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Solennità di Tutti i Santi – Vivere le beatitudini è la strada che conduce alla santità.

tutti-i-santi-ritLa liturgia cristiana nei primi due giorni di novembre ci consegna  due occasioni impegnative per farci riflettere con profondità e intensità sul cuore della vita: la strada della felicità e il mistero della morte.
Don Tonino Bello raccontò che mons. Mariano Magrassi, un tempo arcivescovo di Bari, agli inizi dell’attività pastorale, si trovava in Francia e stava dettando la preghiera del “Padre nostro” a bambine di una scuola elementare.
Aveva già dettato, naturalmente in francese, la frase “sia fatta la tua volontà” e, passando fra i banchi, notò che una ragazzina non aveva scritto “que ta volonté soit faite“, come avrebbe dovuto, ma piuttosto “que ta volonté soit fête“, che in francese suona nello stesso modo. La frase allora prendeva questo significato: “che la tua volontà sia festa“.
Al primo impulso di far notare l’errore seguì, come ispirazione, un moto di gioia che esternò alle ragazzine spiegando che fare la volontà di Dio non deve ritenersi un subire, quanto l’accogliere nella personale libertà i “comandamenti di Dio” giungendo alla gioia, alla festa.
Forse è proprio questo il vero contenuto, il segreto della Solennità di Tutti i Santi e del giorno della Commemorazione di Tutti i Defunti: che la festa non abbia fine e cominci già qui e ora. (Ad)

La solennità di Tutti i Santi che oggi celebriamo è davvero un’occasione preziosa per soffermarci a riflettere sulla “santità” del cristiano, dono e chiamata per ciascuno di noi.
Chi sono i santi e cosa fanno di speciale per essere considerati tali?
 Nel vivere questa festa che li celebra tutti insieme, è bene anzitutto evitare un possibile rischio: quello di considerarli come dei puri simboli, esseri umani quasi “alieni”, sicuramente ammirevoli ma “irraggiungibili”; in definitiva, troppo diversi da noi e, quindi, estranei alla nostra quotidianità. ( N Galantino )
Se voi trovate nel mondo uomini che potete chiamare miti, misericordiosi, puri di cuore, facitori di pace… voi avete conosciuto la santità.
Questi sono i santi senza aureole (non importano le aureole!), sono i figli del regno, sono gli esseri beati, ma non nel senso edonistico della parola, in un senso pieno: essi si sono adempiuti veramente.
Nella nostra memoria carnale gli uomini di successo sono altri, e perfino i santi che nominiamo santi spesso sono troppo vicini agli altri uomini di successo.
Io sono convinto (enuncio una ipotesi rispettosa) che dinanzi agli occhi di Dio i santi non sono i nostri santi – che poi sono troppo vicini a noi, e sono sugli altari, li abbiamo messi in alto – ma gli anonimi, la turba che Gesù con i suoi occhi osservava, trapassando forse i secoli, quando diceva: «Beati i miti, i facitori di pace…».
 Dove sono?    [….]  I santi, forse, sono là dove il nostro occhio non arriva perché il nostro occhio è telecomandato.
Noi abbiamo notizia soltanto di alcuni di loro solo perché rientrano nella cronaca maggiore della storia.
[…] La turba di coloro che con mitezza e dignità difendono il volto divino dell’uomo è innumerevole. Si tratta di una santità che non è molto diffusa in casa nostra, che non bazzica molto, forse, nelle nostre chiese.  ( Ernesto Balducci – “I1 Vangelo della pace” vol 2 )
 I santi sono i più umani tra gli uomini. Si sforzano di realizzare l’umanità nel miglior modo possibile, si sforzano di avvicinarsi il più possibile a Gesù Cristo, cioè a Colui che è stato perfettamente uomo.( G. Bernanos)
Nel Vangelo abbiamo ascoltato Gesù che ammaestra i suoi discepoli e la folla radunata sulla collina presso il lago di Galilea (cfr Mt 5,1-12). La parola del Signore risorto e vivo indica anche a noi, oggi, la strada per raggiungere la vera beatitudine, la strada che conduce al Cielo. È un cammino difficile da comprendere perché va controcorrente, ma il Signore ci dice che chi va per questa strada è felice, prima o poi diventa felice.
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli». Possiamo domandarci come può essere felice una persona povera di cuore, il cui unico tesoro è il Regno dei cieli. Ma la ragione è proprio questa: che avendo il cuore spogliato e libero da tante cose mondane, questa persona è “attesa” nel Regno dei Cieli.
«Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati». Come possono essere felici quelli che piangono? Eppure, chi nella vita non ha mai provato la tristezza, l’angustia, il dolore, non conoscerà mai la forza della consolazione. Felici invece possono essere quanti hanno la capacità di commuoversi, la capacità di sentire nel cuore il dolore che c’è nella loro vita e nella vita degli altri. Questi saranno felici! Perché la tenera mano di Dio Padre li consolerà e li accarezzerà.
«Beati i miti». E noi al contrario quante volte siamo impazienti, nervosi, sempre pronti a lamentarci! Verso gli altri abbiamo tante pretese, ma quando toccano noi, reagiamo alzando la voce, come se fossimo i padroni del mondo, mentre in realtà siamo tutti figli di Dio. Pensiamo piuttosto a quelle mamme e quei papà che sono tanto pazienti con i figli, che “li fanno impazzire”. Questa è la strada del Signore: la strada della mitezza e della pazienza. Gesù ha percorso questa via: da piccolo ha sopportato la persecuzione e l’esilio; e poi, da adulto, le calunnie, i tranelli, le false accuse in tribunale; e tutto ha sopportato con mitezza. Ha sopportato per amore nostro persino la croce.
«Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati». Sì, coloro che hanno un forte senso della giustizia, e non solo verso gli altri, ma prima di tutto verso sé stessi, questi saranno saziati, perché sono pronti ad accogliere la giustizia più grande, quella che solo Dio può dare.
E poi «beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia». Felici quelli che sanno perdonare, che hanno misericordia per gli altri, che non giudicano tutto e tutti, ma cercano di mettersi nei panni degli altri. Il perdono è la cosa di cui tutti abbiamo bisogno, nessuno escluso. Per questo all’inizio della Messa ci riconosciamo per quello che siamo, cioè peccatori. E non è un modo di dire, una formalità: è un atto di verità. «Signore, eccomi qua, abbi pietà di me». E se sappiamo dare agli altri il perdono che chiediamo per noi, siamo beati. Come diciamo nel “Padre nostro”: «Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori».
«Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio». Guardiamo la faccia di quelli che vanno in giro a seminare zizzania: sono felici? Quelli che cercano sempre le occasioni per imbrogliare, per approfittare degli altri, sono felici? No, non possono essere felici. Invece quelli che ogni giorno, con pazienza, cercano di seminare pace, sono artigiani di pace, di riconciliazione, questi sì sono beati, perché sono veri figli del nostro Padre del Cielo, che semina sempre e solo pace, al punto che ha mandato nel mondo il suo Figlio come seme di pace per l’umanità.
Cari fratelli e sorelle, questa è la via della santità, ed è la stessa via della felicità. E’ la via che ha percorso Gesù, anzi, è Lui stesso questa Via: chi cammina con Lui e passa attraverso di Lui entra nella vita, nella vita eterna. Chiediamo al Signore la grazia di essere persone semplici e umili, la grazia di saper piangere, la grazia di essere miti, la grazia di lavorare per la giustizia e la pace, e soprattutto la grazia di lasciarci perdonare da Dio per diventare strumenti della sua misericordia.( papa Francesco )
 

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