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IV Domenica di Quaresima – Dio ha amato e ci ama prima che noi appariamo amabili ai suoi occhi.

Gesù e Nicodemo mNel dialogo con il fariseo Nicodemo, capo dei Giudei, Gesù si rifà ad un episodio conosciuto della storia di Israele contenuto nel Libro dei Numeri.
 “«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo »”
 Gesù parte da un segno veterotestamentario per indicare la salvezza.
Come il popolo non poteva liberarsi dai serpenti se non contemplando quel segno, così anche per noi c‘è un solo segno di salvezza, che è necessario guardare: il Cristo, innalzato e annientato…  
Se cerchiamo la motivazione di questo amore divino verso l‘uomo, non c‘è se non quella che Dio ha amato e ci ama prima che noi appariamo amabili ai suoi occhi.
Così il rapporto di Dio con il mondo in Cristo non è quello di condanna ma di salvezza basata sulla fede in Lui. Infatti il mondo non ha bisogno di condanna perché già è condannato. Il peccato, che lo domina e lo penetra è la sua stessa condanna.
Gesù quindi non viene per sancire una condanna in atto ma per offrire a tutti la possibilità della salvezza: essere in Lui graziati, apparire quindi «graziosi» agli occhi del Padre. …. Ciascuno di noi quindi può uscire dalla condanna; se invece rifiuta questo rapporto con il Figlio rimane nella sua condizione precedente (cfr. Gv 3,36; 9,41; 12,46). ( G.F.)
 Anche  noi non siamo chiamati a giudicare il mondo né a cercare di elencare le ragioni della sua lontananza da Dio. Dobbiamo avere fiducia che Dio ama tanto il mondo al punto che continuerà a cercarlo fino all’estremo limite delle sua possibilità, un limite che a noi non è noto, ma che possiamo pensare sia simile all’amore del Padre per il suo Figlio Gesù. ( Card.  Martini )
 Non sono le nostre “opere buone” la nostra salvezza, ma la fede nel Figlio di Dio.
Il ver.17 “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui” … è il cuore dell’annuncio cristiano, che purtroppo molto spesso viene tralasciato provocando un vero stravolgimento del mistero e della persona di Gesù.
Si tratta ora di vedere che cosa significhi e che cosa implichi il “credere” in Gesù. ( G. Nicolini )
 Secondo una suggestiva medievale “credere” significa “COR DARE”, dare il cuore, rimetterlo incondizionatamente nelle mani di un Altro… ( B.Forte ) e ancora “Credere significa stare sull’orlo dell’abisso oscuro, e udire una Voce che grida: Gettati, ti prenderò tra le mie braccia” ( S. Kierkegaard)
 Ricordiamoci innanzi tutto che la fede è dono di Dio.
Diciamo allora che la fede è primariamente la nostra accoglienza del dono di Dio, che è il suo Figlio unigenito. Chi lo accoglie, “non è condannato”, ma, secondo quello che abbiamo ascoltato dal ver.16, ha “la vita eterna”.
La vita eterna non è tanto e solo la vita “che non finisce mai”. Essa è “la vita di Dio in noi”!
Non è dunque la vita “dopo la morte”, ma è già, fin d’ora , il vivere in Lui, con Lui e per Lui.
Per questo, la condanna non è da pensare alla fine della vita terrena, ma è già ora, perché il non credere ci lascia nella nostra condizione perduta. Il non credere è la non accoglienza del dono della salvezza, che è Gesù. Il non credere è la colpa, ma è anche la condanna! Invece “chi crede in Lui non è condannato”(ver.18).
     Il ver.19 “E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie.” spiega in che senso e perché si compie il giudizio divino.
 Tale giudizio non è dovuto alla nostra vicenda di peccatori, che è assolutamente condizione di tutti, ma è dovuto al non accogliere la salvezza di Gesù: “la luce – cioè Gesù –  è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie”.
Dunque, a condannarci non sono queste “opere malvagie”, (che sono di tutti e in tutti), ma il non accogliere Gesù a motivo di queste opere malvagie.  Invece proprio per salvarci da esse Lui è venuto!  ( G. Nicolini )
 E’ l’uomo che si giudica rifiutando l’amore che Dio gli offre; colui che agisce contro la vita rimane nella morte.
E infatti Gesù continua, “«E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo»”, la luce è immagine della vita, “«ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce perché le loro opere erano malvagie»”.  ( A. Maggi )
 Al di là di tali inclassificabili estremizzazioni, dobbiamo riconoscere che anche in certi nostri ambienti la luce non sempre è di casa o, quando lo è, viene usata per illuminare le negatività altrui e metterne in evidenza i peccati. Una prima conversione potrebbe essere quella di uscire dalla tentazione di pensare che il male abiti soltanto in certe zone o in certe persone. Come descrive il secondo libro delle Cronache, che la liturgia ci offre come prima lettura, il peccato – sia individuale sia sociale – ha invaso ogni aspetto della vita del popolo, dal tempio all’esperienza quotidiana.
Si presenta nelle mille forme di divisione e di sopraffazione, nella presunzione che impedisce al fratello di potersi esprimere, come nei luoghi in cui non si testimonia accoglienza, rispetto e amore. Su questo sfondo afferriamo la grandezza dell’annuncio che attraversa la liturgia della Parola: le infedeltà dell’uomo e il suo atteggiamento di ribellione e di rifiuto portano con sé conseguenze molto tristi per il popolo, ma non fanno venire meno la pazienza e l’amore di Dio. Come testimonia Gesù, «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito» (Gv 3,16): è quest’annuncio il nucleo centrale, il fulcro della fede e della stessa storia umana, avvolta dalla misericordia divina, che proprio nel Figlio è a noi rivelata.  Un passo dopo l’altro, la Quaresima ci educa a guardare alla Croce, sapendo che Gesù l’ha trasformata da ingiusta sconfitta a via per il ritorno al Padre, cammino verso la luce del giorno. Accoglierlo – «Chiunque crede in lui abbia la vita eterna» (Gv 3,15) – porta a compiere sui volti dei tanti umiliati dalla paura e dalla violenza gesti concreti di prossimità, che ne raccontano la misericordia e infondono speranza che rialza e fa vivere davvero. (Monsignor Nunzio Galantino)

È buio dentro di me, ma in te c’è luce.

Sono solo, ma tu non mi abbandoni.

Sono impaurito, ma presso di te c’è aiuto.

Sono inquieto, ma presso di te c’è la pace.

Io non comprendo le tue vie, ma tu conosci la mia.

[Dietrich Bonhoeffer]

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