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X DOMENICA del T.O. – Noi crediamo, nonostante tutto, che quel Dio che dà la vita al fiore, all'uccello dell'aria, alle stelle, all'universo fisico in tutta la sua espansione, ha la possibilità di dare la vita vincendo la morte.

Talitakum…È molto audace introdurre in questa epopea di morte, dove la morte ha sempre la meglio, la parola della resurrezione.
E’ il momento sconcertante dell’ annuncio cristiano che non è un annuncio religioso perché le religioni spesso assecondano, con pietà più o meno alta, l’istinto della consolazione.
Le religioni mirano a consolare l’uomo dal morire.
L’annuncio cristiano invece non segue questa strada, se lo liberiamo dalle sue decadenze religiose, funebri che sono enormi. L’istinto di morte è così forte nell’uomo che riesce a manipolare ed a omogeneizzare a sé anche gli annunci opposti per cui, come i più anziani sanno, le chiese erano luoghi funebri, le messe erano messe da morto e i drappi neri dominavano ovunque.
Questo istinto di morte ha la meglio su tutti perché è il più potente degli istinti che abbiamo in noi.
La parola della resurrezione è una parola che ci prende di petto perché è incredibile, non risponde alla nostra esperienza.
Non abbiamo visto nessun figlio di madre vedova alzarsi dal feretro. Non abbiamo sotto gli occhi nessuna prova che questo è vero.
Questa parola fa appello alla nostra fede e al suo fondamento: è la potenza di Dio che vince ogni limite.
Noi crediamo, nonostante tutto, – è la nostra scommessa – che quel Dio che dà la vita al fiore, all’uccello dell’aria, alle stelle, all’universo fisico in tutta la sua espansione, ha la possibilità di dare la vita vincendo la morte.
La nostra speranza si basa su questo e Gesù Cristo è il nostro fratello in cui si è compiuto il mistero del morire e del vivere.
La resurrezione è il messaggio di Gesù Cristo. Però questo messaggio dobbiamo coglierlo nella sua pienezza.
Quando Egli dava la vista al cieco era la resurrezione, quando dava il pane agli affamati era la resurrezione, quando diceva: ‘beati voi afflitti perché sarete consolati’ dava la resurrezione, quando diceva: ‘guai a voi, o ricchi’ dava la resurrezione, quando diceva: ‘guai a voi o Farisei’ spezzava i sepolcri, quando di fronte a Pilato diceva: ‘Tu non hai nessun potere se non ti fosse dato spezzava le catene dell’impero romano. Egli spezzava i sepolcri.
 È questa esistenza per la liberazione, in tutto l’arco simmetrico alle schiavitù che sperimentiamo, il mistero di Gesù Cristo.
Ecco perché Egli è credibile. Egli prima di sperimentare, per dono del Padre, la liberazione dal sepolcro, ha spezzato tutti i sepolcri per amore, fino a dare la sua vita perché tutti gli uomini fossero liberi da morte.
Ricompongo così in unità un messaggio che altrimenti rischiamo di meditare nella sua settorialità, nella sua coincidenza con il nostro impulso biologico a rifiutare la morte, che è un impulso santo, non va sconsacrato.
Dobbiamo essere dalla parte di coloro che non rendono normale il morire.
Tutte le filosofie, le scienze che vogliono portarci ad accettare come normale il morire sono strumenti di persuasione occulta che portano in sé anche, forse, una spinta a rassegnarci a tutti i sepolcri.
Solo chi rifiuta la morte in tutte le sue espressioni conserva in sé le riserve di rivoluzione necessaria per non accettare nessun sepolcro, né sacro né profano. Questo amore per la vita è il valore sommo che dobbiamo avere.
 Certamente deve essere un amore che va mediato attraverso tutte le dimensioni dell’amore e non chiuso in una specie di impulso biologico al vivere ad ogni costo.
Chi dice: sono pronto a morire per vivere – come questi giovani cinesi – ha detto una parola misteriosa perché contraddittoria.
Ci sono giovani pronti a morire per amore della vita e questo al di là di ogni motivazione esplicita: ecco il segno che in noi c’è molto mistero che fa riscontro al mistero di Dio di cui parliamo e al mistero di Gesù Cristo che è vissuto come coloro che per spezzare le catene dello morte hanno saputo dare la vita.
Questo è il messaggio che ci viene dato.
Dopo avere attraversato queste riflessioni che ci contestano, che ci coinvolgono, possiamo guardare con occhi insospettabili la scena di Gesù che prende per la mano l’adolescente morto e lo fa alzare.
E’ un emblema stupendo di questa vittoria della vita sulla morte che si è manifestata in Gesù Cristo. ( Ernesto Balducci- da: Omelie inedite 1989 )
 [Gesù ] se si fosse limitato ad accodarsi al corteo funebre, avrebbe solo aggiunto lacrime a lacrime. Anche Elia, se si fosse limitato a porgere le sue “sentite condoglianze” alla vedova, non avrebbe fatto arretrare di un millimetro il dolore sordo di quella donna. Ma Gesù ed Elia non agiscono così! Perché il profeta non agisce così! La sua consuetudine con Dio – del quale ascolta la Parola e al quale si rivolge costantemente nella preghiera – lo spinge verso orizzonti di vita, anche dove sembra regnare la morte. Il profeta è un uomo che si lascia coinvolgere da Dio, non è un mestierante. È uno che, come Gesù, «sente compassione»; è uno che, come Elia, «si distende tre volte sul cadavere del bambino morto». Atteggiamenti e gesti di intensa partecipazione, che fanno del profeta un’immagine del Dio di Gesù Cristo, che solo dai veri “profeti” riceve testimonianza credibile. ( N. Galantino )

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