Papa Francesco a Palermo … “cronaca” di una visita d’amore
80 mila persone ad accogliere Papa Francesco che con toni pacati e sereni ha lanciato un messaggio molto netto e forte, cominciato con l’invito a scegliere da che parte stare, tra vivere per se o il donare la propria vita agli altri come fece Don Pino Puglisi. “ Solo dado la vita si sconfigge il male .. un prezzo alto.. ma solo così .. Don Pino lo insegna … non viveva per farsi vedere … non viveva di appelli antimafia … e nemmeno si accontentava di non far nulla di male . ma seminava il bene … tanto bene “
Così ha commentato quest’ultima affermazione il Prof. Giuseppe Savagnone ( Responsabile Pastorale culturale Arcidiosi di Palermo ): “ È il messaggio di non illudersi che non facendo il niente .. . non facendo il male si sia a posto. Non siamo innocenti di tutto il male che accade intorno a noi.
Il papa denuncia – come fece allora a Lampedusa – l’indifferenza dilagante.. l’atteggiamento di chi pensa che, in fondo, se le cose vanno bene per lui vuol dire che, tutto sommato, vanno bene per tutti … È il rifiuto di farsi carico dell’immensa ingiustizia, dell’immenso dolore, delle immense difficoltà in cui si trovano gli altri. ”
Duro e forte il messaggio ai mafiosi ,non come quello di “ grande profezia” di Giovanni Paolo II ma colloquiale come quello di Don Pino Puglisi … Francersco infatti ,svestendo i toni del Battista ha indossato il grembiule di una persuasione forse impossibile per gli uomini ma non per Dio … spinto solo dall’amore per queste persone.. amore che converte e salva. “ Non credere in Dio ed essere mafiosi . Chi è mafioso non vive da cristiano. .. perché bestemmia con la vita il nome di Dio Amore. Oggi abbiamo bisogno di uomini e di donne di amore .. non di uomini e donne di onore. Perciò ai mafiosi dico: cambiate fratelli e sorelle!! Smettete di pensare a voi stessi e ai vostri soldi. Convertitevi al vero Dio di Gesù Cristo.
Questa, poi ,l’omelia pronunciata durante la S. Messa al Foro Italico.
“Oggi Dio ci parla di vittoria e di sconfitta. San Giovanni nella prima lettura presenta la fede come «la vittoria che ha vinto il mondo» (1 Gv 5,4), mentre nel Vangelo riporta la frase di Gesù: «Chi ama la propria vita, la perde» (Gv 12,25).
Questa è la sconfitta: perde chi ama la propria vita. Perché? Non certo perché bisogna avere in odio la vita: la vita va amata e difesa, è il primo dono di Dio! Quel che porta alla sconfitta è amare la propria vita, cioè amare il proprio. Chi vive per il proprio perde, è un egoista, diciamo noi. Sembrerebbe il contrario. Chi vive per sé, chi moltiplica i suoi fatturati, chi ha successo, chi soddisfa pienamente i propri bisogni appare vincente agli occhi del mondo. La pubblicità ci martella con questa idea – l’idea di cercare il proprio, dell’egoismo –, eppure Gesù non è d’accordo e la ribalta. Secondo lui chi vive per sé non perde solo qualcosa, ma la vita intera; mentre chi si dona trova il senso della vita e vince.
Dunque c’è da scegliere: amore o egoismo. L’egoista pensa a curare la propria vita e si attacca alle cose, ai soldi, al potere, al piacere. Allora il diavolo ha le porte aperte. Il diavolo “entra dalle tasche”, se tu sei attaccato ai soldi. Il diavolo fa credere che va tutto bene ma in realtà il cuore si anestetizza con l’egoismo. L’egoismo è un’anestesia molto potente. Questa via finisce sempre male: alla fine si resta soli, col vuoto dentro. La fine degli egoisti è triste: vuoti, soli, circondati solo da coloro che vogliono ereditare. È come il chicco di grano del Vangelo: se resta chiuso in sé rimane sotto terra solo. Se invece si apre e muore, porta frutto in superficie.
Ma voi potreste dirmi: donarsi, vivere per Dio e per gli altri è una grande fatica per nulla, il mondo non gira così: per andare avanti non servono chicchi di grano, servono soldi e potere. Ma è una grande illusione: il denaro e il potere non liberano l’uomo, lo rendono schiavo. Vedete: Dio non esercita il potere per risolvere i mali nostri e del mondo. La sua via è sempre quella dell’amore umile: solo l’amore libera dentro, dà pace e gioia. Per questo il vero potere, il potere secondo Dio, è il servizio. Lo dice Gesù. E la voce più forte non è quella di chi grida di più. La voce più forte è la preghiera. E il successo più grande non è la propria fama, come il pavone, no. La gloria più grande, il successo più grande è la propria testimonianza.
Cari fratelli e sorelle, oggi siamo chiamati a scegliere da che parte stare: vivere per sé – con la mano chiusa [fa il gesto] – o donare la vita – la mano aperta [fa il gesto]. Solo dando la vita si sconfigge il male. Un prezzo alto, ma solo così [si sconfigge il male]. Don Pino lo insegna: non viveva per farsi vedere, non viveva di appelli anti-mafia, e nemmeno si accontentava di non far nulla di male, ma seminava il bene, tanto bene. La sua sembrava una logica perdente, mentre pareva vincente la logica del portafoglio. Ma padre Pino aveva ragione: la logica del dio-denaro è sempre perdente. Guardiamoci dentro. Avere spinge sempre a volere: ho una cosa e subito ne voglio un’altra, e poi un’altra ancora e sempre di più, senza fine. Più hai, più vuoi: è una brutta dipendenza. È una brutta dipendenza. È come una droga. Chi si gonfia di cose scoppia. Chi ama, invece, ritrova se stesso e scopre quanto è bello aiutare, quanto è bello servire; trova la gioia dentro e il sorriso fuori, come è stato per don Pino.
Venticinque anni fa come oggi, quando morì nel giorno del suo compleanno, coronò la sua vittoria col sorriso, con quel sorriso che non fece dormire di notte il suo uccisore, il quale disse: «c’era una specie di luce in quel sorriso». Padre Pino era inerme, ma il suo sorriso trasmetteva la forza di Dio: non un bagliore accecante, ma una luce gentile che scava dentro e rischiara il cuore. È la luce dell’amore, del dono, del servizio. Abbiamo bisogno di tanti preti del sorriso. Abbiamo bisogno di cristiani del sorriso, non perché prendono le cose alla leggera, ma perché sono ricchi soltanto della gioia di Dio, perché credono nell’amore e vivono per servire. È dando la vita che si trova la gioia, perché c’è più gioia nel dare che nel ricevere (cfr At 20,35). Allora vorrei chiedervi: volete vivere anche voi così? Volete dare la vita, senza aspettare che gli altri facciano il primo passo? Volete fare il bene senza aspettare il contraccambio, senza attendere che il mondo diventi migliore? Cari fratelli e sorelle, volete rischiare su questa strada, rischiare per il Signore?
Don Pino, lui sì, lui sapeva che rischiava, ma sapeva soprattutto che il pericolo vero nella vita è non rischiare, è vivacchiare tra comodità, mezzucci e scorciatoie. Dio ci liberi dal vivere al ribasso, accontentandoci di mezze verità. Le mezze verità non saziano il cuore, non fanno del bene. Dio ci liberi da una vita piccola, che gira attorno ai “piccioli”. Ci liberi dal pensare che tutto va bene se a me va bene, e l’altro si arrangi. Ci liberi dal crederci giusti se non facciamo nulla per contrastare l’ingiustizia. Chi non fa nulla per contrastare l’ingiustizia non è un uomo o una donna giusto. Ci liberi dal crederci buoni solo perché non facciamo nulla di male. “È cosa buona – diceva un santo – non fare il male. Ma è cosa brutta non fare il bene” [S. Alberto Hurtado]. Signore, donaci il desiderio di fare il bene; di cercare la verità detestando la falsità; di scegliere il sacrificio, non la pigrizia; l’amore, non l’odio; il perdono, non la vendetta.
Agli altri la vita si dà, agli altri la vita si dà, non si toglie. Non si può credere in Dio e odiare il fratello, togliere la vita con l’odio. Lo ricorda la prima lettura: «se uno dice: “Io amo Dio” e odia suo fratello è un bugiardo» (1 Gv 4,20). Un bugiardo, perché sbugiarda la fede che dice di avere, la fede che professa Dio-amore. Dio-amore ripudia ogni violenza e ama tutti gli uomini. Perciò la parola odio va cancellata dalla vita cristiana; perciò non si può credere in Dio e sopraffare il fratello. Non si può credere in Dio ed essere mafiosi. Chi è mafioso non vive da cristiano, perché bestemmia con la vita il nome di Dio-amore. Oggi abbiamo bisogno di uomini e di donne di amore, non di uomini e donne di onore; di servizio, non di sopraffazione. Abbiamo bisogno di camminare insieme, non di rincorrere il potere. Se la litania mafiosa è: “Tu non sai chi sono io”, quella cristiana è: “Io ho bisogno di te”. Se la minaccia mafiosa è: “Tu me la pagherai”, la preghiera cristiana è: “Signore, aiutami ad amare”. Perciò ai mafiosi dico: cambiate, fratelli e sorelle! Smettete di pensare a voi stessi e ai vostri soldi. Tu sai, voi sapete, che “il sudario non ha tasche”. Voi non potrete portare niente con voi. Convertitevi al vero Dio di Gesù Cristo, cari fratelli e sorelle! Io dico a voi, mafiosi: se non fate questo, la vostra stessa vita andrà persa e sarà la peggiore delle sconfitte.
Il Vangelo oggi termina con l’invito di Gesù: «Se uno mi vuole servire, mi segua» (v. 26). Mi segua, cioè si metta in cammino. Non si può seguire Gesù con le idee, bisogna darsi da fare. «Se ognuno fa qualcosa, si può fare molto», ripeteva don Pino. Quanti di noi mettono in pratica queste parole? Oggi, davanti a lui domandiamoci: che cosa posso fare io? Che cosa posso fare per gli altri, per la Chiesa, per la società? Non aspettare che la Chiesa faccia qualcosa per te, comincia tu. Non aspettare che la società lo faccia, inizia tu! Non pensare a te stesso, non fuggire dalla tua responsabilità, scegli l’amore! Senti la vita della tua gente che ha bisogno, ascolta il tuo popolo. Abbiate paura della sordità di non ascoltare il vostro popolo. Questo è l’unico populismo possibile: ascoltare il tuo popolo, l’unico “populismo cristiano”: sentire e servire il popolo, senza gridare, accusare e suscitare contese.
Così ha fatto padre Pino, povero fra i poveri della sua terra. Nella sua stanza la sedia dove studiava era rotta. Ma la sedia non era il centro della vita, perché non stava seduto a riposare, ma viveva in cammino per amare. Ecco la mentalità vincente. Ecco la vittoria della fede, che nasce dal dono quotidiano di sé. Ecco la vittoria della fede, che porta il sorriso di Dio sulle strade del mondo. Ecco la vittoria della fede, che nasce dallo scandalo del martirio. «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13). Queste parole di Gesù, scritte sulla tomba di don Puglisi, ricordano a tutti che dare la vita è stato il segreto della sua vittoria, il segreto di una vita bella. Oggi, cari fratelli e sorelle, scegliamo anche noi una vita bella. Così sia. ”
Nel pomeriggio la vista al quartiere Brancaccio a rendere omaggio a “ Don Pino “ trucidato dalla mafia.
Silenzio e preghiera hanno rotto il gioioso rumore degli applausi che la gente gli tributava. Nel luogo dell’omicidio ha deposto un cuscino di rose rosse consegnato da una ragazza disabile.
In cattedrale l’incontro col clero
“Accompagnare. È la chiave di volta dell’essere pastori oggi”. “C’è bisogno di ministri che incarnino la vicinanza del Buon Pastore, di preti che siano icone viventi di prossimità … Poveri di beni e di proclami, ricchi di relazione e di comprensione”. Richiamando Don Pino ha detto “più che parlare di giovani, parlava coi giovani. Stare con loro, seguirli, far scaturire insieme a loro le domande più vere e le risposte più belle. È una missione che nasce dalla pazienza, dall’ascolto accogliente, dall’avere un cuore di padre e mai di padrone. La pastorale va fatta così, con pazienza e dedizione, per Cristo a tempo pieno … Don Pino strappava dal disagio semplicemente facendo il prete con cuore di Pastore .. Impariamo da lui a rifiutare ogni spiritualità disincarnata e a sporcarci le mani coi problemi della gente. Andiamo incontro alle persone con la semplicità di chi le vuole amare con Gesù nel cuore, senza progetti faraonici, senza cavalcare le mode del momento. La via dell’incontro, dell’ascolto, della condivisione è la via della Chiesa”.
Poi il messaggio alle comunità parrocchiali: “Crescere insieme in parrocchia, seguire i percorsi dei giovani a scuola, accompagnare da vicino le vocazioni, le famiglie, gli ammalati; creare luoghi di incontro dove pregare, riflettere, giocare, trascorrere del tempo in modo sano e imparare a essere buoni cristiani e onesti cittadini. Questa è una pastorale che genera, e che rigenera il prete stesso”. Alle religiose “la vostra missione è grande, perché la Chiesa è madre e il suo modo di accompagnare sempre deve sempre avere un tratto materno”.
A conclusione della vista l’atteso incontro a Piazza politeama.
“Sono contento di incontrarvi al culmine di questa giornata stancante ma bella. Grazie palermitani. Dio crede in voi, più di quanto voi crediate in voi stessi. Dio vi ama più di quanto voi amiate. Lui vi aspetta. Fate gruppo, fatevi amici, fate camminate e incontri, fate Chiesa così, camminando. Il Vangelo è scuola di vita. Gesù ha detto: cercate e troverete. Ma dove cercare? Non sul telefonino, lì le chiamate del Signore non arrivano. Né in televisione: il Signore non possiede nessuna televisione. Né nello sballo, né davanti allo specchio, dove restando soli, rischiate di rimanere delusi da quello che siete. Quell’amarezza che ti porta alla tristezza, no… in cammino, sempre in cammino. Non cercate il Signore nella vostra stanzetta, pensando al passato. Dio parla nella relazione con gli altri … “Gesù ci chiama a prendere il largo. Gesù non vuole che rimani in panchina, ti invita a scendere in campo. Non ti vuole dietro le quinte a spiare gli altri. Mettiti in gioco. Tutti ne abbiamo fatte tante… perdere la faccia non è il dramma della vita. Il dramma è non metterci la faccia. Meglio cavalcare i sogni belli con qualche figuraccia, che diventare i pensionati del quieto vivere. Meglio buoni idealisti che pigri realisti. Meglio Don Chisciotte che Sancho Panza … : “Sognate in grande, perché nei grandi sogni troverai tante parole del Signore. Voi siete un popolo frutto dell’incontro tra popoli e culture. La fede si fonda sull’incontro. Dio vuole che ci salviamo insieme, non da soli. Che ci salviamo come popolo. Voi siete un popolo con una identità grande. E dovete essere aperti ai popoli che come in passato vengono da voi. Quel lavoro di accoglienza e di rispettare la dignità degli altri non sono buoni propositi di gente educata, ma i presupposti dell’essere cristiano. Chi non è solidale non è un cristiano. Dovete essere uomini e donne di incontro in un mondo di scontri…
A conclusione l’ultimo monito alla mafia: “Per essere costruttori di futuro vanno anche detti dei no: no al muro dell’omertà, un ‘ecomostro’ che va demolito per edificare un avvenire abitabile. No alla mentalità mafiosa, all’illegalità e alla logica del malaffare, veleni corrosivi della dignità umana. No ad ogni violenza: chi usa violenza non è umano“.
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