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Pentecoste. – II primo uomo si riduce in cenere, in polvere, ritorna alla terra: la prima creazione deve essere incene­rita dal fuoco; il secondo uomo, l'uomo nuovo, alitato dallo Spirito di Dio, è definitivo, costituito signore esso stesso.

fuoco pent
Dal cielo un fragore … un vento che si abbatte impetuoso … lingue di fuoco (At 2,2-3).
Non è sempre facile questo linguaggio per noi uomini e donne che abitiamo questo nostro tempo e questo nostro mondo, da noi letti in modo molto diverso rispetto all’epoca in cui è stato scritto il Nuovo Testamento. La descrizione di questi eventi straordinari e miracolosi rischia di urtarci e di non essere più eloquente ai nostri orecchi. Occorre dunque sforzarsi di decodificare il linguaggio delle Scritture, per riuscire ad accogliere il messaggio contenuto nel racconto della Pentecoste.
Che cosa è accaduto?
Mentre i discepoli di Gesù erano riuniti tutti insieme nello stesso luogo, hanno fatto esperienza di quella forza che li ha abilitati a proclamare la buona notizia, il Vangelo, in molte lingue e culture: il Vangelo in cui avevano creduto ascoltando le parole e i gesti di Gesù poteva riguardare non solo loro, figli di Abramo, figli di Israele, provenienti dalla Galilea, ma tutte le genti della terra (cf. At 2,4-11). Bianchi m
Sì, in quel giorno di Pentecoste molti uomini e donne hanno compreso e sperimentato la forza e la luce del Vangelo di Gesù, il Messia crocifisso e risorto. Gli eventi della passione, morte e resurrezione di Gesù avvenuti in quella Pasqua del 30 d.C. trovano a Pentecoste una pienezza di forza.
Questa, del resto, era la promessa e il dono del Risorto, perché Gesù era stato annunciato da Giovanni il Battista come colui che doveva venire a rinnovare l’alleanza attraverso un’immersione nello Spirito santo (cf. Mc 1,8 e par.). E poi Gesù stesso aveva promesso ai discepoli il dono dello Spirito, del Soffio santo di Dio, in modo da non lasciare orfani quelli che l’avevano seguito (cf. Gv 14,18), e aveva profetizzato che lo Spirito sarebbe stato dato ai credenti come un fiume di acqua viva (cf. Gv 7,37-39). Ecco cosa si è compiuto a Pentecoste, quella che per gli ebrei era ed è la festa del dono della Torah, data a Israele in mezzo a tuoni, fuoco e tremore della terra (cf. Es 19,16-18).
Il brano odierno del quarto vangelo racconta il medesimo evento in altro modo, ma il significato è lo stesso. I discepoli sono riuniti tutti insieme nello stesso luogo e stanno “chiusi in casa”, per paura di coloro che avevano condannato e suppliziato Gesù alla vigilia della Pasqua. Da quella crocifissione sono passati tre giorni, tutto sembra finito. Ma ecco che “Gesù venne, stette in mezzo a loro e disse: ‘Shalom, pace a voi!’”. In quella situazione di paura, di chiusura, di sofferenza, Gesù “viene” come aveva promesso: “Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete” (Gv 16,16); “Io verrò di nuovo … verrò a voi” (Gv 14,3.18). Il Veniente si fa vedere come il Vivente risorto da morte, e per lui nulla è di ostacolo. La sua presenza è quella del corpo di Gesù di Nazaret, ma ormai corpo trasfigurato, non più votato alla morte e alla fragilità, corpo glorioso, cioè ripieno della gloria di Dio. Ma è il corpo di Gesù nato da Maria, vissuto nella terra di Israele, morto a Gerusalemme, è il corpo dal quale la passione e la sofferenza non possono essere cancellate: le mani, i piedi e il costato trafitti dalla crocifissione testimoniano la sua identità (cf. Gv 20,25.27).
“E i discepoli gioirono al vedere il Signore”, il Kýrios della chiesa in mezzo a loro vivente per sempre. Allora Gesù soffia su quel gruppo di uomini per ricrearli, per infondere in loro la vita nuova, una vita animata dal Soffio di Dio. Come Dio aveva soffiato sul volto di Adamo, il terrestre, per infondergli vita (cf. Gen 2,7), così Gesù soffia lo Spirito creatore su quei discepoli, che non solo diventano la sua chiesa ma il suo corpo stesso vivente grazie alla potenza dello Spirito santo. Comprendiamo allora come le parole di Gesù: “Prendete, mangiate, bevetene tutti” (cf. Mc 14,22-24 e par.; 1Cor 11,23-25), parole che chiedono di riceverlo, sono spiegate compiutamente da questo comando: “Ricevete lo Spirito santo”. Il dono di Gesù è lo stesso: ricevendo lo Spirito diventiamo il suo corpo, mangiando il suo corpo e bevendo il suo sangue riceviamo lo Spirito santo!
Lo Spirito santo è vita in pienezza, dunque è remissione dei peccati, cioè liberazione da tutto ciò che contraddice e ferisce, a volte mortalmente, la vera vita. Questo Spirito che i discepoli ricevono e che li assolve dai peccati, li rende a loro volta capaci di rimettere i peccati. Ecco cosa c’è alla radice della loro missione: perdonare e annunciare il perdono. Può sembrare poco, ma in verità è decisivo. In ogni caso, è l’unica esperienza di Dio e del suo amore che noi possiamo fare prima della morte, prima di vedere Dio faccia a faccia. Proprio come la chiesa ci fa cantare ogni mattina nel Benedictus: “Il Signore ci ha dato la conoscenza della salvezza nella remissione dei nostri peccati” (cf. Lc 1,77).   [E. Bianchi]

***

giuseppe-dossetti
Mentre gli Atti degli Apostoli parlano dell’effusione dello Spirito Santo come di un evento accaduto cinquanta giorni dopo la Pasqua, Giovanni dice che il Signore ha effuso lo Spirito sugli apostoli riuniti nel cenacolo la sera stessa di Pasqua, in occasione della manifestazione collegiale,
….La Pentecoste non è av­venuta solo in quell’istante supremo che Luca descrive come il cul­mine di tutti gli eventi della storia della salvezza, ma permane in una continuità stabile e ordinaria perchè ormai si identifica con tutto il tempo della Chiesa e, attraversandolo tutto, già s’inserisce nell’eter­nità.
Questa è la prospettiva di Giovanni. Come è espressa questa stabilità? E’ espressa con un atto che sem­brerebbe essere il massimo dell’inconsistenza: Gesù alita.
Che cosa c’è di più  inconsistente dell’alito?
Eppure questo soffio ha il massimo d’intensità, di solidità, perche non è il soffio dell’uomo ma è il soffio di Dio, è l’equivalente del soffio di cui si parla nel cap. 2 della Genesi: ” E il Signore Iddio formò l’uomo dalla polvere della terra e alitò nel­le sue narici un soffio vitale e l’uomo divenne anima vivente “ (v. 7). …  Il soffio di Gesù è in parallelo con il “ sof­fio vitale “ della creazione, ma ha un potere enormemente più grande e trasformante del soffio di Dio che ha alitato l’esistenza nel primo Adamo.    
Il primo soffio aveva dato origine al mondo e al primo uomo  iI soffio di Gesù, in quanto è II Signore risorto nella pienezza della sua divina signoria, costituisce sulle sue basi ormai incrollabili la nuova creazione.   
Secondo la prospettiva di Giovanni, è precisamente questo soffio che fa del dono dello Spirito, nel giorno stesso di Pasqua, qualcosa che crea una stabilità definitiva.  … 
II primo uomo si riduce in cenere, in polvere, ritorna alla terra: la prima creazione deve essere incene­rita dal fuoco; il secondo uomo, l’uomo nuovo, alitato dallo Spirito di Dio, è definitivo, costituito signore esso stesso, e il nuovo mondo è ormai costituito  su basi solide che non subiranno pia nessun crol­lo.     
Oltre al rapporto tra la prima e la seconda creazione, c’e anche un rapporto tra la prima creazione e il peccato e tra la  seconda crea­zione e la riconciliazione.
Il rapporto tra la prima creazione e il peccato è richiamato dello stesso Giovanni: “E dopo aver così parlato, alitò su di essi, dicendo loro: “Ricevete lo Spirito Santo. A chi rimetterete i peccati saranno loro rimessi…” (Gv 20,22-23). 
…. Il peccato degli uomini potrà reinserirsi nella vi­cenda umana solo nella misura in cui ci si stacca da lui; ma quando si rimane in lui, lo Spirito che egli stesso ha effuso è tale che non si può peccare.  … Ancora dalla Prima lettera di Giovanni:   “ Da questo dovete conoscere lo spirito di Dio: ogni spirito che confessa Gesù Cristo venuto in carne, è da Dio “ (1 Gv 4,2).  
Ecco il discernimento dello Spirito!   
  Lo Spirito è dato ed è ricevu­to, e produce quest’effetto: confessando che Gesù è il Figlio, si par­tecipa del suo Spirito; e se questa confessione non è solo verbale ma di tutto I’essere, non solo il peccato è rimesso, ma non si può pecca­re.     
II nostro peccato infatti non è altro che la conseguenza di una in­termittenza di contatto con Gesù nella fede; ma quando c’e la con­fessione integrale che Gesù è il Figlio, l’uomo è impeccabile, perché partecipa dello Spirito che è stato alitato su di lui. ( G. Dossetti )
 

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