II DOMENICA DI PASQUA: Beati non sono quelli che hanno chiaro tutto, che non sbagliano mai … ma coloro che nonostante le paure, la rassegnazione e l’incertezza credono nella forza del Vangelo e dell’amore che nasce dalla parola.
Oggi è l’ottavo giorno dopo la Pasqua, e il Vangelo di Giovanni ci documenta le due apparizioni di Gesù Risorto agli Apostoli riuniti nel Cenacolo: quella della sera di Pasqua, assente Tommaso, e quella dopo otto giorni, presente Tommaso.
La prima volta, il Signore mostrò le ferite del suo corpo ai discepoli, fece il segno di soffiare su di loro e disse: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (Gv 20,21). Trasmette ad essi la sua stessa missione, con la forza dello Spirito Santo.
Ma quella sera mancava Tommaso, il quale non volle credere alla testimonianza degli altri. ….
Otto giorni dopo … Gesù ritorna a presentarsi in mezzo ai suoi e si rivolge subito a Tommaso, invitandolo a toccare le ferite delle sue mani e del suo fianco. Viene incontro alla sua incredulità, perché, attraverso i segni della passione, possa raggiungere la pienezza della fede pasquale, cioè la fede nella risurrezione di Gesù. [ Papa Francesco ]
Il filo del dubbio, stando almeno al Vangelo di Giovanni (gli altri Vangeli lo segnalano solo nelle liste dei dodici apostoli), si era altre volte attorcigliato attorno al cuore di questo discepolo. Così, in occasione della scelta di Gesù di ritornare in Giudea per onorare la salma dell’amico Lazzaro, scelta pericolosa sapendo l’ostilità delle autorità gerosolimitane, Tommaso aveva reagito sarcasticamente: «Andiamo anche noi a morire con lui!» (11,16).
Il dubbio affiora in lui anche in quella sera carica di tensione, quando Gesù sta parlando a lungo coi suoi discepoli, dopo aver con loro celebrato l’ultima cena. … Gesù sta dicendo: «Nella casa del Padre mio vi sono molti posti… Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via». A questo punto Tommaso lo interrompe: «Signore, non sappiamo dove vai e, allora, come possiamo conoscere la vita?». E Gesù gli replicherà con quella bellissima autodefinizione: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (14,2-6).
Ma l’apice è dopo la morte di Cristo, ancora nello spazio del Cenacolo, allorché, Otto giorni dopo la Pasqua, Tommaso è invitato dal Risorto a «non essere incredulo ma credente» e a porre il suo dito sulle mani e a mettere la mano nel costato ferito di Cristo.
Caravaggio in una tela del 1600-1601, conservata in Germania, a Potsdam, presso Berlino, nella Sans-Souci Bildegalerie, raffigurerà con potenza quel dito che si insinua nello squarcio del costato di Gesù. E Tommaso, finalmente, esploderà in quella stupenda e lapidaria professione di fede che, da bambini, ci si insegnava di ripetere quando il sacerdote alzava l’ostia dopo la consacrazione: «Mio Signore e mio Dio!».[ G. Ravasi ]
Gesù a Tommaso incredulo non propone una lezione o un ragionamento: gli mostra i segni che il male ha lasciato sul suo corpo, perché si commuova per le sue ferite e per quelle dei suoi fratelli più piccoli.
Siamo credenti quando ci commuoviamo, quando riconosciamo e confidiamo nell’energia della resurrezione e dell’amore che viene dal Vangelo, energia che guarisce e libera dal male, dalla divisione, dalla solitudine, dall’amarezza, dall’inimicizia, dall’estraneità, dall’abbandono, dall’odio, dalla malattia. Beati non sono quelli che hanno chiaro tutto, che non sbagliano mai, che non hanno dubbi. Beati sono coloro che nonostante le paure, la rassegnazione e l’incertezza credono nella forza del Vangelo e dell’amore che nasce dalla parola. ….. ( V. Paglia)
Non possiamo, in questa seconda domenica di Pasqua non ricordare l’ultima brevissima omelia di Don Tonino Bello .. Fu un’omelia molto breve che pronunciò il 18 aprile 1993, ad otto giorni dalla Pasqua, due giorni prima di concludere il suo cammino terreno. Non fu come quell’arrivederci appassionato dell’omelia del giovedì santo (8 aprile) e del saluto conclusivo di quella celebrazione: a tutti parve il congedo dalla Chiesa che aveva servito con amore.
“Era la seconda domenica di Pasqua e al Vangelo ascoltammo l’incontro di Gesù risorto con Tommaso… Don Tonino seguiva dal suo letto, concentrato nella preghiera e assorbito dai dolori che non concedevano tregua. Gli chiesi una parola, un suo pensiero su Tommaso che dichiarava la sua fede vedendo e toccando le cicatrici gloriose di Gesù.
Con uno sguardo mi fece capire che provava fatica. Gli suggerii, allora, le parole trepidanti del discepolo divenuto credente. Don Tonino si riprese e con le poche energie che gli rimanevano, lentamente disse:
«Mio Signore e mio Dio! Anch’io voglio vedere il Signore risorto ed essere fonte di speranza e di gioia per tutti. Mio Signore, e mio Dio!». [ Mons. Salvatore Palese ]
Gesù Cristo è risorto…. Ma la resurrezione non è un miracolo sbalorditivo come quello di cui volle avere un segno tangibile Tommaso. “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».” … Costoro cosa vedono? Devono vedere gli effetti di quell’evento, .. evento affidato alla prassi e non alle dottrine.
[…] Del resto Gesù, quando apparve ai suoi, disse: «Pace a voi». … La pace non era solo un augurio, era la parola costituente di un nuovo modo di essere.
I primi cristiani presero sul serio l’annuncio ed «erano un cuor solo ed un’anima sola”.
[…] O la fraternità è reale o non è. Questo realismo della resurrezione noi l’abbiamo sempre temuto, negato mai.
«Gesù è risorto», dobbiamo pur dirlo, questo evento, ma a condizione che non si arrivi a prenderlo come principio costitutivo dell’esistenza umana.
Ci provò qualcuno. Per esempio, Francesco d’Assisi fece così ed era ostinato nel volere che i suoi vivessero come fratelli senza più nessuna proprietà. Era terribile vivere senza proprietà in un mondo dove la proprietà era tutto.
Ci fu allora la Chiesa che trovò un escamotage abilissimo: voi prendete queste cose, dite che non sono vostre ma sono della Chiesa così voi siete proprietari senza esserlo. Ecco l’astuzia. Non finirei più per dimostrare che tutto il nostro sforzo storico è stato quello di prendere sul serio la resurrezione senza prenderla sul serio.
Noi ora ci sentiamo profondamente coinvolti da queste contraddizioni in quanto non ci è più possibile, anche se facciamo di tutto per alzare barriere di percezione attorno a noi, dimenticare che per noi il pianeta terra è quello che era Gerusalemme per i primi cristiani: è una città. Allora queste parole che abbiamo letto sono un giudizio terribile su di noi… ( Ernesto Balducci – da “Gli ultimi tempi” vol. 2 anno B)
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