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VI Domenica di Pasqua – Dio è intimo all’uomo e … nel profondo dell’uomo, si manifesta ogni qualvolta l’uomo è più umano.

Gesù e i discepoliAnche oggi, VI domenica di Pasqua, la Liturgia della Parola ci presenta la Chiesa delle origini e i primi passi che essa muove come “comunità del Signore Risorto”.
Nella prima lettura, la comunità cristiana di Antiochia è alle prese con un momento di ordinaria difficoltà: alcuni pensano di poter parlare a nome degli apostoli ma, di fatto, stanno parlando a nome proprio, cercando di imporre alla comunità vecchie pratiche religiose e comportamenti ingiustificati.
Dal racconto emergono così alcuni passaggi problematici sperimentati dalla prima Chiesa, ma talvolta presenti anche nelle nostre comunità:

  • la fatica di lasciarsi guidare dallo Spirito per vivere la piena libertà che Cristo Gesù ci ha portato;
  • la tentazione di sostituire Cristo e le sue esigenze con ritualità a lui “estranee” ed eccessive, incapaci di trasmettere vita e gioia;
  • l’impegno non sempre sufficiente perché tutti nella Chiesa si sentano a loro agio; la chiara coscienza che, nella Chiesa, “missione” non equivale ad “annessione”, ma è solo e semplicemente accoglienza.

Tuttavia, le difficoltà e le incomprensioni sorte nella Chiesa delle origini le permettono di chiarire e di confermare con maggiore consapevolezza la “novità” portata da Cristo, quella novità che lo Spirito di Pentecoste sta aiutando gradualmente ad assimilare.
Della prima comunità cristiana parla anche il Vangelo ( N . Galantino ).
[Siamo al cenacolo, durante “ l’Ultima Cena” ] … alla domanda di  Giuda, non l’Iscariota: “Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo? (Gv  14,22)  Gesù risponde: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e faremo dimora presso di lui” ; …  qui l’amore viene definito necessario per la relazione con Gesù.
Se manca l’amore, non ci sarà riconoscimento di questa presenza quando Gesù sarà “assente” … una volta salito presso il Padre (cf. Gv 20,17),
….  Questa è un’esperienza dell’assente che possono conoscere solo gli amanti, e Gesù la promette indicandola però nello spazio della fedeltà alla sua parola, della realizzazione dei suoi comandi. …. Questa parola ormai consegnata ai credenti, parola che resta, è capace di far sentire la presenza di Gesù quando sarà letta, meditata, ascoltata e realizzata dal cristiano; sarà un segno, un sacramento efficace, che genera la Presenza del Signore.
Gesù non è più tra di noi con la sua presenza fisica, …a la sua parola, conservata nella chiesa, lo rende vivente nell’assemblea che lo ascolta, Presenza divina che fa di ogni ascoltatore la dimora di Dio.
Quella “Parola (Lógos)” che “si è fatta carne (sárx)” (Gv  1,14) in Gesù di Nazaret si è fatta voce (phoné) e quindi lógos, parola degli umani, e in ogni credente si fa Presenza di Dio (Shekinà), si fa carne (sárx) umana del credente, continuando a dimorare nel mondo (cf. Gv 17,18).
Ma di tutta questa dinamica di presenza è assolutamente artefice lo Spirito di Dio che è anche lo Spirito di Cristo.
È l’altro Inviato dal Padre, è l’altro Maestro inviato dal Padre, è l’altro Consolatore inviato dal Padre.
Gesù sale al Padre e lo Spirito santo, che era suo compagno inseparabile, da Cristo scende su tutti i credenti come un Paraclito, chiamato accanto quale difensore e consolatore; sarà proprio lui a insegnare ogni cosa, facendo ricordare tutte le parole di Gesù e, nel contempo, rinnovandole nell’oggi della chiesa.
C’è una sola differenza tra Gesù e il Consolatore: Gesù parlava di fronte ai discepoli che lo ascoltavano, mentre il Consolatore, che con il Figlio e il Padre viene ad abitare nel credente, parla come un “maestro interiore”, con più forza, potremmo dire… Non siamo orfani, non siamo stati lasciati soli da Gesù, e quel Dio che dovevamo scoprire fuori di noi, davanti a noi, ora dobbiamo scoprirlo in noi come presenza che ha messo in noi la sua tenda, la sua dimora. ( E. Bianchi )
Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.”
Quindi non c’è più un tempio dove risiede il Signore, ma ogni creatura è il tempio dove Dio si manifesta.
Questa affermazione di Gesù ha una grandissima importanza.
Per la vita Dio non è qualcosa di esterno, Dio non è un’entità lontana, ma Dio è intimo all’uomo e questo Dio che è intimo all’uomo, nel profondo dell’uomo, si manifesta ogni qualvolta l’uomo è più umano.
Tanto più l’uomo è umano tanto più manifesta il divino che è in lui.  ( A Maggi )
Io considero evento positivo il fatto che non si costruiscano più chiese (quando è possibile): se esiste una comunità civica che ha spazi comuni per la propria esistenza civica, i cristiani non chiedano uno spazio loro: stiano nello spazio di tutti.
Questo per me è un evento fausto, dove è possibile. Ma non per questo sono un demolitore di chiese, né per questo irrido coloro che le costruiscono.
Se c’è un bisogno di esprimere la fede attraverso moduli sacri, si faccia pure: però non mi si neghi la prospettiva del superamento verso cui vado.
Rispetto la fede ingenua, popolare, mista di «superstizioni» perché dentro quell’amalgama io scopro il tralucere della stessa fede che credo di avere.    Però miro oltre. ( E. Balducci – da: “Il Vangelo della pace” vol. 3 – anno C  )
La dimora di Dio in noi è permanente …il mondo non lo può vedere perché è nella disobbedienza. Non può avere nessuna esperienza neppure iniziale dello Spirito; quindi, per questo noi non possiamo avere nessuna partecipazione con il cosmo, con le sue idee.
Il punto decisivo dell’esperienza spirituale è quello di arrivare a percepire la presenza dello Spirito Santo in noi, quando ci accorgiamo che ci muoviamo non in noi ma nello Spirito.   Il cammino è graduale: s’inizia con piccoli atti di obbedienza e così via.
Il cosmo non può più vedere il Cristo, oltre la sua morte , perché solo quelli che hanno almeno un germe dello Spirito possono riconoscere Gesù risorto.
…  Quando non c’è l’esercizio dell’obbedienza liberante, è difficile che la fede progredisca e non sia fortemente vacillante. Invece attraverso l’obbedienza di fede arriviamo a conoscere che Gesù è nel Padre e noi in Lui .
Nell’esercizio progressivo di quest’obbedienza cresce l’amore così che sentiamo che Gesù è, che vive ed è in noi e c’immette nella comunione prima con Lui e [poi] col Padre.
Per effetto del battesimo e di tutte le grazie successive è molto più forte di quanto non avvertiamo, e continua, a meno che noi non la rifiutiamo con un atto di disobbedienza grave.
Persino l’interruzione rappresentata dalla morte di Cristo non interrompe il rapporto, dato che in quel momento ci viene trasfuso lo Spirito, che realizza in noi una continuità, anche a livello di coscienza, in quanto non solo c’insegna ma ci ricorda, tendendo a ricongiungere le rotture della nostra coscienza. Per cui chi vive nello Spirito Santo finisce col non dimenticare mai il Signore.» (D.G. Dossetti, appunti di omelia, Gerico, 22.11.75).
Non siamo soli! E il segno della presenza dello Spirito Santo è anche la pace che Gesù dona ai suoi discepoli: «Vi do la mia pace» (v. 27). Essa è diversa da quella che gli uomini si augurano o tentano di realizzare. La pace di Gesù sgorga dalla vittoria sul peccato, sull’egoismo che ci impedisce di amarci come fratelli. E’ dono di Dio e segno della sua presenza. Ogni discepolo, chiamato oggi a seguire Gesù portando la croce, riceve in sé la pace del Crocifisso Risorto nella certezza della sua vittoria e nell’attesa della sua venuta definitiva. ( Papa Francesco )
Il vero modo di distruggere la violenza rimane quello che il Signore ci ha indicato: se ti offendono, sii buono con chi ti offende.
Sembra stolto, ed al livello della razionalità tradizionale è stolto. Ma come ci ha insegnato anche quel grande testimone del Regno di Dio che è Gandhi, se io rispondo con mitezza a chi mi schiaffeggia, io lo disarmo, rendo umano il mio avversario, lo riporto a vergognarsi di sé, a cambiare nel profondo. In quel momento trionfa il Regno di Dio e si anticipa la pace che noi guardiamo nella prospettiva escatologica.   ( Ernesto Balducci – da: “Il Vangelo della pace” vol. 3 – anno C )
 
 
 
 
 

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