IV Domenica di Quaresima – Credere che Gesù è lo strumento eletto da Dio per la nostra salvezza è l’unico modo per con-regnare, con-risorgere con Lui.
La quarta domenica della Quaresima, come sottolineato nell’antifona d’ingresso, è detta “Dominica in Laetare” infatti la vita cristiana, che ha nell’austerità solo una fase fase di passaggio, è fondamentalmente letizia, …la penitenza è uno stato di preparazione alla vita da figli di Dio, nel cammino verso la gioia del cielo, per la strada della Pasqua.
Nella prima lettura, tratta dal secondo libro delle Cronache ..” contempliamo” la felicità del popolo che, dopo settant’anni di deportazione, può tornare nella sua terra, dopo essersi cacciato, malgrado i richiami della Provvidenza, nella tragica esperienza dell’esilio.
L’uomo, quando cerca la sicurezza nei calcoli umani (guerre per conquiste, oppressioni, idolatria), si allontana da Dio; questa scelta produce solo disordine, dolore e morte; la risposta di Dio, attraverso i profeti, è una Parola che invita alla conversione, al pentimento e alla purificazione.
Nella seconda lettura .. a noi da morti che eravamo, incapaci di rivivere per la forza distruttiva del peccato, Dio da di vivere in Cristo, cioè di essere nella stessa vita di Dio. .. Questa operazione salvifica non è opera nostra; essa è pura iniziativa di Dio, come visto anche nella prima lettura. È Lui che tutto compie.
Nel Vangelo di oggi Gesù parte da un segno veterotestamentario per indicare la salvezza. Come il popolo non poteva liberarsi dai serpenti se non contemplando quel segno, così anche per noi c’è un solo segno di salvezza: che è necessario guardare: il Cristo. Egli innalzato perché annientato, in questo salva coloro che lo guardano, cioè credono in Lui. ( B&T)
Dobbiamo essere molto attenti e vigilanti nell’ascolto: le parole di Gesù a Nicodemo non indicano la croce come abbandono del Figlio alla morte da parte del Padre, ma ci rivelano un amore unico del Padre e del Figlio per tutta l’umanità.
Il Figlio Gesù Cristo, proprio quale dono per l’umanità, ha vissuto la sua esistenza donando la vita, suscitando la vita, trasmettendo la vita.
Il Padre, a sua volta, non ha voluto la discesa del Figlio e la sua incarnazione per giudicare il mondo, ma per salvarlo attraverso l’adesione e la risposta all’amore.
La presenza di Gesù esige che ognuno operi ora la sua scelta, perché ora avviene il giudizio, perché ora di fronte a Gesù è possibile scegliere la tenebra o la luce, che non sono un destino ma dipendono da ciascuno di noi nel suo porsi di fronte all’amore rivelato.
Viene qui adombrato il ministero dell’incredulità, che non è rifiuto di una dottrina, di un’idea o di una morale, ma è qualcosa di molto più radicale: è rifiuto della fiducia, rifiuto della speranza, rifiuto dell’amore.
Sì, da una parte c’è l’amore incondizionato di Dio, offerto a tutti gli esseri umani e mostrato nel dono del Figlio unico fatto uomo per essere uno di noi e vivere tra di noi e con noi; dall’altra vi è da parte nostra la possibilità di rispondere all’amore con l’amore o, al contrario, di rifiutare l’amore, di non credere all’amore e così di escluderci, collocandoci nella tenebra dell’odio e della morte. Nel quarto vangelo la fede e il credere sono sempre un operare nell’amore, come Gesù dirà: “Questa è l’opera, l’azione richiesta da Dio: credere in colui che egli ha mandato” (Gv 6,29). ( Enzo Bianchi )
Il Cristo nel suo annientamento ci salva: ma salva non solo quelli che lo guardano, ma chi crede in Lui.
Credere che proprio quest’uomo è lo strumento eletto da Dio per la nostra salvezza è l’unico modo per andare in Lui al cielo e sedere nella gloria: con-regnare, con risorgere con Lui. ( G. Dossetti- Appunti Omelia 1970)
Si guarda spesso alla croce come il simbolo del nostro riscatto; oggi la penso anche come luce che lo Spirito di Dio infonde a questa generazione per allargare il nostro orizzonte. Se la storia umana è costata tanto sacrificio e tanto sangue e se Dio nella resurrezione del Suo Figlio ha manifestato che questa sofferenza del Figlio e dell’umanità non è inutile, come non dovremmo essere sicuri che l’umanità cammini verso una riconciliazione finale, verso la vita? Allora il consiglio di restare fedeli presso la croce e vicino ai crocifissi di oggi non è una fantasia, ma una vera speranza, l’essenza stessa della nostra fede. E capiremo che si può essere in una profonda pace anche vivendo l’esperienza della croce che è attuale nella sofferenza dei poveri e nella sua apparente inutilità. La stessa croce simbolo di morte e resurrezione, di scandalo e di speranza (A. Paoli, La gioia di essere liberi).
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