla resurrezione attesa da tutti. Viviamo questi giorni di dolore in semplicità, avendo soltanto l’essenziale e sperimentando la vera ricchezza del vivere in comunione con Dio. La priorità sia data alla collaborazione, alla solidarietà e alla compartecipazione. I poveri sono molti, i danneggiati anche. Siamo una sola famiglia e una sola casa. Non dimentichiamo la parola del vangelo: “E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, l’avrà dato a me” (Mt 10, 42).
Ora indirizzo una parola ai nostri figli nella diaspora, augurando a loro buona festa e giorni benedetti. Invio loro la mia benedizione e raccomando il dovere di esprimere il loro amore verso i figli della stessa patria, i loro popoli e le loro patrie. Fratelli miei, potete anche voi aiutare, nel modo che giudicate opportuno!
Infine, noi non dimentichiamo che il Signore è il signore della storia, e cosi perseveriamo nella pazienza e nella speranza inestinguibili. Ricordiamoci quanti profeti hanno invitato alla penitenza e alla fedeltà affinché Dio intervenisse e eliminasse l’afflizione. Nei giorni di afflizione come i nostri, mancano i testimoni fedeli. Usciamo allora più fedeli e più puri dall’afflizione che viviamo! Nel momento in cui siamo convinti che Dio è sufficiente, gli effetti della resurrezione iniziano a manifestarsi in noi, così che l’interno e l’esterno dell’uomo si trasfigurano.
Cristo è risorto, è veramente risorto!
Miei amati,
questo discorso sulla croce e sulla resurrezione assume oggi, nella nostra vita attuale, un significato più profondo; tanti nostri fratelli hanno sofferto duramente a causa degli eventi dolorosi che sperimentiamo. Nostri fratelli, metropoliti, sacerdoti e laici sono trattenuti a tutt’oggi nelle mani dei rapitori. Alcuni presbiteri e laici hanno subito la morte in varie località, e migliaia sono divenuti rifugiati. Noi portiamo la croce di tutta quanta la sofferenza che hanno subito o subiscono fino ad oggi. Noi condividiamo la tragedia della diocesi di Aleppo e condividiamo anche la tristezza di ogni parrocchia e di ogni casa. Tale tristezza, però, va considerata come una via per una maggiore saldezza, e un’occasione per manifestare la nostra fede e il nostro credere nella resurrezione. Abbiamo fatto tanti sforzi presso tutte le autorità, internazionali e locali, chiedendo non solo la liberazione dei rapiti, ma anche il ristabilimento della pace nelle nostre regioni e la cessazione della violenza come metodo di condotta fra i cittadini. Non arretriamo davanti alla realtà, così come il Signore non è arretrato sulla via della croce. La strada, la percorriamo fino alla fine, e non ci stancheremo mai di continuare a chiedere una vita degna all’uomo, perché la resurrezione sicuramente avverrà. Ciò detto, vi invito, miei amati, ad essere sempre più uniti, a pregare di più, ad essere più saldi e stabili nella fede, ad amare di più la vostra terra e ad essere più aperti con chi condivide la vostra stessa patria, cosicché possiamo più efficacemente chiedere la cessazione dell’ingiustizia, il ritorno dei rapiti, sani e salvi, e asciugare le lacrime di coloro che sono nella tristezza.
Giovanni X
Patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente
 

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