XIX Domenica del T. O. – Numerose sono le paure che ci abitano, tutte generate dalla «paura madre», quella della morte: ma Dio da sempre esorta i credenti a non temere, a dimorare sicuri in lui.
Subito dopo aver sfamato la folla numerosa (cf. Mt 14,13-21) , Gesù ordina ai discepoli di precederlo all’altra riva del lago di Galilea, mentre egli si ferma per congedare quanti lo hanno seguito.
….. Nello stesso tempo egli radica il suo agire in una profonda relazione di amore e di fiducia nei confronti del Padre.
Per questo cerca con determinazione degli spazi e dei tempi di solitudine per stare davanti a Dio in assoluta gratuità e discernere la sua volontà sulla propria vita: anche in questo caso «sale sul monte a pregare, in disparte». ( E. Bianchi )
La scena si svolge – se stiamo all’originale greco del Vangelo – «alla quarta veglia» della notte, cioè nell’ultima delle quattro fasi in cui essa era divisa, ossia fra le tre e le sei.
Abbiamo, quindi, ancora il segno della tenebra, che è nella Bibbia un simbolo negativo.
Analogo è il valore del “mare” che, come è noto, nella Sacra Scrittura incarna il caos, il nulla, il male, tant’è vero che il Giovanni dell’Apocalisse, quando s’affaccerà sulla nuova creazione, scoprirà che «il mare non c’era più» (21,1). Similmente il vento tempestoso è emblema di terrore e di distruzione. Tutta la scena è, quindi, all’insegna della negatività. (Gianfranco Ravasi )
Venuta la sera egli è ancora solo, mentre la barca dei discepoli è in mare aperto in balìa del vento contrario e delle onde: l’evangelista già intravede il cammino della fragile barca della chiesa nella storia, sballottata tra avversità e tensioni comunitarie…
Essa però non è abbandonata dal Signore Gesù, il quale non solo prega per la sua comunità, ma si fa anche misericordiosamente presente ai suoi discepoli, lui che «è con loro tutti i giorni fino alla fine della storia» (cf. Mt 28,20): ecco infatti che sul far del mattino «viene verso di loro camminando sul mare». ( E. Bianchi )
Gesù si leva solenne su questo orizzonte, che è agli antipodi della terra, della luce, della quiete, quasi come il Creatore agli inizi stessi dell’atto creativo descritto dalla Genesi. Egli, perciò, compie nei confronti dei discepoli una sorta di azione simbolica simile a quelle che i profeti – soprattutto Geremia ed Ezechiele – manifestavano al loro uditorio, accompagnandole con una spiegazione religiosa.
Facile è l’equivoco di chi interpreta la scena come un evento magico o preternaturale. È ciò che accade ai discepoli terrorizzati che urlano: «È un fantasma!». (Gianfranco Ravasi )
Subito però Gesù li rassicura con poche, straordinarie parole, che vogliono placare il loro sconvolgimento interiore e infondere nei loro cuori la fiducia: «Coraggio, Io Sono» – il Nome impronunciabile di Dio rivelato a Mosè (cf. Es 3,14) – «non abbiate paura!». ( E. Bianchi )
In realtà, in greco si ha: egó eimi, «Io sono!». Ora, questa è la versione del nome che Dio rivela a Mosè al Sinai: «Io sono colui che sono!» (Esodo 3,14), nome abbreviato già in quell’occasione in «Io sono ».
L’espressione, variamente interpretata, ci ricorda comunque che Dio è una persona (“Io”) la quale esiste e opera (il verbo “essere”).
Ebbene, in quel momento Cristo svela ai discepoli con questo atto eccezionale la sua realtà intima, nascosta dal velo della sua umanità.
È un po’ quello che accadrà sul monte della Trasfigurazione: egli ora si presenta in una teofania, cioè in un segno rivelatore della sua divinità di Signore del cosmo e della storia. ….
…Gesù spazza via la loro sensazione attraverso due frasi illuminanti che decifrano l’atto nel suo significato teologico e non magico o spettacolare.
La prima è da scoprire nell’originale e non nella versione che suona così: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!» (14,27). (Gianfranco Ravasi )
Numerose sono le paure che ci abitano, tutte generate dalla «paura madre», quella della morte: ma Dio da sempre esorta i credenti a non temere, a dimorare sicuri in lui, come ci testimoniano con abbondanza le Scritture, dalla Genesi (cf. Gen 15,1) fino all’Apocalisse E questo invito è particolarmente frequente sulle labbra di Gesù, fino ad essere rivolto dal Risorto alle donne nell’alba della resurrezione (cf. Mt 28,10), l’evento che segna la vittoria definitiva dell’amore sulla morte. ( E. Bianchi )
L’altra frase esplicativa è quella rivolta in finale a Pietro: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?» (14,31). Per comprendere l’evento del cammino sulle acque – come anche gli stessi miracoli – è necessario un canale di conoscenza ulteriore rispetto a quello dei sensi e della pura e semplice ragione, ossia la via della fede e dell’adesione al mistero divino ). (Gianfranco Ravasi )
Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque».
Pietro inizia la sua attività di tentatore di Gesù, di satana, sarà l’unico discepolo che meriterà da Gesù l’epiteto “satana”, “Satana, torna a metterti dietro di me!”
E Pietro lo sfida, lo tenta, “Se sei tu”, esattamente come il diavolo nel deserto, “«Comandami di venire a te sulle acque»”. Vuole avere la condizione divina, ma pensa che questo avvenga con un’imposizione dall’alto.
Gesù lo invita, Pietro comincia a camminare sulle acque, “Ma, vedendo che il vento era forte “si impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!»” (Alberto Maggi )
Pietro affonda perché c’è una conoscenza di sé che fa andare a fondo: è la consapevolezza delle forze violente e conflittuali che si agitano in noi. L’uomo rimane sconvolto dalle perversità, dalle oscurità, dalle storture che scorge dentro di sé e che sembrano inquinare tutte le sue azioni anche le più semplici. Questa è una tipica conoscenza di sé nel vuoto; pur avendo una parte di verità non si rapporta con Cristo ( C.M. MARTINI, Le confessioni di Pietro, Piemme, Casale Monferrato 1992, 23.)
Quando infine Gesù sale sulla barca, il vento si placa. Allora i discepoli gli si prostrano davanti, accompagnando il loro gesto di adorazione con una solenne confessione di fede: «Tu sei veramente il Figlio di Dio».
Gesù per ora tace, ma più avanti chiarirà cosa significa e cosa comporta il suo essere Figlio di Dio (cf. Mt 16,16.21).
Qui il suo silenzio è per noi una domanda: siamo disposti ad aderire a lui senza paura, credendo al suo amore (cf. 1Gv 4,16)?
Questa fiducia salda è la verità di ogni confessione di fede fatta a parole… (Enzo Bianchi)
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