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Battesimo di Gesù: il " senza peccato" in fila con i peccatori ….

battesimoAbbiamo celebrato a Natale la manifestazione-epifania del Salvatore ai poveri, all’Epifania la manifestazione alle genti: oggi, con il battesimo di Gesù, celebriamo la sua manifestazione a Israele, concludendo così il tempo delle epifanie dell’incarnazione.
C’è stato un lungo silenzio dall’infanzia di Gesù fino a quest’ora.
Dove Gesù ha vissuto la sua giovinezza?
Dove ha imparato a leggere le sante Scritture?
Dove è diventato un uomo maturo di circa trent’anni (cf. Lc 3,23)?
I vangeli non ci danno risposte. Possiamo solo dire che, negli anni immediatamente precedenti al battesimo, Gesù è stato discepolo del Battista nel deserto di Giuda, come Giovanni stesso ci testimonia nella sua predicazione messianica: “Chi viene dietro a me (opíso mou), chi è alla mia sequela è più forte di me” (Mt 3,11; Mc 1,7).
È in questa sequela che Gesù chiede a Giovanni, il suo rabbi, di ricevere l’immersione nelle acque del Giordano, mettendosi in una fila di peccatori che vogliono professare la volontà di conversione, di ritorno a Dio. Questa è la scena, è l’atto di presentazione di Gesù adulto, il suo primo atto pubblico. Gesù è il Messia, l’Unto del Signore, è il Salvatore di Israele, è il Figlio di Dio venuto nel mondo, ma la sua prima manifestazione è nell’abbassamento, nello svuotamento, senza presentare le sue prerogative divine.
Sì, in questa immersione di Gesù, che non ha bisogno di battesimo per la remissione dei peccati, essendo lui senza peccato (cf. 2Cor 5,21; Eb 4,15), egli stesso si annovera tra i peccatori, come accadrà anche nella sua morte in croce tra due malfattori (cf. Mt 27,38; Mc 15,27). Ecco perché dico che Gesù è “il Messia al contrario”, perché contraddice ogni immaginazione umana, ogni logica che vuole che la venuta di Dio avvenga nello splendore, nella gloria, nella potenza.
Giovanni però, che per rivelazione e soltanto per fede conosce la vera identità di Gesù, si rifiuta di immergere Gesù nelle acque del Giordano. Anzi, nel racconto di Matteo confessa: “Io ho bisogno di essere immerso da te, e tu invece vieni a me e chiedi di essere immerso?”. Ma poi obbedisce silenziosamente alle parole di Gesù, che gli ricorda l’obbedienza che entrambi devono fare alla missione ricevuta: entrambi devono “adempiere ogni giustizia”, cioè corrispondere puntualmente alla volontà di Dio. Giovanni, l’ultimo profeta dell’Antico Testamento e il primo profeta del Nuovo, lascia a Gesù ogni decisione, lascia fare a Gesù: egli sa di dover solo predisporre tutto affinché la volontà di Dio, ormai espressa autorevolmente da Gesù, si compia.
Gesù viene dunque immerso da Giovanni nel Giordano, e mentre esce dalle acque – avendo compiuto questo momento pasquale di morte, affogamento, deposizione dei peccati e resurrezione a vita nuova, profezia della sua passione-Pasqua; e dopo essersi identificato con l’umanità peccatrice –, ecco giungere su di lui, proprio allora, la parola definitiva di Dio. Si aprono i cieli, cioè avviene una comunicazione tra mondo celeste e mondo terrestre, tra Dio e la terra; lo Spirito santo scende come una colomba, dolcemente, su di lui; e una voce proclama: “Questi è il mio Figlio, l’amatissimo: in lui ho posto tutta la mia gioia”.
Questa teofania è ricca di significato: come sulle acque primordiali, nell’in-principio della creazione, aleggiava lo Spirito di Dio (cf. Gen 1,2), così sulle acque del Giordano scende lo Spirito, inaugurando la nuova creazione nel nuovo Adamo, Gesù Cristo. E la parola di Dio dice la sua identità di Figlio di Dio stesso, Figlio unico e amatissimo, Figlio di cui Dio, vedendo lo stile da lui assunto e le azioni da lui compiute, come quel battesimo, può attestare: “Io mi rallegro di te, sei amatissimo da me, mi compiaccio di te, per come vivi e agisci, in piena conformità alla mia volontà”.
Queste parole di Dio all’inizio di ogni vangelo sinottico (cf. Mc 1,11; Lc 3,22) sono anche per ciascuno di noi, che dovrebbe sentirle rivolte a sé: sì, Dio mi dice che sono suo figlio, che sono da lui amatissimo. Ciascuno di noi dovrebbe sperare che Dio gli possa dire: “Di te mi compiaccio, di te mi rallegro!”, ma forse, conoscendo le nostre rivolte verso Dio, i nostri peccati, esitiamo a crederlo possibile. Noi esitiamo, eppure dovremmo esserne convinti: queste sono le parole che Dio vorrebbe dirci e che ci dirà se speriamo in lui, non in noi, nella sua misericordia, non nelle nostre giustificazioni. ( Enzo Bianchi )

***

…Noi viviamo oggi una salutare crisi, opera di Spirito Santo: perché da una appartenenza alla Chiesa di tipo sacrale, nella quale i sacramenti scandivano i gradi di stretta appartenenza (dal battesimo, poniamo, all’ordine sacerdotale) e stringevano l’uomo all’istituzione sacra e in qualche modo lo segregavano, noi passiamo ad una visione messianica della Chiesa, modellata su Gesù servo dell’uomo.
E allora i sacramenti devono cambiar forma, senso e anche modo di distribuzione: compito pastorale che certo non sta a noi qui affrontare.
 Essere battezzati vuol dire essere mandati.
Il battesimo è un’investitura di coloro che professano la fede in Gesù di Nazareth, e si assumono il compito di vivere come Lui ha vissuto passando per le vie del mondo facendo del bene e liberando gli schiavi.
È un’investitura che presuppone una maturità di coscienza.
A questa trasformazione si dovrà pure arrivare, secondo gradi di maturazione della coscienza comune dei cristiani che non sta a me anticipare ne forzatamente imporre. Però è bene camminare, anche come popolo di Dio, prevedendo certe scadenze che si fanno meno lontane di quanto si pensava, perché questa maturazione esplode. (Ernesto Balducci da “II mandorlo e il fuoco” vol. 1anno A )

***

Se il battesimo di Gesù, come annunciava Marco, era mirato ad ottenere il perdono dei peccati, perché Gesù è andato a farsi battezzare?
Se il battesimo di Gesù, come nel vangelo di Matteo, è mirato alla conversione, cioè ad un cambiamento del proprio comportamento, da un comportamento sbagliato a uno orientato verso il bene degli uomini. Perché Gesù fa a farsi battezzare?
Lui aveva bisogno di conversione?
Il battesimo è un simbolo di morte, morte a quello che si è e che si è stati, per accogliere la vita nuova.
Anche per Gesù il battesimo è un simbolo di morte, ma non al passato, poiché lui non ha un passato  ingiusto da dover cancellare, ma morte nel senso di accettazione di morte al futuro per essere fedele alla volontà del Padre e manifestare il suo volto d’amore.
 Gesù parlerà di questo battesimo proprio come simbolo di morte.
Nel vangelo di Marco dirà: “Potete ricevere il  battesimo con cui io sono battezzato?”
 …. “Giovanni voleva però impedirglielo”, perché questo Gesù che va a farsi battezzare come se fosse anche lui bisognoso di conversione non è in linea con il messia che Giovanni Battista ha annunziato, il messia giustiziere, il messia che viene a giudicare, a premiare e castigare, che viene a battezzare in Spirito Santo, ma anche col fuoco, quello che viene a bruciare la pula.
E quindi Giovanni Battista protesta e dice: “«Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me? » Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia»”. I
l termine ‘giustizia’ nell’Antico e nel Nuovo ha il significato di fedeltà, fedeltà all’alleanza.
La giustizia di Dio consiste nella sua fedeltà all’alleanza, anche se gli uomini possono abbandonarla, anche se il popolo può tradirla, Dio è sempre fedele all’alleanza e al suo popolo.
E l’uomo è giusto, cioè la giustizia dell’uomo, quando è fedele a questa alleanza. Quindi Gesù invita ad essere fedeli all’alleanza, cioè a compiere la volontà di Dio.
 E qui l’evangelista colloca un’espressione strana che si trova solo due volte nel vangelo di Matteo, qui e alla fine delle tentazioni nel deserto, quando si legge che i”l diavolo allora lo lasciò”. E’ la stessa frase.
“Allora egli lo lasciò”, Giovanni Battista lo lasciò. Non è “lasciò fare”, come alcuni traduttori cercano poi di completare la frase. “Allora egli lo lasciò”, esattamente come il diavolo.
L’evangelista vuole indicare che questa per Gesù è la prima tentazione: essere il messia atteso dalla popolazione, il messia annunziato dalla tradizione. Sarebbe stato subito riconosciuto, accolto e acclamato.
Invece Gesù dovrà liberare il popolo da questa idea del messia per presentarne una completamente diversa, non un messia di potenza, ma un messia d’amore, non un messia di dominio, ma un messia di servizio. ( A. Maggi )

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