X Domenica del T.O. – La resurrezione del giovanetto di Naim: emblema stupendo della vittoria della vita sulla morte che si è manifestata in Gesù Cristo..
I profeti avevano raffigurato la relazione tra Dio e il suo popolo attraverso l’immagine di un matrimonio. Dio era lo sposo e Israele la sposa. Ma, a causa delle tante infedeltà, dei tradimenti di questo popolo, questo matrimonio si considerava ormai cessato e il popolo di Israele si considerava come una vedova, una senza marito (il marito è quello che da protezione, sicurezza alla sua famiglia).
….L’evangelista Luca [ unico in cui si trova questa narrazione ] fa seguire questo episodio a un altro importante, quando Gesù è stato chiamato, invocato, in soccorso da parte di un centurione. ( raffigurava il mondo pagano che chiede l’intervento di Gesù. ) ….
“In seguito”, quindi in relazione all’episodio del centurione, si recò in una città chiamata Nain. (Nai è un termine che probabilmente significa “grazioso, piacevole”, ed è nei pressi di Nazaret. ). ….
Due cortei che si incontrano: uno, quello di Gesù con i suoi discepoli, è portatore di vita, mentre dalla città esce un corteo portatore di morte “ che [ accompagnava ] al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova e molta gente della città era con lei.
Vedendola, il Signore ne ebbe compassione.
Nel mondo ebraico si distingue tra avere compassione e usare misericordia. Usare misericordia è un atteggiamento degli uomini, ma avere compassione è un’azione solo divina. E’ un’azione con al quale si comunica, si restituisce vita a chi vita non ce l’ha.
Nel vangelo di Luca la troviamo tre volte, questa è la prima, poi nella parabola del Samaritano dove Gesù l’attribuisce addirittura ad un uomo, eretico per giunta, perché si comporta come Dio e quindi comunica vita, e infine nella parabola del figliol prodigo quando il padre, vedendo il figlio, che considerava morto, ebbe compassione.
E le disse: “Non piangere!” E accostatosi, toccò la bara.
Nell’episodio precedente col centurione era bastata la parola di Gesù.
… La legge proibiva di toccare la bara, laddove per “bara” si intende una semplice lettiga e il defunto era coperto da un lenzuolo., perché chi toccava un cadavere o una bara contraeva l’impurità.
[ Toccandola ] Gesù “ trasgredisce” la legge per far comprendere che la causa della morte di questo popolo è l’osservanza di una legge fine a se stessa, una legge che non serviva al bene dell’uomo …. La legge era uno strumento per dominare, per opprimere il popolo e il risultato è che il popolo è morto.
(fr. Alberto Maggi )
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…È molto audace introdurre in questa epopea di morte, dove la morte ha sempre la meglio, la parola della resurrezione.
E’ il momento sconcertante dell’ annuncio cristiano che non è un annuncio religioso perché le religioni spesso assecondano, con pietà più o meno alta, l’istinto della consolazione.
Le religioni mirano a consolare l’uomo dal morire.
L’annuncio cristiano invece non segue questa strada, se lo liberiamo dalle sue decadenze religiose, funebri che sono enormi.
L’istinto di morte è così forte nell’uomo che riesce a manipolare ed a omogeneizzare a sé anche gli annunci opposti per cui, come i più anziani sanno, le chiese erano luoghi funebri, le messe erano messe da morto e i drappi neri dominavano ovunque.
Questo istinto di morte ha la meglio su tutti perché è il più potente degli istinti che abbiamo in noi.
La parola della resurrezione è una parola che ci prende di petto perché è incredibile, non risponde alla nostra esperienza.
Non abbiamo visto nessun figlio di madre vedova alzarsi dal feretro. Non abbiamo sotto gli occhi nessuna prova che questo è vero. Questa parola fa appello alla nostra fede e al suo fondamento: è la potenza di Dio che vince ogni limite.
Noi crediamo, nonostante tutto, – è la nostra scommessa – che quel Dio che dà la vita al fiore, all’uccello dell’aria, alle stelle, all’universo fisico in tutta la sua espansione, ha la possibilità di darci la vita vincendo la morte.
La nostra speranza si basa su questo e Gesù Cristo è il nostro fratello in cui si è compiuto il mistero del morire e del vivere.
La resurrezione è il messaggio di Gesù Cristo. Però questo messaggio dobbiamo coglierlo nella sua pienezza.
Quando Egli dava la vista al cieco era la resurrezione, quando dava il pane agli affamati era la resurrezione, quando diceva: ‘beati voi afflitti perché sarete consolati’ dava la resurrezione, quando diceva: ‘guai a voi, o ricchi’ dava la resurrezione, quando diceva: ‘guai a voi o Farisei’ spezzava i sepolcri, quando di fronte a Pilato diceva: “Tu non hai nessun potere se non ti fosse dato” spezzava le catene dell’impero romano. Egli spezzava i sepolcri.
È questa esistenza per la liberazione, in tutto l’arco simmetrico alle schiavitù che sperimentiamo, il mistero di Gesù Cristo. Ecco perché Egli è credibile.
Egli prima di sperimentare, per dono del Padre, la liberazione dal sepolcro, ha spezzato tutti i sepolcri per amore, fino a dare la sua vita perché tutti gli uomini fossero liberi da morte.
Ricompongo così in unità un messaggio che altrimenti rischiamo di meditare nella sua settorialità, nella sua coincidenza con il nostro impulso biologico a rifiutare la morte, che è un impulso santo, non va sconsacrato.
Dobbiamo essere dalla parte di coloro che non rendono normale il morire.
Tutte le filosofie, le scienze che vogliono portarci ad accettare come normale il morire sono strumenti di persuasione occulta che portano in sé anche, forse, una spinta a rassegnarci a tutti i sepolcri.
Solo chi rifiuta la morte in tutte le sue espressioni conserva in sé le riserve di rivoluzione necessaria per non accettare nessun sepolcro, né sacro né profano.
Questo amore per la vita è il valore sommo che dobbiamo avere.
Certamente deve essere un amore che va mediato attraverso tutte le dimensioni dell’amore e non chiuso in una specie di impulso biologico al vivere ad ogni costo.
Chi dice: sono pronto a morire per vivere … ha detto una parola misteriosa perché contraddittoria. Ci sono giovani pronti a morire per amore della vita e questo al di là di ogni motivazione esplicita: ecco il segno che in noi c’è molto mistero che fa riscontro al mistero di Dio di cui parliamo e al mistero di Gesù Cristo che è vissuto come coloro che per spezzare le catene dello morte hanno saputo dare la vita.
Questo è il messaggio che ci viene dato.
Dopo avere attraversato queste riflessioni che ci contestano, che ci coinvolgono, possiamo guardare con occhi insospettabili la scena di Gesù che prende per la mano l’adolescente morto e lo fa alzare. E’ un emblema stupendo di questa vittoria della vita sulla morte che si è manifestata in Gesù Cristo.
(Ernesto Balducci- da: Omelie inedite 1989)
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