EPIFANIA: Quando s’è visto, bisogna muoversi. Come i Magi bisogna andare a Cristo
L’Epifania è la festa della manifestazione di Gesù. Il Figlio di Dio, nato a Betlemme nella più grande umiltà, ora si rivela agli uomini.
Ora il mistero di Cristo, tenuto nascosto agli uomini delle precedenti generazioni, viene rivelato (cfr. Efesini 3, 5). Ora, in Cristo, Dio è apparso nel mondo.
Come ci dice la profezia di Isaia ascoltata nella prima lettura, in mezzo a una folla immersa nel buio, è apparsa una luce. E, da quel momento, la scena si anima. Tutti si muovono: camminano i popoli alla luce del Signore; le genti e i re che vengono da lontano accorrono e si radunano, attratti da questa luce (cfr. Isaia 60, 1-6).
«L’apparizione di Dio nel mondo non si manifesta propriamente come la luce fisica, cioè per ogni verso e in modo obbligante l’occhio ad accoglierla; ma si manifesta, direi […] a fasci, a coni luminosi, a strati: chi non entra nella zona percorsa dalla luce, non s’accorgerà ch’essa passa sul suo capo, ch’essa lo sfiora vicina. Per vedere bisogna aprire gli occhi, almeno, bisogna guardare. C’è di più: quando s’è visto, bisogna muoversi. Come i Magi.bisogna andare a Cristo venuto» (Cardinale Montini ( Paolo VI ) Omelia per il pontificale dell’Epifania, 6 gennaio 1956, in DSM, pp. 577-578).
Emerge da qui, quanto mai immediata e chiara, la necessità di un nostro movimento, di una nostra apertura, di una nostra risposta.
È la necessità, anzi la responsabilità della fede, quale risposta libera e personale al Signore che si rivela.
Sì, l’apparizione di Cristo, la rivelazione del suo mistero, «genera una responsabilità… l’immobilismo non è più giustificabile» .
È una responsabilità che tutti ci interpella e che esige da ciascuno di noi, che pur siamo credenti, un rinnovato movimento spirituale, un desiderio più ardente di accostarci al Signore e di seguirlo: in una parola, una fede più fresca e genuina, matura ed entusiasta.
È una responsabilità, quella della fede, che si esprime anzitutto nella «ricerca di Cristo, di Dio, della verità»: una ricerca di cui i Magi sono per tutti noi di esempio quanto mai luminoso ed attraente.
Essi – annota il futuro Paolo VI – «cercano una soluzione convergente del loro pensiero con il fatto storico e reale della nascita del Messia; cercano vegliando e studiando i cieli, desumono cioè anche dalla osservazione della natura e dalla scienza umana il segno indicatore; cercano impegnando il loro tempo e sacrificando la loro tranquillità; cercano la testimonianza umana della voce divina; cercano perseverando nell’alternarsi della luce celeste e dell’insegnamento umano; cercano senza vergognarsi dello scopo del loro pellegrinare e senza scandalizzarsi di non aver precursori e seguaci quelli più informati di loro; cercano e trovano nella gioia e nell’umiltà; cercano e trovano per adorare e per dare, felici di offrire e di scomparire» (Omelia durante il pontificale dell’Epifania, 6 gennaio 1957, in DSM, p. 1146).
E così, di fronte a Dio che, pur rivelandosi, rimane misterioso, essi ci insegnano che «la fortuna di accettare la rivelazione, la fortuna cioè di credere e di entrare così nel cerchio beato della comunicazione alla vita stessa di Dio è, da un lato, libero e totale dono suo, dall’altro esige una cooperazione nostra […] di cuore e di volontà, di onestà di pensiero e di vita, di culto e di amore»
I Magi ci dicono «che Dio bisogna cercarlo: l’ignoranza, l’inerzia, l’indifferenza, l’agnosticismo, il dubbio sistematico, la noia raffinata, lo spiritualismo pago delle sue interiori esperienze, la riduzione del sapere alla sola conoscenza del dato sensibile e di evidenza razionale, e tante altre espressioni della areligiosità moderna sono accusate dai Magi come abdicazione del pensiero umano al suo fine principale, al dovere primo della vita: conoscere Dio»
Conoscere Dio: è una responsabilità che dobbiamo risvegliare dentro di noi, nella consapevolezza – sono ancora parole di Montini – che «per conoscerlo bisogna fare qualche cosa: pensare, studiare, istruirsi, pregarlo» (ivi) e che occorre sempre più «progredire nella conoscenza e nell’intelligenza delle cose di Dio». E questo perché, «l’atto di fede non ci dispensa dallo studio della verità religiosa, ed ecco la teologia; dal culto della verità religiosa, ed ecco la meditazione; dall’amore della verità religiosa, ed ecco la preghiera; dalla coerenza con la verità religiosa, ed ecco la virtù e la vita cristiana»
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Quei magi, quei sapienti, sono dei cercatori, capaci di mettersi in cammino, di non restare chiusi nei loro confini, di non essere soddisfatti dei propri orizzonti, e per questo partono, fanno un viaggio, seguendo la stella, senza sapere dove avrebbe potuto portarli.
Quando giungono a Gerusalemme, la stella si eclissa, mostrando ai magi la sua insufficienza: il libro della natura, del cosmo non basta, e perciò essi devono fare ulteriori domande circa la possibile nascita del re dei Giudei.
… A Gerusalemme, dunque, fanno domande a quelli che avevano ricevuto la rivelazione, la parola di Dio, nella convinzione che essi possano conoscere ciò che loro non sanno. Si accorgono però ben presto che le loro domande destano turbamento in tutta Gerusalemme, in particolare nel re Erode. ….
I magi, obbedienti alle Scritture, pur svelate loro da nemici di quel re bambino nato da poco, vanno verso Betlemme, ed ecco ricomparire la stella che li accompagna, quasi a profetizzare che il libro della natura e quello della parola di Dio concordano e sono unanimi nel convergere verso il bambino Gesù. Nella grande gioia per questa rivelazione, giungono nella casa e trovano il bambino con Maria sua madre. Una stella nel cielo e dei credenti increduli li hanno portati fin qui, davanti a una povera, umile scena: un neonato e sua madre…
A lui offrono i loro doni più preziosi, adempiendo così le profezie riguardo al pellegrinaggio escatologico di tutte le genti, che sarebbero venute dai confini della terra ad adorare il Signore (cf. Is 2,2-5; 60; 62,1-2): l’oro che solo i re possono ricevere, l’incenso offerto a Dio nella liturgia, la mirra farmaco di vita per sempre.
Epifania, manifestazione dall’alto, rivelazione alle genti dell’identità di quel bimbo nato da Maria.
Le genti, con la loro sapienza, la loro ricerca di Dio fuori dall’appartenenza al popolo di Israele e alla chiesa, hanno un orientamento, la loro ricerca del senso del senso: lo trovano in cielo? Lo trovano in terra? Lo trovano nel loro cuore e nelle loro convinzioni più profonde?
Noi cristiani a queste domande rispondiamo con franchezza: sì, possono trovarlo, perché la parola di Dio non è al di là dei mari, non è al di là dei confini della terra, ma è vicina a ogni uomo, nel suo cuore e nella sua bocca (cf. Dt 30,11-14; Rm 10,6-8).
Occorre solo ascoltarla e dovremmo semplicemente aiutarci a vicenda nel discernerla: noi, chiesa, Israele, genti, dovremmo aiutarci a vicenda, perché siamo tutti cercatori, tutti pellegrini, tutti mendicanti. ? ( E. Bianchi )
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Sappiamo che Matteo ci racconta un grande evento messo in luce da Isaia e dagli Efesini: il re Messia di Israele è nato e i grandi non lo sanno, genti lontane sono guidate dalla luce di Dio ma non possono trovarlo senza la mediazione d’Israele.
Si commuovono dice il testo ma non si muovono e i magi vanno a cercare e trovano: trovano per convergenza della sapienza di Israele con una mozione divina: Israele possiede il tesoro delle Scritture, lo offre per gli altri, non lo adopera per sé.
Israele è estraneo all’incontro col Cristo nato: Questa estraniazione durerà fino alla fine dei secoli. Gli altri trovano si consegnano e donano. ( D. G. Dossetti )
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