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VI Domenica di Pasqua – Lo Spirito Santo insegna alfabeti diversi all’umanità diversa.

Nella prima lettura di questa domenica Pietro, con parole straordinarie dice «Tutto questo sia fatto con dolcezza e rispetto e con una retta coscienza». Questa è la comunicazione della speranza, speranza che  attraversa tutte le barriere umane.
L’episodio di Filippo che va in Samaria è illuminante.  Noi sappiamo chi erano i Samaritani. Erano l’apartheid di Israele, erano quelli con cui non si palava.
Il messaggio arriva ai Samaritani e la città di Samaria ebbe una grande gioia: uscivano i demoni, gli storpi e i paralitici erano risananti.
C’erano tra di loro alcuni che erano stati battezzati ma non avevano ricevuto lo Spirito Santo.  Questo gruppo di cristiani battezzati solo nel nome di Gesù raffigura quei cattolici che amano Gesù Cristo ma non hanno ricevuto lo Spirito Santo. (Ernesto Balducci – da “Gli ultimi tempi” – vol.1 – anno A)
Nel vangelo Giovanni raccoglie dalla bocca e dal cuore del Signore i suoi ultimi insegnamenti, prima della passione e della morte. Gesù promette ai suoi amici, in quel momento triste, buio, che, dopo di Lui, riceveranno «un altro Paraclito» (v. 16). Questa parola significa un altro “Avvocato”, un altro Difensore, un altro Consolatore: «lo Spirito della verità» (v. 17) ( Papa Francesco )
Lo Spirito Santo ha di proprio che spezza i confini.
Chi crede nello Spirito Santo non appartiene più nemmeno alla chiesa ma appartiene all’umanità. È nella chiesa ma appartiene all’umanità.  Non ci sono barriere.  Invece noi abbiamo una fede senza Spirito Santo e quindi aggressiva, incapace di capire la voce degli altri, perché solo lo Spirito ha la scienza della voce altrui. Questa dilatazione è un effetto della speranza che nasce dalla fede e della fede che nasce dalla speranza, in una specie di reciprocità inscindibile.
Con questi ritmi interni la nostra esistenza , senza perdere la sua radice, si dilata e diventa consustanziale, spontaneamente, a tutti i moti dell’essere, anche nella sua gerarchia di valori strutturali: l’uomo è un tutto.
Nei primi tempi il termine cattolico non voleva indicare universalità geografica ma voleva indicare una pienezza.  La fede è cattolica perché investe tutto l’uomo. È una dimensione che tocca l’asse dei valori e non le latitudini geografiche.
Quando questa speranza investe tutti i valori essa è degna di camminare in tutti i sentieri dell’uomo e non è mai aggressiva, anzi ritrova il senso del nostro cammino anche nel cammino altrui, anche in chi non ha mai conosciuto queste parole.  Anche in chi invoca Buddha, Shiva. Allah, c’è lo Spirito Santo.  Lo Spirito Santo insegna alfabeti diversi all’umanità diversa.
Questa apertura non è facile irenismo, svendita della nostra gelosa individualità: è scoperta delle stesse sorgenti anche nel mondo degli altri. E questo significa essere secondo lo Spirito Santo. (Ernesto Balducci – da “Gli ultimi tempi” – vol.1 – anno A)
 Proseguendo nella lettura del Vangelo Gesù  aggiunge: «Non vi lascerò orfani: verrò da voi» (v. 18).
Queste parole trasmettono la gioia di una nuova venuta di Cristo: Egli, risorto e glorificato, dimora nel Padre e, al tempo stesso, viene a noi nello Spirito Santo. E in questa sua nuova venuta si rivela la nostra unione con Lui e con il Padre: «Voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi» (v. 20).
Meditando queste parole di Gesù, noi oggi percepiamo con senso di fede di essere il popolo di Dio in comunione col Padre e con Gesù mediante lo Spirito Santo. In questo mistero di comunione, la Chiesa trova la fonte inesauribile della propria missione, che si realizza mediante l’amore.
Gesù dice nel Vangelo di oggi: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui» (v. 21).
L’amore a Dio e al prossimo è il più grande comandamento del Vangelo. …  Se c’è un atteggiamento che non è mai facile, non è mai scontato anche per una comunità cristiana, è proprio quello di sapersi amare, di volersi bene sull’esempio del Signore e con la sua grazia.
A volte i contrasti, l’orgoglio, le invidie, le divisioni lasciano il segno anche sul volto bello della Chiesa. Una comunità di cristiani dovrebbe vivere nella carità di Cristo, e invece è proprio lì che il maligno “ci mette lo zampino” e noi a volte ci lasciamo ingannare. E chi ne fa le spese sono le persone spiritualmente più deboli.
Quante di loro – e voi ne conoscete alcune -, quante di loro si sono allontanate perché non si sono sentite accolte, non si sono sentite capite, non si sono sentite amate. Quante persone si sono allontanate, per esempio da qualche parrocchia o comunità per l’ambiente di chiacchiericcio, di gelosie, di invidie che hanno trovato lì.
 Anche per un cristiano saper amare non è mai un dato acquisito una volta per tutte; ogni giorno si deve ricominciare, ci si deve esercitare perché il nostro amore verso i fratelli e le sorelle che incontriamo diventi maturo e purificato da quei limiti o peccati che lo rendono parziale, egoistico, sterile e infedele.
Ogni giorno si deve imparare l’arte di amare, ogni giorno si deve seguire con pazienza la scuola di Cristo, ogni giorno si deve perdonare e guardare Gesù, e questo, con l’aiuto di questo ”Avvocato”, di questo Consolatore che Gesù ci ha inviato che è lo Spirito Santo. ( Papa Francesco )
Chi mi ama sarà amato dal Padre. Sentirsi veramente amati è questa la cosa che dà la felicità: non c’è niente che dà la felicità se non l’amore, sentire l’ala d’amore del Padre. (d. G. Dossetti, appunti di omelia, Gerusalemme, 4,5.1975). 
 

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