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Omelia del nostro Vescovo Vincenzo – Ordinazione Sacerdotale di Paolo Cassaniti e Gioacchino Notaro Cattedrale 30 dicembre 2017

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Non potevamo concludere meglio di così quest’anno 2017; con il dono di due Diaconi che stiamo per ordinare Sacerdoti: Paolo Cassaniti di Petralia Soprana e Gioacchino Notaro di  Montemaggiore Belsito.
Saluto tutti affettuosamente e in particolare le rispettive Comunità di provenienza degli Ordinandi.
Lodando e ringraziando il Signore per i benefici ricevuti in quest’anno che volge al tramonto, Lo ringraziamo in maniera particolare per questo evento di grazia; e ringraziando il Signore sento di dovere ringraziare quanti negli anni hanno collaborato alla formazione di questi nostri due fratelli: ringrazio il Seminario di Cefalù e i suoi educatori, come pure ringrazio il Seminario di Palermo e di Caltanissetta che in maniera particolare ha     curato la formazione di Gioacchino.
Sento anche di dovere ringraziare il carissimo Don Renzo Bonetti della diocesi di Verona, per avere favorito il Diacono Paolo in una particolare esperienza di pastorale familiare in seno alla Fondazione “Famiglia Dono Grande” e don Giuseppe Licciardi per avere accolto il Diacono Gioacchino nell’esperienza pastorale in parrocchia.
Paolo e Gioacchino, così diversi tra loro, per età, per temperamento e pur accomunati dallo stesso amore per il Signore e dalla stessa chiamata: chiamati, formati, consacrati, inviati: è il cammino di quanti si mettono alla sequela di Gesù.
A pochi giorni del Santo Natale la Chiesa ci fa celebrare la festa della Santa Famiglia di Gesù Maria e Giuseppe.
Il Natale è una scuola di umanità. Dio si fa uomo come noi, elevando al massimo grado la nostra condizione umana. Dio si è fatto come noi per farci come Lui.
Non avrebbe potuto essere realmente e completamente uomo senza qualcuno che lo mettesse al mondo, ovvero una donna. Dal punto di vista strettamente generativo non ci fu bisogno dell’apporto di un uomo in quanto Gesù fu concepito da Maria per opera dello Spirito Santo. Tuttavia lo stesso Angelo che annuncia a Maria la nascita di Gesù dice a Giuseppe: “ Tu lo chiamerai Gesù” (Mt 1,21).
Ecco una prima lezione di umanità che Dio ci offre. Normalmente, occorrono un uomo e una donna per formare una persona umana. Sono condizioni naturali ed elementari all’esistenza umana alle quali nemmeno Dio ha voluto sottrarsi.
Dall’episodio della presentazione di Gesù al tempio, che abbiamo ascoltato dal Vangelo di Luca, vediamo Gesù inserito nella comunità sociale e religiosa ebraica con i suoi riti e le sue tradizioni, e così nasce una seconda lezione di umanità: la famiglia non può bastare a se stessa, occorre una rete di relazioni che vada oltre lo stretto necessario  del nucleo familiare e, in questa rete di relazioni, la famiglia è chiamata ad inserirsi e a crescere.
Anche Gesù come tutti i bambini è nato e cresciuto in una famiglia e certamente aveva i suoi “compagnetti” con cui relazionarsi; anche Lui “cresceva e si fortificava”, anche Lui maturava pian piano, col tempo, come tutti i ragazzi di questo mondo. Il Vangelo ci dice che cresceva in età, sapienza e grazia.
Una terza lezione di umanità che Dio, facendosi uomo ci offre, è quella di sapere accettare il limite a cominciare dal fatto di nascere in una famiglia che non ci siamo scelti noi. Il nostro modo di essere sia fisico che spirituale, in buona parte, dipende dal nostro vissuto familiare. Voi genitori molto spesso fate l’esperienza di vedere crescere i vostri figli e molto spesso vi appaiono così diversi da come ve li siete immaginati o sognati.
Anche Maria e Giuseppe hanno fatto questa esperienza: l’evangelista Luca ci dice che essi non capivano quel Figlio (cfr.Lc 2,50). L’episodio di Gesù smarrito e ritrovato nel tempio fa esclamare Maria: “Figlio perché ci hai fatto questo? Tuo padre e io ti cercavamo angosciati” (cfr. Lc 2,50). Anche questo episodio è una lezione di umanità.
 Persino Dio ha voluto una famiglia che si preoccupasse di Suo Figlio fatto uomo; ecco perché la celebrazione del Suo Natale non si può staccare dal  ricordo di Maria che gli fu madre e da Giuseppe che gli fece da padre.
Alla luce di queste lezioni di umanità diventa più facile capire il perché il Signore non ha scelto gli angeli come suoi ministri ma ha scelto uomini tratti dagli uomini e dalla famiglia umana perché meglio potessero capire la condizione dell’uomo; ha scelto uomini perché stessero con Lui e accettassero di spendersi e di essere inviati per continuare la Sua opera di salvezza.
Chi si è messo dietro al Signore sa che basta essere uomini per essere poveri uomini ma non può non avere l’anelito ad una vita santa e il conforto della certezza che nulla è impossibile a Dio.
Il Signore non comanda di diventare uccelli a coloro i quali non ha fornito le ali, né di vivere sott’acqua a coloro per i quali ha stabilito una vita terrestre… il Signore non costringe a nessuna impresa che superi la natura. Se il Signore pretende una vita santa è perché la santità è compatibile con le nostre risorse, e  adatta alle forze di coloro ai quali viene chiesta (S. Gregorio di Nissa). 
Carissimi Paolo e Gioacchino, da questa sera comincia per voi un’avventura senza ritorno.
Nella vita sacerdotale ci sono dei segreti che assicurano il successo della missione.
Il ministero presbiterale va vissuto sempre nella gioia e con entusiasmo e mai da soli.
Un Prete triste è un triste Prete.
L’essere nati stanchi e vivere per riposare o voler fare della propria missione un esercizio da liberi battitori non può appartenerci.
Da questo momento la vostra famiglia sarà il presbiterio: non comportatevi da orfani o da (singol) single, non disertate questa famiglia nella quale il Signore vi ha inserito e che anche in questo caso non avete scelto voi ma è sempre il Signore che sceglie per noi: “non voi avete scelto me ma Io ho scelto voi”, ci dice Gesù.
E’ una scelta alla quale abbiamo aderito liberamente e che siamo chiamati a vivere con passione, senza grilli per la testa, liberi da ogni ricerca di prestigio e di successo e per dirla con S. Pietro ci impegniamo a pascere il gregge che ci verrà affidato“non per forza ma volentieri, non per vile interesse ma di buon animo, non spadroneggiando ma facendoci servi” (cfr. 1Pt 5,2).
Gesù, l’unico nostro Maestro non è venuto per farsi servire ma per servire. Noi non siamo i funzionari del sacro, siamo  ministri di Dio scelti da Lui non per i nostri meriti ma per la Sua misericordia.
La gente vuole trovare in noi dei punti di riferimento,  dei veri uomini capaci di ascoltare, di capire, di comprendere, di affiancare e di assumersi le proprie responsabilità; la gente ha bisogno di convincersi che nessuno di noi si fa Prete per giovare a sé stesso ma per spendersi per gli altri.
Fuggire dagli  altri, nascondersi, darsi alla latitanza, rinchiudersi in se stessi non è altro che un lento suicidio.        Soltanto una vita vissuta per gli altri è una vita che vale la pena di vivere.
Noi siamo Sacerdoti per la gloria di Dio e per servire i Fratelli in purezza e santità di vita.
Diventare diaconi, sacerdoti e vescovi non è un diritto per nessuno.
Mi avete sempre sentito dire: prima di tutto uomini e poi Preti.
Uomini miti e coraggiosi, uomini capaci di lottare e di perdonare, uomini di frontiera che sanno scorgere la luce dove l’oscurità sembra dire l’ultima parola.
Uomini capaci di guardare in faccia, con i piedi a terra, che sanno interrogare la grazia prima della scienza e il respiro della preghiera prima delle elucubrazioni mentali, sterili e devianti.
Non lasciatevi sviare da idee vane e peregrine.
Noi veniamo chiamati e consacrati per crescere ed affermarci in santità di vita nonostante la fragilità umana che ci accompagna.
Nel tempo di questo affascinante percorso terreno, vi direbbe Santa Teresa d’Avila: “nulla vi turbi, nulla vi spaventi,tutto passa, solo Dio non cambia.Chi ha Dio nel cuore nulla gli manca, solo Dio basta”; vi accompagni la certezza del salmista: “Signore tu sei il mio rifugio, Tu sei scudo intorno a me”.
Sento di raccomandarvi queste cose spinto dall’ansia di Padre e Pastore.
Dopo che davanti al popolo di Dio accoglierò la manifestazione della vostra volontà con la quale vi impegnate ad esercitare per tutta la vita il ministero sacerdotale dedicandovi assiduamente alla preghiera, promettendo filiale rispetto ed obbedienza a me e a miei successori, vi imporrò le mani.
E dopo di me anche tutti i presbiteri presenti vi imporranno le mani come a volervi accogliere in seno al presbiterio in una grande famiglia per vivere ed operare insieme non da confratelli ma da fratelli.
Con l’imposizione delle mani e la preghiera di Ordinazione venite costituiti sacerdoti per sempre, cooperatori dell’ordine episcopale, collaboratori nel ministero della Parola, dell’Eucarestia e del Perdono, dispensatori dei Misteri di Dio.
A conclusione del Rito di Ordinazione ci scambieremo l’abbraccio di pace e lo scambierete anche con gli altri Presbiteri a sigillo della comunione sacramentale che ci rende un sol corpo e un’anima sola per sempre.
Con vero piacere ho potuto notare che siete ambedue devoti del Santo Curato d’Ars: un sacerdote umile, semplice, docile, innamorato di Dio, a servizio totale dei fratelli, sempre pronto ad accogliere e ad assolvere, incapace di risparmiarsi, dedito alla preghiera come contemplazione del volto di Dio concretamente incarnato nella storia.
Vi accompagni la santità di quest’uomo e vi protegga la Santa Famiglia Gesù, Maria e Giuseppe.
Vi auguro di cuore che sempre e dovunque la storia vi condurrà possiate essere sacerdoti autentici secondo il cuore di Dio, senza rimpianti e senza paura ma sinceramente appassionati del vostro sacerdozio e della missione affidatavi dal Signore.
Dopodomani spunterà l’alba di un anno nuovo.
“Anno nuovo vita nuova”!
Lo diciamo da sempre; come un ritornello; forse parole automatiche. Frasi fatte. Ma parole, anche, che contengono verità, possibilità, invito, speranza, desiderio, auspicio.
Guardare in alto e avanti: è questa la consegna del nuovo anno.
A tutti buon Anno!

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