XXXII Domenica del T. O. – Quando la Chiesa, un pò " vedova" in attesa dello Sposo, è umile e povera è allora che è fedele.
Nel brano di Vangelo di questa XXXII Domenica del T.O. Gesù pone in rapporto tre categorie di persone: i capi del popolo (scribi), i farisei, l’unica vedova povera.
Gli scribi erano gli esperti delle sante Scritture, uomini che fin dall’infanzia si dedicavano alla lettura e allo studio della tradizione di Israele; giunti poi all’età matura, diventavano persone autorevoli, rabbini, “maestri”, dotati di poteri giuridici nelle diverse istituzioni giudaiche.
I farisei – l’abbiamo sottolineato altre volte – erano invece un “movimento ecclesiale”, un gruppo che con zelo cercava di vivere la Legge di Mosè e la precettistica elaborata dai padri rabbinici. Erano semplici fedeli, appartenenti al popolo, e rappresentavano una componente forte, molto presente e anche missionaria all’interno di Israele.
Certamente gli scribi e anche alcuni farisei furono avversari di Gesù, ma la polemica di Gesù, riattualizzata dagli evangelisti in un contesto di aspro confronto e di persecuzione dei cristiani, ritenuti dai farisei una setta eterodossa, riguardava soprattutto la loro postura di “persone religiose”. …
Sì, c’è stato un conflitto aspro, ma Gesù oggi potrebbe rivolgere gli stessi duri avvertimenti a tanti ecclesiastici… Basta leggere con attenzione le parole rivolte da Gesù alla folla, che si potrebbero così parafrasare e attualizzare: “Diffidate degli scribi, degli esperti di Bibbia e di teologia! Quando escono, appaiono con vesti lunghe, filettate, addirittura colorate, indossano abiti sgargianti, si ornano di catene, di croci gemmate e preziose, cercano i volti di chi passa per essere salutati e riveriti, senza discernere le persone nel loro bisogno e nella loro sofferenza: volti che non sono guardati, ma chiamati a guardare! Nelle assemblee liturgiche hanno posti eminenti, cattedre e troni simili a quelli dei faraoni e dei re, e sono sempre invitati ai banchetti di potenti”. Davvero queste invettive di Gesù sono più che mai attuali: sono parole che dovrebbero farci arrossire e spingerci a interrogarci nel cuore su dove siamo finiti…
……Non possiamo qui non rendere testimonianza a papa Francesco per i suoi richiami e i suoi sforzi in vista di una chiesa povera, nella quale “i primi”, quelli che governano o presiedano, non ricadano nei vizi degli uomini religiosi, che chiedono agli altri di dare gloria a Dio dando gloria proprio a loro, che si pensano suoi rappresentanti…
La vedova – Questa povera donna avanza tra molti altri, nella sua umiltà, e sembra che nessuno possa notarla. Gesù invece la nota e la addita tra tutti come “la vera offerente”, la vera persona capace di fare un dono, di dare gloria al Signore. ( E. Bianchi )
«Il Signore sembra avere lo sguardo solo su chi si priva di tutto e pone in questa privazione l’adorazione totale. Dio è unico, unicità che si consuma in sé e sembra divorare ed esigere il nostro rapporto totale con Lui: solo questo sembra essere salvezza, rifugio contro i castighi, sospensione della punizione delle maledizioni. Perlomeno cercare di domandare al Signore la purificazione totale del nostro culto, la verità assoluta del nostro essere in Lui, il desiderio progressivo e totale di arrivare all’adorazione pura esclusiva, unica del Dio vivo» (d. G. Dossetti, appunti di omelia, 1988).
[L’episodio della vedova] è il vangelo dei poveri, degli indigenti, ma colmo delle esigenze dell’amore delicato.
Si sente calare su questa scena lo sguardo intenerito di Gesù.
Egli aveva osservato con occhio indifferente i farisei che, con una certa ostentazione, mettevano le loro grosse offerte nel tesoro. Ma si accorge e sofferma con compiacenza il suo sguardo sull’offerta di questa povera vedova. Ella si priva del necessario per arricchire con un magro obolo il tesoro del Tempio.
Ha dato la sua offerta con cuore semplice, quasi di nascosto.
Deve essersi introdotta senza attirare l’attenzione, senza nemmeno accorgersi di essere osservata, ritirandosi poi senza rumore, quasi vergognosa della sua ben piccola offerta: due spiccioli, si, ma che rappresentavano tutti i suoi averi. Gesù l’aveva vista, era stato testimone e sapeva.
Lontano dal biasimare questa”imprudenza”, loda il suo gesto perchè esprime una predisposizione di cuore che lo fa gioire.
Quella donna splendida incurante di se stessa, non ha posto limiti alla propria offerta, non ha accantonato nulla per se, non ha tenuto nulla, si è messa nelle mani della divina provvidenza.
A tutti i calcoli umani ha preferito la semplicità piena di fiducia.
Questo atteggiamento di rinuncia, di generosità totale, e anche ciò che Gesù si aspetta da me, incessantemente.
(La parola ruminata. Nel rivelarsi illumina, consola, inquieta a cura di Raymond Girard)
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Questa donna è per Gesù un’immagine dell’amore che sa rinunciare anche a ciò che è necessario: ecco una donna anonima, ma una vera discepola di Gesù.
In questa pagina del vangelo il contrasto diventa ancora più forte: scribi che divorano le case delle vedove perché donne (non divorano le case dei vedovi!), perché povere, non difese da nessuno; e, al contrario, una di queste che dà in sacrificio al Signore ciò di cui lei ha bisogno per vivere, spogliandosi oltre misura.
Oggi quando parliamo di “chiesa dei poveri” dovremmo fare memoriale di questa donna, discepola di Gesù nella chiesa dei poveri da lei inaugurata, e dovremmo interrogarci su cosa diamo a quelli meno muniti di noi, ai più poveri. Noi che facilmente buttiamo via il cibo, qualche volta diamo ai poveri qualcosa che ci costringe a sentire un bisogno, a fare a meno di ciò che ci piacerebbe possedere o consumare?
Si fa troppo presto a dire “chiesa povera” o “di poveri”: ne facciamo parte o ne siamo esclusi? (E. Bianchi)
Mi piace vedere qui, in questa donna una immagine della Chiesa … una Chiesa povera, perché la Chiesa non deve avere altre ricchezze che il suo Sposo … una Chiesa umile, come lo erano le vedove di quel tempo, perché in quel tempo non c’era la pensione, non c’erano gli aiuti sociali, niente..[ In un certo senso la Chiesa] è un po’ vedova, perché aspetta il suo Sposo che tornerà [ Certo] ha il suo Sposo nell’Eucaristia, nella parola di Dio, nei poveri: ma aspetta che torni.
[ Questa donna ]non era importante: il nome di questa vedova non appariva nei giornali, nessuno la conosceva, non aveva lauree… niente. Niente. Non brillava di luce propria. E la grande virtù della Chiesa dev’essere appunto quella di non brillare di luce propria ma di riflettere la luce che viene dal suo Sposo. Nei secoli, quando la Chiesa ha voluto avere luce propria, ha sbagliato. Lo dicevano anche i primi Padri, la Chiesa è un mistero come quello della luna. La chiamavano mysterium lunae: la luna non ha luce propria; sempre la riceve dal sole.
….La Chiesa riceve la luce dal Signore e tutti i servizi che noi facciamo in essa servono a ricevere quella luce. Quando un servizio manca di questa luce non va bene, perché fa che la Chiesa diventi o ricca, o potente, o che cerchi il potere, o che sbagli strada, come è accaduto tante volte, nella storia, e come accade nelle nostre vite quando noi vogliamo avere un’altra luce, che non è proprio quella del Signore: una luce propria.
…Quando la Chiesa è umile e povera e anche quando confessa le sue miserie — poi tutti ne abbiamo — la Chiesa è fedele Preghiamo questa vedova che è in cielo, sicuro affinché i insegni a essere Chiesa così, rinunciando a tutto quello che abbiamo e non tenendo niente per noi ma tutto per il Signore e per il prossimo. Sempre umili e senza vantarci di avere luce propria, ma cercando sempre la luce che viene dal Signore. ( Papa Francesco – Omelia Santa Marta Nov 2014 )
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