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Solennità di Cristo Re dell'Universo – Io spero che un amore di Dio crei sorprese per l'ultimo giorno anche per i cattivi.

La solennità di Cristo Re dell’universo conclude il cammino dell’anno liturgico, ricordandoci che la vita del creato non avanza “alla cieca”, ma procede verso una meta finale: la definitiva manifestazione di Cristo, Signore della storia. ( N. Galantino )
La  regalità  di Cristo è una regalità di guida, di servizio, e anche una regalità che alla fine dei tempi si affermerà come giudizio. Oggi abbiamo davanti a noi il Cristo come re, pastore e giudice, che mostra i criteri di appartenenza al Regno di Dio. ( Papa Francesco )
È lo jom ’Adonaj, “il giorno del Signore” (cf. Am 5,18.20; Is 2,12; Sof 1,7, ecc.) preannunciato dai profeti, nel quale si manifesterà il Veniente, incaricato di emettere il giudizio su tutta la storia. Egli ha le sembianze di un “umano” (ben enosh, hyiòs toû anthrópou), ed essendo giudice va a sedersi sul trono della gloria, il trono sul quale il Signore regna (cf. Sal 9,5.8; 11,4, ecc.).
La visione è grandiosa: davanti a lui saranno riunite tutte le genti della terra, di ogni luogo e di ogni tempo, tutta l’umanità!
Si tratterà innanzitutto di operare una separazione, di fare un discernimento tra gli umani, allo stesso modo con cui un pastore deve separare le pecore dalle capre.
Se la zizzania era cresciuta insieme al grano, ora la si deve separare da esso (cf. Mt 13,24-30.36-43); se la rete aveva catturato pesci buoni e pesci cattivi, è venuto il momento di fare la cernita, trattenendo quelli buoni e gettando nel mare i cattivi (cf. Mt 13,47-50). Questa operazione che il Figlio dell’uomo farà come pastore, è sempre stata annunciata ed è necessaria affinché l’ultima parola sul male e sul bene operato dagli umani nella storia sia di Dio: parola definitiva, parola di giustizia, che contiene in sé la misericordia ma che è nel contempo un giudizio. ( E. Bianchi )
L’umanità intera è convocata davanti a Lui ed Egli esercita la sua autorità separando gli uni dagli altri..
A quelli che ha posto alla sua destra dice: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (vv. 34-36). I giusti rimangono sorpresi, perché non ricordano di aver mai incontrato Gesù, e tanto meno di averlo aiutato in quel modo; ma Egli dichiara: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (v. 40). Questa parola non finisce mai di colpirci, perché ci rivela fino a che punto arriva l’amore di Dio( Papa Francseco )
Gesù, come Dio, è presenza nascosta, elusiva: se non lo si riconosce, si compie l’azione in piena gratuità, senza pensare di aver fatto un’opera meritoria che Dio ricompenserà in quanto rivolta al Figlio dell’uomo. …  Non nel culto, non nella liturgia ci si salva, ma nella relazione tra corpi, nel volto contro volto, mano nella mano, carne che tocca la carneL’amore che Gesù richiede non è astratto, non è fatto di intenzioni e sentimenti, non è solo “preghiera per”: è azione, comportamento, concreta responsabilità. Se la liturgia, la preghiera e i sacramenti non ci conducono a questo, allora sono sterili e inutili, in quanto sono finalizzati all’amore, al vivere nell’amore, all’amare persino il nemico, il non amabile (cf. Mt 5,43-48).  (E. Bianchi)
La parabola del giudizio prosegue presentando il re che allontana da sé quelli che durante la loro vita non si sono preoccupati delle necessità dei fratelli [ e li allontana usando la parola “ maledetti” ) (Papa Francesco)
E’  importante   sottolineare questo. Mentre prima Gesù  ai giusti  li  ha   chiamati  “benedetti dal Padre mio” qui li dichiara “maledetti”, ma non dal Padre suo; Dio non maledice, Dio è soltanto benedizioni. Questa maledizione – è l’unica volta in cui appare nel vangelo – richiama la prima maledizione presente nella Bibbia, nel libro del Genesi, scagliata su Caino che ha assassinato il proprio fratello. … ( A. Maggi )
 Anche in questo caso costoro rimangono sorpresi e chiedono: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?» (v. 44). Sottinteso: “Se ti avessimo visto, sicuramente ti avremmo aiutato!”. Ma il re risponderà: «Tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me» (v. 45).  ( Papa Francesco )
Quando ci si chiude agli altri ci si chiude a Dio. ( A Maggi )
La malvagità o la bontà dell’azione compiuta nascono dal modo in cui si vive la relazione con il fratello o la sorella, e non in riferimento al Dio che non si vede. Su ciò sono sempre istruttive le parole della Prima lettera di Giovanni: “Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è compiuto in noi … Se uno dice: ‘Io amo Dio’ e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1Gv 4,12.20).  Sì, tra queste persone davanti al Re ve ne sono alcuni che non conoscono Gesù, che mai hanno sentito parlare di lui: sia i suoi discepoli, sia quanti sono estranei al cristianesimo, tutti sono giudicati in base alla relazione con i più piccoli (oi eláchistoi), fratelli e sorelle di Gesù, il piccolo e il povero per eccellenza. ( E Bianchi )
Io spero che un amore di Dio crei sorprese per l’ultimo giorno anche per i cattivi. Non ho nessuna voglia di mandare all’inferno i cattivi. Gesù ha detto questo parlando dell’ultimo giudizio e quindi, in qualche modo, collocando la sua parola nel punto omega della storia. Io non voglio adesso giustificare chi non crede, dico che non è quello che mi preme.
 Se io prendo sul serio la parola di Dio, con questo Vangelo, la disputa fra atei e credenti non significa più nulla perché la pietra di paragone non è Dio, è un uomo assetato.
Diceva un saggio del Medio Evo: «Quando incontri un povero non ti domandare se Dio esiste perché Dio ce l’hai davanti a te», nel senso che la provocazione del Dio di cui vi ho parlato stamani è quella che vi raggiunge attraverso l’appello dell’altro che Gesù ama raffigurare attraverso i gesti più semplici fra quelli che si possono immaginare, attraverso i quali a noi è possibile, per dilatazione, abbracciare l’intero orizzonte delle nostre responsabilità. ( Ernesto Balducci: da “Gli ultimi tempi” vol 1 – Anno A)
 
 
 

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