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VIII Domenica del T. O. – Al Padre non bisogna chiedere perché il Padre precede le richieste degli uomini.

Uccelli del cieloVoglio cominciare manifestando subito l’imbarazzo che provo ogni volta che mi avviene di confrontarmi con questa straordinaria pagina del Vangelo.
Da una parte, la percezione che in questo discorso di Gesù si coglie qualcosa di essenziale del significato della nostra vita sulla terra, si mette allo scoperto una verità dimenticando la quale si scivola fatalmente nella follia (e ci siamo!); dall’altra, la difficoltà di poter commentare queste parole, perché per quanto sia buona la nostra intenzione, noi siamo in una situazione illegittima: bisognerebbe che io che parlo e voi che ascoltate fossimo con la preoccupazione di che vestirci e di che mangiare.
In realtà non ne abbiamo, di queste preoccupazioni. II pericolo è che questa pagina diventi allora una bella occasione per esercitazioni di buoni sentimenti, di illuminata ispirazione … Ma così sfuggiamo alla sua verità.
È davvero uno dei casi in cui è meglio tacere che parlare.
Sono però anche convinto che se il nostro discorso è contenuto dentro questa consapevolezza, e viene fatto con un sottinteso di autocritica, diventa legittimo e molto importante.
 Mi viene in mente che nei momenti ruggenti della nostra cultura occidentale – fine secolo scorso, inizi di questo secolo – questa pagina veniva indicata dalla cultura economico-politica del tempo come un indizio chiaro che il Vangelo è un prodotto culturale di una società antica, preindustriale, di una società pauperistica e che perciò non è adatta ai tempi nostri.    Erano i tempi in cui riecheggiava in Europa la famosa parola di un uomo di governo francese: «arricchitevi». Questa era la parola che faceva da motto ad una società che andava avanti nella produzione e nella distribuzione dei beni.
Dentro la nostra isola felice, questa parola del Vangelo poteva, al più, essere ascoltata come una specie di esortazione alla fraternità, all’attenzione ai poveri, a farci strumento della misericordia di Dio con l’elemosina a chi non avesse, per caso, di che mangiare e di che vestire, ma sembrava che la società che si riflette qui nel Vangelo fosse ormai alle nostre spalle.
 Ora invece siamo in un tempo in cui si è scoperto che attorno a noi c’è una metà dell’umanità che ha proprio la preoccupazione di che cosa mangiare e di cosa vestire.
 La nostra organizzazione sociale, tutta centrata sullo sviluppo dell’homo economicus, dell’uomo come produttore e consumatore, ha conquistato grandi traguardi ma contemporaneamente, necessariamente, ha emarginato attorno a sé masse sterminate di gente destinate alla fame.
Questa è la scoperta che ci rende ormai inquieti, che turba per sempre la coscienza buona che avevano i nostri avi, i promotori della civiltà produttiva.
 Sentiamo che c’è qualcosa di distorto alla radice della nostra organizzazione sociale e che quindi questa del Vangelo è una proposta sapienziale che ci obbliga a riesaminare criticamente i principi della nostra condotta personale e collettiva.
Il Vangelo non sostituisce le culture, rappresenta qualcosa di metaculturale, cioè un insieme di principi profetici che aggrediscono qualsiasi cultura svelandone la relatività, la inadeguatezza: questo è il suo compito.[…]
Ora noi sentiamo molto meglio che quello che va messo in questione è, in radice, il rapporto fra l’uomo e le cose, tra l’uomo e l’uomo e questo rapporto non può essere ricondotto dentro la categoria dell’utile: questo è il punto critico.
Quando facciamo, in altra sede e con altri registri, il discorso del Nord e del Sud vogliamo dire che il Nord è la porzione dell’umanità sviluppata perché ha scelto la categoria dell’ avere come categoria suprema, e questo ha determinato un collasso ed una epidemia di fame in tutto il Sud.
Noi siamo alla resa dei conti.
Noi non rimedieremmo affatto a questa situazione semplicemente collettivizzando i beni, occorre ristabilire un principio base che è quello del rapporto fra l’uomo e l’uomo e l’uomo e le cose.   (Ernesto Balducci – da: “Il Vangelo della pace” – vol 1)

 ***

 In questo brano del vangelo di Matteo Gesù conferma quanto annunziato nelle  beatitudini. Chi si prende del bene dell’altro e del benessere del proprio fratello, permetterà al Padre di prendersi cura di lui. Per questo il brano comincia dal capitolo 6, versetto 24 di Matteo, con l’avvertimento di Gesù “Non potete servire Dio e la ricchezza”.
…..  Gesù invita a mettere la propria sicurezza non in quello che uno ha e trattiene per sé, ma in quello che uno dà e condivide con gli altri.  …. 
[ Continua] Gesù, «Non preoccupatevi»” …. degli elementi essenziali della vita, quali sono il mangiare, il bere o il vestire, e porta degli esempi.
Dice: «Guardate gli uccelli del cielo»”. Perché fa proprio questo esempio degli uccelli del cielo?
 Perché erano ritenuti animali inutili e nocivi, animali per i quali il Signore non veniva benedetto. Addirittura nel vangelo di Luca si parla di corvi, che erano considerati animali impuri. Quindi gli elementi più inutili e insignificanti della creazione.  Ebbene, dice Gesù «Guardate gli uccelli del cielo: non seminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre»”.
Questo di Gesù non è l’invito a un fatalismo in cui si attende che la provvidenza faccia tutto. No! Gesù dice “Se Dio nutre gli uccelli del cielo che non seminano, non mietono, né raccolgono, quanto più voi che seminate, mietete e raccogliete. Quindi non è un invito a non far nulla, ma ad impegnarsi attivamente senza preoccupazione.
E poi Gesù fa l’esempio che nessuno può allungare la propria vita oppure il vestito e poi dice: “«Osservate i fiori di campo»”., i fiori più comuni, quelli la cui durata era appena di un giorno. E Gesù assicura che “«neanche Salomone, con tutta la sua gloria»”, cioè la sua vanità, «era vestito come uno di loro»”. Allora l’insegnamento di Gesù: “«Se Dio veste l’erba del campo, che dura appena un giorno, oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi …»”, e qui c’è il rimprovero di Gesù, “«.. gente di poca fede?»
 Poca fede non significa che si crede poco, ma mancanza di fiducia.
Se voi vi impegnate per il bene degli altri, il Padre si prenderà cura di voi, a tutto vantaggio degli uomini!
Poi , per la seconda volta, Gesù  dice: “Non preoccupatevi dunque dicendo: ‘Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?’»e fa un paragone molto forte. «Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani»”, quelli che non credono nel Padre. Quindi se voi vi preoccupate per la vita, di quello che avete, ecc, siete come persone che non conoscono il Padre. E, assicura Gesù: «Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno»”.
L’assicurazione di Gesù è che al Padre non bisogna chiedere perché il Padre precede le richieste degli uomini, lui conosce i bisogni degli uomini, quindi l’azione del Padre precede sempre la richiesta del figlio.
Ed ecco l’invito finale. «Cercate»”, cioè adoperatevi, datevi da fare, “«invece, anzitutto, il regno di Dio»”, cioè questa nuova comunità alternativa alla società, dove al posto dell’avere ci sia il condividere, al posto del comandare ci sia il servire, «e la sua giustizia»” , dove per giustizia si intende la fedeltà  a quanto annunziato nelle beatitudini per creare una società alternativa.
“«E tutte queste cose»”, quindi il mangiare, il bere e il vestire, “«vi saranno date»”, non nella misura in cui ne necessitate, ma “«in aggiunta»”.
Ed ecco l’ultimo invito a non preoccuparsi, per la terza volta. «Non preoccupatevi dunque del domani»”. ….. Come oggi avete sperimentato l’azione provvidenziale del Padre che si è preso cura di voi, anche domani questo accadrà.
E conclude Gesù: «A ciascun giorno basta la sua pena»”, cioè il problema, l’affanno, la preoccupazione, non devono essere proiettati nel futuro, ma ogni giorno il Signore risponde ai bisogni dei suoi figli. ( A. Maggi )
 
 
 

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