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Esaltazione della S. Croce – Per sapere chi sia Dio devo inginocchiarmi ai piedi della croce.

crocif… Non è  la croce ad aver dato gloria a Gesù, ma è Gesù che ha vissuto anche la croce in modo da rendere questo strumento mortifero segno ed emblema di una vita offerta, spesa, perduta per amore, un amore vissuto “fino all’estremo” (eis télos: Gv 13,1) nei confronti degli uomini, anche dei suoi carnefici.
Per far comprendere questa verità ai cristiani e per non confinare la croce all’interno di una visione dolorista, la chiesa ha sentito il bisogno di celebrarla anche in un giorno diverso dal venerdì santo, al fine di raccontare la gloria che, grazie a essa, Gesù ha mostrato: la gloria dell’amore. …
 Sulla croce, certo, Gesù umanamente appare un reietto, un riprovato, un condannato sofferente e impotente, ma in verità egli mostra la gloria, il peso che Dio ha nella sua vita.
Quel Dio Padre che sembrava averlo abbandonato, in realtà, essendo obbedito nella sua volontà di amore da parte di Gesù, mostra nella vita del Figlio tutta la sua gloria.
L’orribile croce diventa così un segno luminoso; l’essere issato in alto, su un palo, racconta il regnare di Gesù, esaltato da Dio (cf. anche Gv 8,28; 12,32-33);
la corona di spine sul capo di Gesù rivela la sua qualità di Re che serve quell’umanità che lo rifiuta;
le sue ferite nelle mani, nei piedi e nel costato mostrano come Gesù ha accolto la violenza, senza vendetta né rivalsa, interrompendo così la catena dell’odio, dell’inimicizia, della violenza (cf. Is 53,5-6.12).
Per questo il quarto vangelo, il vangelo “altro”, che ha un’ottica diversa dai sinottici, legge la passione di Gesù come evento di gloria, legge la crocifissione come intronizzazione del Messia, legge le bestemmie dei presenti quali titoli che riconoscono la vera identità di Gesù: egli è “il re dei Giudei” (Gv 19,19), nome che viene scritto e proclamato in ebraico, greco e latino, le tre lingue dell’oikouméne, le quali affermano dunque “il suo vero Nome che è al di sopra di ogni nome” (cf. Fil 2,9).
Non solo nei vangeli sinottici (cf. Mc 8,31 e par.; 9,31 e par.; 10,33-34 e par.), ma anche nel quarto vangelo la croce è stata profetizzata da Gesù come “necessitas” in questo mondo ingiusto, in cui l’uomo giusto finisce per essere rifiutato, condannato e ucciso.
Aveva infatti detto a Nicodemo che, come nel deserto era stato innalzato da Mosè un segno di salvezza per Israele (cf. Nm 21,4-9), così sarebbe stato innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque guardasse a lui con fede e invocazione potesse trovare la vita.
E non aveva forse anche detto: “Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32)?
Ecco chi è colui che attira: un uomo che si manifesta non come un superuomo, nella potenza e nel trionfo mondani, ma un uomo sfigurato e colpito dagli ingiusti (cf. Is 53,2-3) semplicemente perché egli è il solo giusto capace di dare la sua vita per gli altri.
La croce gloriosa di Gesù è il segno di come Dio ci ha amati: suo Figlio è steso su un legno a braccia aperte, è un servo, è uno che ha offerto la vita e che vuole abbracciare tutti.  ( E. Bianchi )
 
“L’unica parola che il cristiano ha da consegnare al mondo è la parola della Croce. Dio è entrato nella tragedia dell’uomo, perché l’uomo non vada perduto, con il mezzo scandalosamente povero e debole della croce. Per sapere chi sia Dio devo inginocchiarmi ai piedi della croce” (Karl Rahner)
…L’essenza del cristianesimo sta nella contemplazione del volto del crocifisso
Il crocifisso ci rivela il volto di Dio.
 … Che cosa abbiamo davanti agli occhi contemplando il crocifisso?
Abbiamo un miracolo nuovo.
Cristo ha fatto tanti miracoli sul mare, sui cechi, sui lebbrosi.
Ma il miracolo nuovo è che questo Dio non fa un miracolo per sé, rimane in agonia, con le braccia aperte al padre e al mondo. ( Carlo Maria Martini, Non teniamo la storia, )
 «Noi non siamo cristiani perché amiamo Dio. Siamo cristiani perché crediamo che Dio ci ama» (P. Xardel)

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