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SS. Corpo e Sangue di Gesù. – il Corpo di Cristo è il pane degli ultimi tempi, capace di dare vita, e vita eterna, perché la sostanza di questo pane è Amore.

Il cibo che ci da il Signore ci nutre veramente…L’eucaristia non è un rito magico, è il segno che postula, esige, richiama una realtà concreta che siamo noi, che è la nostra storia. Se viviamo con questa partecipazione, non possiamo certo sentirci esenti dal pericolo – e i pericoli sono tanti.
Quelli che sono qui vagamente accennati dalle pagine del Deuteronomio sono innanzi tutto la nostalgia di altri tempi: questo popolo di dura cervice resiste alla pedagogia di Dio, che usava strumenti forti e violenti – le prove, i cataclismi, la fame, la siccità – per mettere a prova il suo cuore.
Noi rischiamo di rimpiangere, come quel popolo, tempi di tranquillità che, ora li vediamo bene, erano tempi di ingiustizia, di iniquità.  (Ernesto Balducci – da “Il Vangelo della pace” – vol. I – Anno A )
 
Papa francesco«Il Signore, tuo Dio, … ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi» (Dt 8,2).
Queste parole di Mosè fanno riferimento alla storia d’Israele, che Dio ha fatto uscire dall’Egitto, dalla condizione di schiavitù, e per quarant’anni ha guidato nel deserto verso la terra promessa. Una volta stabilito nella terra, il popolo eletto raggiunge una certa autonomia, un certo benessere, e corre il rischio di dimenticare le tristi vicende del passato, superate grazie all’intervento di Dio e alla sua infinita bontà.
Allora le Scritture esortano a ricordare, a fare memoria di tutto il cammino fatto nel deserto, nel tempo della carestia e dello sconforto.
L’invito di Mosè è quello di ritornare all’essenziale, all’esperienza della totale dipendenza da Dio, quando la sopravvivenza era affidata alla sua mano, perché l’uomo comprendesse che «non vive soltanto di pane, ma … di quanto esce dalla bocca del Signore» (Dt 8,3).
Oltre alla fame fisica l’uomo porta in sé un’altra fame, una fame che non può essere saziata con il cibo ordinario. E’ fame di vita, fame di amore, fame di eternità.
E il segno della manna – come tutta l’esperienza dell’esodo – conteneva in sé anche questa dimensione: era figura di un cibo che soddisfa questa fame profonda che c’è nell’uomo.
Gesù ci dona questo cibo, anzi, è Lui stesso il pane vivo che dà la vita al mondo (cfr Gv 6,51).
Il suo Corpo è il vero cibo sotto la specie del pane; il suo Sangue è la vera bevanda sotto la specie del vino.
Non è un semplice alimento con cui saziare i nostri corpi, come la manna; il Corpo di Cristo è il pane degli ultimi tempi, capace di dare vita, e vita eterna, perché la sostanza di questo pane è Amore.
Nell’Eucaristia si comunica l’amore del Signore per noi: un amore così grande che ci nutre con Sé stesso; un amore gratuito, sempre a disposizione di ogni persona affamata e bisognosa di rigenerare le proprie forze. Vivere l’esperienza della fede significa lasciarsi nutrire dal Signore e costruire la propria esistenza non sui beni materiali, ma sulla realtà che non perisce: i doni di Dio, la sua Parola e il suo Corpo.
Se ci guardiamo attorno, ci accorgiamo che ci sono tante offerte di cibo che non vengono dal Signore e che apparentemente soddisfano di più.
Alcuni si nutrono con il denaro, altri con il successo e la vanità, altri con il potere e l’orgoglio.
Ma il cibo che ci nutre veramente e che ci sazia è soltanto quello che ci dà il Signore!
Il cibo che ci offre il Signore è diverso dagli altri, e forse non ci sembra così gustoso come certe vivande che ci offre il mondo.
Allora sogniamo altri pasti, come gli ebrei nel deserto, i quali rimpiangevano la carne e le cipolle che mangiavano in Egitto, ma dimenticavano che quei pasti li mangiavano alla tavola della schiavitù. Essi, in quei momenti di tentazione, avevano memoria, ma una memoria malata, una memoria selettiva.
Ognuno di noi, oggi, può domandarsi: e io? 
Dove voglio mangiare? 
A quale tavola voglio nutrirmi?
Alla tavola del Signore?
O sogno di mangiare cibi gustosi, ma nella schiavitù?
Qual è la mia memoria?
Quella del Signore che mi salva, o quella dell’aglio e delle cipolle della schiavitù?
Con quale memoria io sazio la mia anima?
Il Padre ci dice: «Ti ho nutrito di manna che tu non conoscevi».
Recuperiamo la memoria e impariamo a riconoscere il pane falso che illude e corrompe, perché frutto dell’egoismo, dell’autosufficienza e del peccato.
Tra poco, nella processione, noi seguiremo Gesù realmente presente nell’Eucaristia.
L’Ostia è la nostra manna, mediante la quale il Signore ci dona se stesso.
A Lui ci rivolgiamo con fiducia: Gesù, difendici dalle tentazioni del cibo mondano che ci rende schiavi; purifica la nostra memoria, affinché non resti prigioniera nella selettività egoista e mondana, ma sia memoria viva della tua presenza lungo la storia del tuo popolo, memoria che si fa “memoriale” del tuo gesto di amore redentivo. Amen. ( Papa Francesco – Omelia la Celebrazione Eucaristica del SS . Corpo e  sangue di Gesù )
 
Bianchi[ Dal Vangelo ] ascoltiamo innanzitutto una dichiarazione di Gesù:
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo”.
Gli ascoltatori sono rimandati da Gesù non a qualcuno o a qualcosa con carattere di grandezza, forza, sapienza, ma all’umile realtà del pane che ognuno mangia quotidianamente per sostentarsi e che molti devono cercare, a volte addirittura mendicare nella loro povertà.
Il pane, questo cibo umile e semplice, ma che è il simbolo della vita, del cibo “necessario” per vivere: Gesù va proprio a questa realtà necessaria all’uomo, ma semplice e umile, per rivelare qualcosa di sé. Gesù dice che lui stesso è pane, un pane per la vita, un pane che non viene dagli uomini, che gli uomini non possono darsi, ma viene dal cielo, da Dio.
Sono parole che dobbiamo contemplare, non spiegare, perché non riusciamo ad accoglierle in pienezza.
Se noi vogliamo vivere della vita vera, non solo della nostra vita biologica che va verso la morte, dobbiamo mangiare il pane che Gesù ci offre, se stesso.
Tutta la sua vita, tutta la sua azione, tutte le sue parole, dalla nascita a Betlemme fino alla morte di croce, tutto è innestato nella vita del Figlio da sempre e per sempre nel seno del Padre, e perciò è vita eterna che viene offerta a noi, se siamo in ricerca, affamati di questa vita.
Attenzione: questa vita non è solo vita divina, in vista di una divinizzazione, ma è anche la vita umana di Gesù, la vita da lui vissuta nella carne fragile e mortale che aveva assunto nascendo dalla vergine Maria. Quella vita umana vissuta per amore di noi uomini in questo mondo, vita di un uomo che l’ha spesa, consumata fino alla morte di croce, è per noi cibo di vita per sempre.
Anche noi, come quegli ascoltatori giudei, siamo perlomeno turbati di fronte a una tale affermazione: come è possibile che un uomo ci dia la sua carne come cibo? Questa è una follia!
Eppure Gesù non ha paura di scandalizzare con un’affermazione così forte; anzi, commentandola la rende ancor più scandalosa: “Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita”.
Linguaggio duro, ma con il quale cerca di rivelarci che mangiare il pane eucaristico e bere al calice della benedizione è ricevere la realtà misteriosa (cioè nel mistero, nel sacramento) di Cristo, umanità trasfigurata nella resurrezione e vita divina del Figlio nel seno del Padre. Così nell’eucaristia la vita di Cristo diventa nostra vita e noi diventiamo corpo di Cristo, sue membra viventi, per lo stesso soffio che è lo Spirito santo. Questo è il “pane” che non si corrompe e che ci fa vivere per la vita eterna.
Non dobbiamo però dimenticarlo: tutto questo lo viviamo sacramentalmente, avendo davanti a noi pane spezzato e vino da bere. Ma il nostro occhio, se è abilitato dallo Spirito santo, discerne in quel pane e in quel vino il corpo e il sangue di Cristo. Noi ce ne cibiamo ed essi, entrati in noi, nel metabolismo eucaristico ci fanno diventare corpo del Signore. Questo è il grande mistero che noi innanzitutto adoriamo:
“la Parola si è fatta carne” (Gv 1,14) in Gesù;
la carne di Gesù si è fatta pane (cf. Gv 6,51);
il pane ci dà la vita eterna (cf. Gv 6,58).
( E. Bianchi )

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