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II Domenica del T.O. – Gesù, nell’innocenza di chi non ha peccato, nella mitezza di chi non ha mai commesso violenza, prende su di sé e quindi toglie da noi il peso del nostro cattivo operare, l’ingiustizia di cui tutti siamo responsabili.

Il battesimo di Gesù – che abbiamo celebrato domenica scorsa – segna l’inizio della sua vita pubblica, all’insegna di un gesto di profonda solidarietà di Gesù con i peccatori che, davanti al Battista, confessano pubblicamente il loro peccato.
Ma questo episodio segna anche il rapporto tra Gesù e Giovanni Battista. Vedere Gesù mischiarsi con i peccatori e farsi loro compagno di strada verso una libertà ricuperata colpisce in maniera profonda il Battista, che sembra quasi non riuscire a trattenersi nel dare testimonianza al Maestro: «Ho visto e ho testimoniato».
Ma cosa ha sperimentato Giovanni di così nuovo e sconvolgente da fargli decidere di puntare tutto su Gesù? Egli, vedendo Gesù, «il Figlio amato» dal Padre, solidarizzare con i peccatori, si è reso conto della grande novità – vero e proprio capovolgimento – portata da Cristo. Mentre, infatti, in tutte le religioni, è l’uomo che offre (“sacrifica”) qualcosa a Dio, in Gesù, è Dio che offre il suo Figlio per l’uomo.
 La sorpresa di Giovanni e la sua adesione alla novità portata da Gesù è tutta riassunta in quell’espressione che noi ripetiamo ogni volta che celebriamo la santa Messa: «Ecco l’Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo». ( N. Galantino )
Prima della comunione il celebrante, mostrando l’ostia consacrata, dice: “Beati gli invitati alla Cena del Signore. Ecco l’Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo”. ( D. M. Pratesi)

 L’agnello è segno della mitezza, della non aggressività, dell’essere vittima piuttosto che carnefice. Agli ebrei ricordava l’agnello pasquale, segno della liberazione, e l’agnello immolato ogni giorno al tempio, per ottenere l’assoluzione e il perdono del peccato del popolo… Nella letteratura giovannea “agnello di Dio” è un titolo relativo a Gesù, che nell’innocenza di chi non ha peccato, nella mitezza di chi non ha mai commesso violenza, prende su di sé e quindi toglie da noi il peso del nostro cattivo operare, l’ingiustizia di cui tutti siamo responsabili. … (E. Bianchi )

 Tutti hanno appena pregato con le parole: “Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi“. Sono (con la sostituzione del singolare col plurale) le parole di Giovanni il Battista, che abbiamo ascoltato nel Vangelo. ( M. Pratesi )
Cos’è questo peccato ?
Questo peccato è il rifiuto della vita che Dio comunica, un rifiuto dovuto, a causa di false ideologie, anche religiose, che impediscono alla luce dell’amore di Dio, di arrivare verso l’uomo. ( A Maggi )
 È un’occasione, il vangelo di questa domenica,  per riflettere su quello che diciamo in questo momento della S. Messa.  
   Il termine che Giovanni (evangelista) impiega significa sia “togliere” che “prendere“, e per capire la frase i due significati vanno tenuti insieme,perché fanno una sintesi teologica . formidabile: Gesù è l’agnello che prende sopra di sé e in questo modo elimina il peccato del mondo. Egli si accolla il peso del nostro peccato, e così ci solleva da esso. Non è suo questo carico di morte e di peccato, lo assume liberamente, se lo prende per amore nostro.
Questo è il compito che Dio si è assunto.
 E il nostro?
 Se qualcuno si offre di prendersi il mio carico, cosa devo fare io se non… darglielo? Dare a Gesù, affidargli il mio carico di peccato e di morte: questo è il mio compito. Non devo vivere da solo il peccato e la morte, perché allora essi mi uccideranno. Devo viverli insieme a lui, condividerli con l’agnello.
Spesso si pensa che per presentarsi a Dio occorra prima essere a posto, puliti; solo dopo ci si può accostare all’Agnello.
Errore!
Se fosse così, non ci sarebbe speranza di salvezza, perché lasciati soli rimarremmo schiacciati. È proprio mentre gemo sotto il peso del peccato e della morte che ho bisogno di incontrare uno che mi sollevi. Non nel mio essere forte e vittorioso, ma proprio nel mio essere inadeguato, debole, peccatore, ho bisogno di incontrare uno che abbia pietà di me!
Il peccato più grande è l’incapacità di accogliere questa luce e proseguire a camminare nelle tenebre, come se l’Agnello di Dio non esistesse, senza affidargli il nostro peso, vivendo da soli il nostro peccato.
Ma noi diciamo: “Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi”. Il Battista lo esclamava quando vedeva Gesù venire verso di lui, noi quando Gesù viene verso di noi nel sacramento del pane e del vino. Perché lì c’è il sacrificio pasquale di Gesù; agisce nuovamente il momento nel quale lui prende su di sé fino in fondo la nostra spossatezza, il nostro male, se ne carica. Entrare in comunione con lui, fare la comunione, non può significare altro che rinnovare questo atto di affidamento di noi stessi e del nostro male a lui che viene a noi come agnello per prenderlo su di sé.
Rischiamo di non renderci conto che c’è accanto a noi qualcuno disposto a prendersi il nostro carico. Accorgersene non è automatico: richiede un cammino. Così è stato per Giovanni Battista: “io prima non lo conoscevo”. Poi ha visto il cielo aprirsi, ha compreso. Nessuno può vedere al posto nostro, dobbiamo essere noi a saper vedere in profondità, a saper scoprire in Gesù l’Agnello di Dio che viene a prendere su di sé e distruggere il peccato nostro e del  mondo. ( M Pratesi)  

 

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