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Domenica XXXIII del T.O. – Non il vangelo della fine del mondo ma del nostro oggi – Dio nasce nelle cose vive non nei templi morti.

18Siamo alla fine dell’anno liturgico, e la chiesa ci fa ascoltare la prima parte del discorso escatologico di Gesù.
 Nell’imminenza della sua passione Gesù pronuncia una parola autorevole sulla fine dei tempi e sull’evento che ricapitolerà la storia: la venuta nella gloria del Figlio dell’uomo (cf. Lc 21,27), preceduta da alcuni segni che i discepoli devono saper leggere con intelligenza.
Colpisce la diversità dello sguardo che Gesù da una parte e «alcuni» dall’altra posano sul tempio.
Mentre questi ultimi ne ammirano «le belle pietre e i doni votivi», Gesù ne vede con sguardo lucido e profetico la fine ormai vicina.
Come il tempio e tutto il suo sistema cultuale, così anche le costruzioni e realizzazioni più «sante» dell’uomo sono destinate a finire: non sono esse a dover trattenere la nostra attenzione, ma il Signore che viene, di cui queste realtà sono soltanto un segno. ( E. Bianchi )
 …. Gesù aveva dichiarato il tempio una spelonca di ladri ,un tempio dove Dio era diventato una sanguisuga, che anziché comunicare la vita ai suoi fedeli gliela toglieva, come nell’episodio che precede questo brano, quello della vedova, che … si dissanguava per mantenere in vita il Dio che la sfruttava.
 Dio, nell’Antico Testamento, nella Legge, aveva previsto che con i proventi del tempio bisognasse mantenere proprio le categorie più deboli, rappresentate dalla vedova. Ebbene l’istituzione religiosa aveva deturpato il volto di Dio e non solo con i proventi del tempio non si mantenevano le vedove, ma erano le vedove, quindi la parte più debole della società, che dovevano dissanguarsi per mantenere in vita questo Dio vampiro.
 Gesù non tollera tutto questo e allora all’ammirazione dei discepoli Gesù risponde: “Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta”.
 Questo è il primo dei grandi cambiamenti che avverrà nella storia.
Ogni istituzione religiosa e civile che si oppone al bene dell’uomo, che sfrutta l’uomo, che umilia l’uomo, Gesù ci assicura – ed è questa la grande speranza, la grande certezza dei credenti – cadrà, anche se sembra una cosa impossibile, come il tempio di Gerusalemme, una delle meraviglie del mondo, uno splendore come ammirano questi discepoli, tutto cadrà. ( fr. Alberto Maggi )
  
Non c’è sistema di potere economico, politico, religioso che sfrutti l’uomo, lo schiacci, lo umili e non vedrà la fine. E Gesù quindi ha parole di incoraggiamento verso i suoi, verso la comunità cristiana, avvertendo però che tutto questo non sarà indolore, perché questa società si rivolterà contro i discepoli di Gesù che annunziano un mondo nuovo.
 Interrogato poi dai discepoli sui tempi e i segni della fine, Gesù li esorta a esercitarsi al discernimento, in primo luogo come opposizione all’inganno: «Molti verranno nel mio nome dicendo: “Io Sono” – il Nome di Dio (cf. Es 3,14) – e: “Il tempo è vicino”».
Sì, la scena della storia, e in essa anche lo spazio religioso ed ecclesiale, ospita la comparsa di «falsi Messia e falsi profeti» (Mc 13,22) sempre pronti ad arrogarsi titoli che non spettano loro.
Vi è soprattutto un indizio che li smaschera: essi non hanno «i modi di Gesù Cristo», Messia venuto per servire e non per essere servito, ma vogliono il potere per dominare sugli altri a proprio arbitrio (cf. Lc 22,24-27). Ebbene, il cristiano è chiamato a resistere alle lusinghe di questi impostori, pronunciando con decisione il proprio «no» e ricordando che il comando di Gesù: «Non seguiteli!» è tanto netto quanto il suo: «Seguitemi!»…  ( E. Bianchi )
 
….Non vi lasciate suggestionare, non date ascolto a chi dice: io sono il Cristo, non andate a vedere le madonne o i santi, i miracoli che ci sono qua e là perché in quei luoghi non c’è nessuno.
Dio nasce nelle cose vive non nei templi morti, non nelle statue, non nei crocifissi dove si è come calcificata la nostra cupidigia dell’ assoluto.
Noi dobbiamo vedere Dio nella freschezza fragile del mattino e quindi, attorno a noi, nelle persone, nelle vicende familiari, nel bambino che nasce, in due che si amano, in due popoli che si incontrano, nelle dittature che cadono. Tutto questo è il Dio che nasce, il regno di Dio che viene.   (Ernesto Balducci – da: “Gli ultimi tempi” – vol. 3)
  Poi Gesù ammonisce a leggere guerre e catastrofi naturali senza cedere alla paura: si tratta di eventi storici che riguardano l’umanità di ogni tempo e che egli menziona non per allarmare, ma per rivelare «le doglie del parto» (Rm 8,22) che travagliano la creazione, la quale va verso un fine datole da Dio, verso la terra e i cieli nuovi del Regno.
«Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno a causa del mio nome»: ecco il grande segno annunciato da Gesù, la persecuzione dei suoi discepoli, addirittura da parte dei parenti e degli amici. D’altronde Gesù lo aveva detto: «Un discepolo non è da più del maestro …
Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi». È normale che i cristiani siano osteggiati dal mondo, e questa ostilità costituisce la prova della loro fedeltà al Signore: se egli, il Giusto, è stato ingiustamente perseguitato, perché dovrebbe avvenire diversamente ai suoi discepoli?
Anzi, la persecuzione diviene per i credenti «occasione di martyría, di testimonianza», nella certezza che lo Spirito santo, inviato dal Signore Gesù, li assisterà nell’ora della prova (cf. Lc 12,11-12).
Essi devono solo preoccuparsi di vivere la virtù cristiana per eccellenza, la perseveranza, cui Gesù lega una promessa straordinaria: «con la vostra perseveranza salverete le vostre vite».
 La vita cristiana non è questione di una stagione, ma richiede perseveranza fino alla fine: il cristiano è colui persevera nell’amore, continuando a compiere il bene tra gli uomini, anche a costo della propria vita. E la persecuzione altro non è che un’occasione per vivere la comunione con le sofferenze del Signore Gesù e mostrare la carità fino al limite estremo da lui insegnato e vissuto: l’amore per i nemici (cf. Lc 6,27-28; 23,34). ( E. Bianchi )
 Il brano dell’evangelista continua poi con il versetto 28 in cui conferma l’immagine di speranza, di salvezza e non di paura.
Gesù annunzia: “Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo perché la vostra liberazione è vicina”.
Quindi non catastrofi che mettono paura al gruppo di discepoli, ma l’annunzio di una grande verità: tutto quello che domina, che opprime e umilia l’uomo, man mano nella storia cadrà.
Questo comporterà inevitabili sofferenze ai componenti della comunità cristiana, ma questo non li deve scoraggiare perché sono già i vincitori. . ( fr. Alberto Maggi )
 Davvero questo vangelo non tratta della fine del mondo, ma del nostro oggi: la nostra vita quotidiana è il tempo della faticosa eppure beata (cf. Gc 5,11) e salvifica perseveranza.  (E.Bianchi)
 

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