XXI Domenica del T.O. – La porta della misericordia di Dio è stretta ma sempre spalancata per tutti.
“Signore, sono pochi quelli che sono salvati?”. È una domanda che abita ancora oggi i nostri cuori: la salvezza sarà riservata a pochi giusti oppure la misericordia di Dio aprirà le porte del cielo a molti? …. ( E. Bianchi )
La convinzione comune, infatti, in gran parte del popolo di Israele, era che ci si salvava solo perché appartenenti al popolo scelto da Dio. Ma Isaia fa capire che il progetto di Dio non è per un solo popolo, ma universale: «Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria».
Gesù sembra ancor più concreto e più chiaro. Per essere cristiani e dirci suoi discepoli non basta un vago e generico senso di appartenenza a lui e alla Chiesa; non basta porre dei gesti che rimandano a lui; la salvezza non ci spetta perché stiamo nella Chiesa o apparteniamo a questo o a quel gruppo! Piuttosto, bisogna sforzarsi di «passare per la porta stretta ». ( N. Galantino )
Con l’immagine della porta, Egli vuol far capire ai suoi ascoltatori che non è questione di numero – quanti si salveranno -, non importa sapere quanti, ma è importante che tutti sappiano quale è il cammino che conduce alla salvezza. Tale percorso prevede che si attraversi una porta. ( Papa Francesco )
Nell’immagine della porta possiamo cogliere due valenze:
Un primo significato fa riferimento al tema stesso della salvezza. Essa non è solo dono di Dio da accogliere, ma è anche compito da vivere con responsabilità. In quanto dono, la salvezza non ha un prezzo per essere comprata. In quanto compito, chi vuole goderne non può eludere le sue esigenze, che talvolta passano per la Croce: via insegnata e percorsa fino in fondo da Gesù stesso, che ha donato tutto sé stesso per noi.
Il secondo significato rimanda alla vita concreta dei pastori, al tempo di Gesù. La porta stretta dell’ovile, infatti, era quella da cui, al rientro dal pascolo, passavano le pecore, una alla volta, perché l’occhio attento del pastore le potesse riconoscere. Chiedendoci di «passare per la porta stretta», Gesù ci chiede in qualche modo di “farci riconoscere” da lui, di non camuffarci nel “gregge” (qualunque esso sia), di stare a tu per tu con lui, lasciandoci ricoprire dal suo sguardo d’amore. ( N. Galantino )
Questa porta è stretta non perché sia oppressiva, ma perché ci chiede di restringere e contenere il nostro orgoglio e la nostra paura, per aprirci con cuore umile e fiducioso a Lui, riconoscendoci peccatori, bisognosi del suo perdono. Per questo è stretta: per contenere il nostro orgoglio, che ci gonfia.
La porta della misericordia di Dio è stretta ma sempre spalancata per tutti! Dio non fa preferenze, ma accoglie sempre tutti, senza distinzioni. Una porta stretta per restringere il nostro orgoglio e la nostra paura; una porta spalancata perché Dio ci accoglie senza distinzioni. E la salvezza che Egli ci dona è un flusso incessante di misericordia, che abbatte ogni barriera e apre sorprendenti prospettive di luce e di pace.
[…. ] Il Signore ci offre tante occasioni per salvarci ed entrare attraverso la porta della salvezza. Questa porta è l’occasione che non va sprecata: non dobbiamo fare discorsi accademici sulla salvezza, come quel tale che si è rivolto a Gesù, ma dobbiamo cogliere le occasioni di salvezza. Perché a un certo momento «il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta» (v.25), come ci ha ricordato il Vangelo. Ma se Dio è buono e ci ama, perché chiuderà la porta a un certo punto? Perché la nostra vita non è un videogioco o una telenovela; la nostra vita è seria e l’obiettivo da raggiungere è importante: la salvezza eterna. ( Papa Francesco)
In quel giorno, quando alla porta del Regno dovremo ascoltare il giudizio del Signore su di noi, ai suoi occhi non conteranno l’appartenenza alla sua comunità, la frequentazione della sua Parola e dell’Eucaristia. Questi, infatti, sono mezzi per operare il bene, la giustizia: ma se il bene e la giustizia non sono realizzati nella vita, nel comportamento, nelle relazioni tra noi e gli altri, allora tali mezzi saranno evidenziati da Gesù come un inganno che abbiamo vissuto…
Questo è un ammonimento che noi cristiani, che ci diciamo discepoli e discepole di Gesù, non prendiamo sul serio. Purtroppo i nostri gesti liturgici, l’appartenenza alla parrocchia, la frequentazione dei pastori posti dal Signore nella sua chiesa, sovente possono diventare sicurezze false, che quasi ci impediscono di chiederci se quotidianamente siamo operatori di bene, cioè abbiamo un comportamento che nutre il bene comune, oppure operatori di male, con parole che dividono e calunniano, con sentimenti di inimicizia e di orgoglio, con comportamenti omissivi, che non fanno il bene. Magari non commettiamo il male seminando violenza, ma basta che pensiamo al nostro comportamento omissivo, a quando non vediamo l’altro e non ci impegniamo per colui che è nel bisogno, affamato, assetato, immigrato, nudo, malato, in carcere (cf. Mt 25,31-46)… Noi crediamo di essere nell’intimità con il Signore, assidui alla sua presenza, ascoltatori della sua Parola, nutriti dai sacramenti, ma domandiamoci se a questo corrisponde ciò che il Signore domanda come impegno, urgenza, amore verso gli altri.
E accadrà allora anche che proprio quelli “dentro” (éso), appartenenti alla comunità cristiana, alla chiesa, respinti alla porta del Regno, vedranno quelli che stavano “fuori” (éxo) ed erano lontani, non appartenenti alla comunità di Gesù, seduti alla tavola del banchetto del Regno con Abramo, Isacco, Giacobbe e tutti i profeti. Lo diceva già sant’Agostino: “In quel giorno molti che si ritenevano dentro si scopriranno fuori, mentre molti che pensavano di essere fuori saranno trovati dentro”. Capovolgimento della situazione e delle precedenze: i primi invitati, i primi destinatari della buona notizia appariranno gli ultimi, addirittura saranno fuori dal Regno, mentre proprio quelli che non si supponevano vicini a Dio troveranno posto al banchetto del Regno. … ( Enzo Bianchi )
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