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I Domenica di Avvento – La relazione con il Dio-che-viene-a-visitarci dà a ogni gesto, a ogni cosa una luce diversa, uno spessore, un valore simbolico.

arca-noeIl susseguirsi di domeniche, feste e anni liturgici può provocare in noi assuefazione e abitudine, rischiando di far perdere significato al cammino che la Chiesa, proprio attraverso le varie tappe dell’anno liturgico, intende proporci.
Quanti Avventi, quanti Natali… senza che qualcosa sia effettivamente cambiato dentro e attorno a noi! Talvolta poi, all’assuefazione e all’abitudine può aggiungersi anche la sfiducia e lo scoraggiamento, a causa delle tante difficoltà che incontriamo.
Ma alla nostra fatica Dio risponde ancora una volta con una chiamata radicale: «Casa di Giacobbe, vieni», è l’invito di Isaia ( Prima lettura ) ( N. Galantino )
 [Nella prima lettura,poi,  viene sottolineato che ] siamo ancora in attesa della “fine dei giorni”, quando sul monte Sion, in un pellegrinaggio ultimo e definitivo, saliranno tutte le genti. Per ora quel monte, la collina del tempio, è luogo di violenza tra le genti che lo occupano e Israele. Ma verranno i giorni nei quali – come intravede il profeta Isaia – tutte le genti, le lingue e le culture si inviteranno e incoraggeranno a vicenda a convergere verso la presenza del Dio vivente. Allora la parola del Signore risuonerà, sarà ascoltata da tutti e così tutti cercheranno la pace: le armi diventeranno strumenti di lavoro della terra e nessuno imparerà più a fare la guerra, perché regnerà la fraternità.
[ Nella seconda lettura]  l’Apostolo chiede ai cristiani di essere “consapevoli del tempo (kairós)” che vivono. Ora è il momento di svegliarsi, perché la notte è ormai avanzata e si avvicina sempre più velocemente il giorno del Signore. Al discepolo e alla discepola di Cristo è necessario disarmarsi  e rivestirsi di luce, cioè rendersi conformi a Gesù Cristo, cercando di vivere la vita umana come lui l’ha vissuta. ( E. Bianchi )
«Vegliate!… state pronti!», raccomanda Gesù nel vangelo
Ascoltare questi inviti può aiutarci a non cedere alla tentazione, sempre in agguato, di chiuderci nelle nostre sicurezze o di lasciarci abbattere dalle nostre sconfitte. E l’Avvento è l’opportunità nuova che ci viene offerta dal Signore, come singoli e come comunità, per ridare colore ed entusiasmo alla nostra esperienza di fede. ( N. Galantino )
 La pagina del Vangelo (cfr Mt 24,37-44) ci introduce in uno dei temi più suggestivi del tempo di Avvento: la visita del Signore all’umanità.
La prima visita – sappiamo tutti – è avvenuta con l’Incarnazione, la nascita di Gesù nella grotta di Betlemme;
la seconda avviene nel presente: il Signore ci visita continuamente, ogni giorno, cammina al nostro fianco ed è una presenza di consolazione;
infine, ci sarà la terza, l’ultima visita, che professiamo ogni volta che recitiamo il Credo: «Di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti».
Il Signore oggi ci parla di quest’ultima sua visita, quella che avverrà alla fine dei tempi, e ci dice dove approderà il nostro cammino.
La Parola di Dio fa risaltare il contrasto tra lo svolgersi normale delle cose, la routine quotidiana, e la venuta improvvisa del Signore. Dice Gesù: «Come nei giorni che precedettero il diluvio, mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti» (vv. 38-39): così dice Gesù.
Sempre ci colpisce pensare alle ore che precedono una grande calamità: tutti sono tranquilli, fanno le cose solite senza rendersi conto che la loro vita sta per essere stravolta.
Il Vangelo certamente non vuole farci paura, ma aprire il nostro orizzonte alla dimensione ulteriore, più grande, che da una parte relativizza le cose di ogni giorno ma al tempo stesso le rende preziose, decisive.
La relazione con il Dio-che-viene-a-visitarci dà a ogni gesto, a ogni cosa una luce diversa, uno spessore, un valore simbolico.
Da questa prospettiva viene anche un invito alla sobrietà, a non essere dominati dalle cose di questo mondo, dalle realtà materiali, ma piuttosto a governarle. Se, al contrario, ci lasciamo condizionare e sopraffare da esse, non possiamo percepire che c’è qualcosa di molto importante: il nostro incontro finale con il Signore: e questo è l’importante. Quello, quell’incontro. E le cose di ogni giorno devono avere questo orizzonte, devono essere indirizzate a quell’orizzonte. Quest’incontro con il Signore che viene per noi. In quel momento, come dice il Vangelo, «due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato» (v. 40). È un invito alla vigilanza, perché non sapendo quando Egli verrà, bisogna essere sempre pronti a partire.
In questo tempo di Avvento, siamo chiamati ad allargare l’orizzonte del nostro cuore, a farci sorprendere dalla vita che si presenta ogni giorno con le sue novità. Per fare ciò occorre imparare a non dipendere dalle nostre sicurezze, dai nostri schemi consolidati, perché il Signore viene nell’ora in cui non immaginiamo. Viene per introdurci in una dimensione più bella e più grande.    ( Papa Francesco )
Di fronte a questo vangelo – dobbiamo confessarlo – la comunità cristiana prova sentimenti di imbarazzo: esita a essere convinta che il Signore viene nella gloria, non pensa che ci sia veramente una fine del tempo e non ha più nel cuore il desiderio bruciante di vedere il Signore.
Come diceva Ignazio Silone: “I cristiani dicono di attendere il Signore, e lo aspettano come si aspetta il tram!”. Eppure basterebbe essere più attenti nel leggere la vita che trascorre, la propria e quella degli altri accanto a noi, per renderci conto come ogni giorno, se non siamo distratti, inesorabilmente siamo ricondotti all’evento che ci attende: l’incontro con il Signore. Siamo ricondotti a comprendere che noi, pur vagabondi e mendicanti sulla terra per un pugno di anni – “settanta, ottanta se ci sono le forze” (Sal 90,10) –, in quel giorno avremo bisogno solo della misericordia del Signore. (E. Bianchi)

 

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