IV Domenica del T. O. – “Gesù passa in mezzo e va”, ma noi non ce ne accorgiamo… Passa in mezzo alla sua chiesa ma va oltre la chiesa; come Elia, come Eliseo, va tra i pagani che Dio ama.
La prima lettura della liturgia della parola, tratta dal profeta Geremia, ci racconta una dimensione misteriosa della vocazione personale che il profeta riceve. Un chiamata che lo raggiunge sin dal grembo materno, ancora prima di nascere. (Provincia Toscana FMC )
La chiamata è una realtà che viene dall’Eterno. “ Prima di formarti nel grembo materno io ti ho conosciuto “, …. prima ancora che tu cominciassi a prendere forma da embrione a creatura io già ti vedevo, io già conoscevo la tua storia .
Dio vede già dal remoto della sua eternità, vede questo punto preciso della storia in cui si sta configurando questa creatura che poi porterà il nome di Geremia .
Tutto questo è presente anche nel salmo 139 che canta così “mi hai tessuto nel grembo di mia madre… ancora quando ero embrione i tuoi occhi mi hanno visto … erano già scritti nel tuo libro i giorni che furono già fissati quando ancora non ne esisteva neppure uno “
Questa simbologia è tipica di altre religioni, come all’interno della religione antica egizia nella quale, quando si raffigurava la moglie del faraone che stava per concepire l’erede – che si considerava figlio di dio – , si rappresentava il ventre della donna con un tornio all’interno, e il tornio era il simbolo del dio Knun che era il Dio creatore; … Egli plasmava, come dice il salmista, nell’interno del grembo di quella donna già la creatura.
Testimonianza analoga è quella del servo del Signore.
Questa figura messianica, forse almeno per il cristianesimo, è cantata da Isaia al capitolo 49 “ Il Signore dal seno materno mi ha chiamato e mi ha plasmato dall’utero di mia madre ” ; e ancora per il Battista a Zaccaria si dice che suo figlio sarà colmato di Spirito Santo fin dal seno di sua madre. Giovanni Battista avrà, quando è ancora nel grembo di sua madre, quasi il sigillo dello Spirito di Dio che lo fa profeta.
Paolo stesso, nel celebrare il primato di Dio nella vocazione, dirà – scrivendo ai cristiani della Galazia – Dio mi scelse fin dal seno di mia Madre e mi chiamò per sua grazia ( Ravasi )
L’azione misteriosa di Dio nella chiamata del profeta, ma questo vale per ogni essere umano che viene alla luce, lo coinvolge sin dai primi istanti di vita; addirittura Dio si prende cura dell’uomo facendo attenzione ad ogni minimo particolare; una chiamata, quella della vocazione, in qualunque modo si espliciti, che prima ancora di ridursi a delle cose da fare, è una chiamata a essere ciò per cui Dio ci ha creato: una risposta all’amore di Dio.
Prima ancora che di essere una modalità attraverso la quale si risponde a Dio che chiama, come lo sono per esempio il matrimonio, il sacerdozio o la consacrazione religiosa, o quanto la fantasia di Dio può inventare, la vocazione è un rapporto, una relazione intima, profonda con Dio che avviene solamente in una comunione d’amore. (Provincia Toscana FMC )
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( La seconda lettura proposta dall’odierna liturgia della parola è un invito a scoprire la via più alta di realizzazione umana: quella nell’amore. )
“Non crediate di poter amare dell’amore di cui parla Giovanni, dell’amore di cui parla il Vangelo; quello è l’amore di Dio e Dio è Amore….. E voi potete amare soltanto nella misura in cui Dio vive in voi; in tale misura voi sarete l’amore, cioè amerete tutto, amerete tutti e non vivrete che questo amore, questa volontà di donarvi, senza limite, senza stanchezze, senza delusioni, senza che possiate mai porre una fine al vostro amore, perché quanto più amate tanto più sentirete il bisogno di amare, di donare amore, e sarà sempre poco quello che date, dal momento che l’amore vi spinge, non a donare soltanto tutte voi stesse fino alla morte, ma a donare Dio medesimo. Anche la morte sembra non porre un limite al dono che l’uomo deve fare di sé. ( Divo Barsotti )
La nuova maniera di vivere la vocazione cristiana è il primato dell’amore che intreccia nel mondo quella comunione tra le creature.
Il vero obiettivo dell’annuncio di Gesù Cristo non è di fare una chiesa, ma di fare una umanità, di cui la Chiesa è segno e strumento.
Se c’è un motivo di serenità nel guardare la realtà storica di quest’ultimo scorcio è che la razionalità della forza e del fanatismo appaiono sempre di più infondate e quindi si squalificano da sé.
Nei rapporti tra i popoli l’esigenza di abbattere le pareti, i muri, di disarmare, di moltiplicare gli scambi culturali è una esigenza nel segno dell’amore.
Sul piano personale il nuovo rapporto uomo/donna, il bisogno di rispettare la natura perché essa non sia contaminata e resa violenta dalla nostra violenza rientrano nelle esigenze dell’amore.
La parola «cristiani» può essere pronunciata in due modi: uno di differenziazione – quando dico cristiani penso a quelli che non lo sono e mi distinguo da loro – un altro invece in cui la parola indica un’apertura a tutti gli uomini.
Questo era il sentimento del Signore. Attorno a lui si sono sempre alzate siepi di fanatici, durante la sua vita, e dopo che Egli è scomparso il fanatismo istituzionale lo ha come seppellito in un recondito spazio dove soltanto la forza delle coscienze ha potuto raggiungerlo.
È un miracolo storico che egli non sia rimasto chiuso nella tomba dei fanatismi dei nazareni. (Ernesto Balducci – da “Gli ultimi tempi” volume 3 – anno C (1988/89)
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Il brano evangelico odierno è il seguito di quello di domenica scorsa (cf. Lc 4,14-21).
Siamo sempre nella sinagoga di Nazaret… Gesù ha ascoltato la lettura della Torah e, invitato a leggere la seconda lettura tratta dal profeta Isaia (cf. Is 61,1-2), ha fatto un commento, un’omelia sintetizzata da Luca nelle parole: “Oggi si è realizzata questa Scrittura (ascoltata) nei vostri orecchi”.
Ed ecco la reazione dell’uditorio: “Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca”. … ( E Bianchi )
Il verbo “testimoniare” in greco è martireo, da cui il termine “martire” che conosciamo tutti.
Dal contesto dipende se è una testimonianza a favore o contro. Qui è chiaramente una testimonianza contro, perché Gesù non ha parlato della vendetta contro i dominatori, ma soltanto di grazia
Dicevano : “Costui è il figlio di Giuseppe, il carpentiere che ben conosciamo … Non stanno mettendo in dubbio la paternità di Giuseppe, perché, come ha scritto l’evangelista, era figlio, come si credeva, di Giuseppe; ma “figlio”, nella cultura del tempo, non indicava soltanto colui che è nato dal padre, ma colui che gli assomiglia nel comportamento. Quindi evidentemente Gesù non assomiglia al padre nel comportamento. ( A Maggi )
Gesù, conoscendo i pensieri del loro cuore (cf. Gv 2,24-25) non evita il conflitto ma anzi lo fa esplodere. “Certamente” – dice – “alla fine dei vostri ragionamenti vi verrà in mente un proverbio: ‘Medico, cura te stesso’. ( E Bianchi )
Sarà poi quello che gli diranno sulla croce, “Ha salvato gli altri, salvi se stesso”. ( A Maggi )
Ovvero, se vuoi avere autorità e non solo pronunciare parole, fa’ anche qui a Nazaret, tra quelli che conoscono la tua famiglia, ciò che hai fatto a Cafarnao!”.
È una tentazione che Gesù sentirà più volte rivolta a sé: qui tra i suoi, più tardi a Gerusalemme (cf. Lc 11,16) e infine addirittura sulla croce (cf. Lc 23,35-39).
È la domanda di segni, di azioni straordinarie, di miracoli: ma tutta la Scrittura ammonisce che proprio questo atteggiamento è il primo atteggiamento degli uomini religiosi che rifiutano Dio.
Sempre “gli uomini religiosi chiedono segni” (cf. 1Cor 1,22)… I
n verità a Cafarnao Gesù aveva compiuto azioni di liberazione da malattia e peccato, ma queste erano, appunto, soltanto “segni” per manifestare la sua volontà: la liberazione da tutti i mali, la liberazione per tutti, come Gesù ha appena letto nel profeta Isaia.
Di fronte a questo repentino cambiamento di umore dell’uditorio nei suoi confronti, Gesù pronuncia alcune parole cariche di mitezza e, insieme, di rincrescimento, parole suggerite dalla sua assiduità alle Scritture, soprattutto ai profeti. … Con un solenne “amen” emette una sentenza breve ma efficace, acuta come una freccia: “Nessun profeta è bene accetto nella sua patria, nella sua terra”. ( E Bianchi )
Il Profeta è quell’individuo che, in sintonia con Dio, non ripete le cose del passato, ma crea le nuove. Ecco allora che sarà sempre vittima dell’avversione e dell’opposizione della classe sacerdotale al potere. E poi Gesù fa quello che non doveva fare.
C’erano due episodi della storia di Israele che si preferiva tenere nel dimenticatoio – quello della vedova di Sarepta e quello del lebbroso Naamàn – episodi nei quali, di fronte a delle emergenze, Dio ha soccorso non gli ebrei, quelli che avevano dei diritti, dei privilegi, ma i disprezzati, i pagani. ( A Maggi )
(…) Queste parole di Gesù non potevano che aumentare il rigetto nei suoi confronti e scatenare ulteriormente la collera contro di lui: “si alzarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù”.
È la violenza che non sopporta chi svela la sua fonte nel cuore umano…
Ma Gesù “passando in mezzo a loro, camminava”, in direzione di Cafarnao.
“Gesù passa in mezzo e va”, ma noi non ce ne accorgiamo… Passa in mezzo alla sua chiesa ma va oltre la chiesa; come Elia, come Eliseo, va tra i pagani che Dio ama.
A Luca è cara questa immagine: Gesù passa e va. E a chi glielo vorrebbe impedire manda a dire: “Andate a dire a quella volpe – Gesù non nomina mai il nome di costui! –: “Ecco, io scaccio demoni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno terminerò. Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente me ne vada per la mia strada” (Lc 13,32-33). Fino a che giunga l’ora degli avversari, “il potere delle tenebre” (Lc 22,53). Ma Gesù è pronto. (E. Bianchi )
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