Lettura continua del libro ” Pregare la Parola” ( Secondo Capitolo)
II° CAPITOLO : “La Parola di Dio “
VII GIORNO
Nella vita spirituale la Scrittura, che contiene la parola di Dio, non può mai essere intesa come un’esposizione ideologica, ne può essere ridotta a un libro cui si ispirano solo la teologia e la catechesi.
La Scrittura è un messaggio di Dio all’uomo, a ogni uomo, è un appello rivolto alla persona affinché conosca Dio personalmente, s’incontri con il Cristo e viva per lui e non più per se stessa.
Ecco, perché la Scrittura ci consegni la Parola di Dio, va penetrata attraverso l’intervento dello Spirito santo, va letta e accostata nella fede come Parola che viene da Dio e a Dio conduce.
Se, nonostante i progressi degli studi biblici e la loro divulgazione a larghi strati del popolo cristiano, noi oggi dobbiamo confessare una sterilità della Parola, è proprio perché ci accostiamo a essa in un modo più intellettuale che sapienziale, più speculativo che conoscitivo, più meditativo che orante.
Nel nostro accostarci alla Scrittura non dobbiamo infatti cercare la manifestazione di un’idea o una crescita di conoscenza, ma un impegno tra noi e Dio, tra Colui che ci parla e noi che ascoltiamo; dobbiamo cioè accostarci per stipulare un’alleanza.
La Parola di Dio e parola di vita, cioè mezzo di vita in Dio.
Senza di essa noi non arriveremmo mai a essere portatori della vita di Cristo in noi, non giungeremmo mai a vivere della stessa vita trinitaria divina. IL senso etimologico di «parola» (dabar, in ebraico) indica il fondo delle cose, ciò che in esse e nascosto.
Parlare significa esprimere ciò che si trova nelle cose, rendere visibile e operante ciò che è dietro a esse, come la loro più profonda realtà dinamica, la loro vocazione.
Quando Dio parla, crea le cose, le fa emergere; quando Dio da un nome alle cose (cf. Gen 1.5,8), le domina, estende su di esse la sua potenza, le porta alla realizzazione della loro propria vocazione, perché la sua Parola è efficace e non torna indietro senza aver destato effetto (Is 55.10-11 e Gen 1.1-31).
In questa visione ebraica, così diversa dalla nostra concezione usuale di derivazione culturale greca, la Parola è sempre efficace, e potente e non si oppone all’azione, anzi congloba in se l’azione, come un suo elemento costitutivo.
Ecco dunque ciò che ritroviamo nella Scrittura: non un trattato sulla vita, sull’uomo e sulla storia, ma la realtà profonda di tutto questo, la potenza sovrana di Dio che èesercitata e sta in questa realtà.
La Parola di Dio non è un libro o una collezione di scritti, ma un seme (Mt 13.19), qualcosa che contiene la vita in se (Dt 32.47) e che sviluppa questa vita fino a creare il grande albero del Regno.
Germoglia dunque nella storia come nella vita personale di ogni uomo, cresce riempiendo la realtà di una nuova presenza, santifica perchè nutre e da il cibo a quanti la ricevono, e illumina (Sal 119.105) perchè svela il segreto delle cose conferendo sapienza anche ai semplici (Sal 119.130 portando le cose stesse al loro compimento ultimo ( cf. Gv 17.17; At 19.20; Eb 4.12; 1Pt 1.23; Lc 8.11; Mc 4.13-20,26-32 )
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VIII GIORNO
Per mezzo della Parola Dio ha creato ogni cosa: essa era accanto a Dio già prima della creazione e nella creazione era con lui quale architetto (Pr 8.30), infondendo la propria forza nelle creature venute all’esistenza e apponendovi il proprio sigillo.
Essa è uno strumento di Dio che, gettato su Giacobbe (cf. Is 9.7) o nel mondo (Sal 147.15), corre veloce e trasforma la storia umana in storia di salvezza (Sal 19.5; Rm 10.18; 2Ts 3.1).
E per questo che la Parola di Dio riempie l’universo: perché volontà inscritta in ogni cosa, perché fonte unica di tutto ciò che vive.
Nella Parola di Dio siamo venuti all’esistenza, viviamo, ci muoviamo e siamo (cf. At 17.28), perché essa guida ogni cosa ed emerge in ogni cosa; e se noi sentiamo la sua voce e rimuoviamo il velo, scopriamo la vera e profonda realtà e ci troviamo improvvisamente di fronte all’autore delle cose che comunica con noi perfino nella cena (cf. Ap 3.20), in questo gesto così universale del cibarsi.
E questo avviene non solo per una profonda vocazione delle cose nell’ordine della creazione, ma anche perché la Parola di Dio si è resa presente tra di noi, visibile in Gesù Cristo. Infatti questa Parola, questa sapienza divina ha iniziato fin dalla creazione del mondo un processo di concentrazione fino a farsi carne, fino a diventare un uomo che porta i nome di Gesù.
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IX GIORNO
La Parola era universale, ma si concentrò nella rivelazione ad Abramo, Isacco, Giacobbe, nella rivelazione giudaica.
Era celeste, ma venne a posarsi in una città, Gerusalemme, prendendo dimora tra gli uomini (cf. Sir 24.1-12). Diventò vicina a noi, sulla nostra bocca e nel nostro cuore, affinché la potessimo mettere in pratica (Dt 30.14).
Era eterna, ma si fece temporale in Gesù, uomo come noi: “il Verbo si fece carne e abitò ta noi ( Gv 1,14), “ il Verbo uscì dal silenzio, dal nascondimento, e venne tra noi”, come dice Ignazio da Antiochia.
La parola dunque porta un nome, è diventata una persona, lo specchio di Dio, l’immagine del Dio invisibile ( Sap 7.26; Col 1,15. “ non vi è più nulla nelle scritture che non faccia risuonare il Cristo “, afferma Agostino.
Non solo, ma come non si può incontrare Dio se non nel Figlio (Mt 11.27), allo stesso modo non si può accogliere oggi una parola di Dio se non nella Parola rivelata agli uomini da Abramo fino al Veggente dell’Apocalisse e testimoniata nella scrittura.
Nella Scrittura infatti noi riceviamo il Cristo come lo riceviamo nell’Eucaristia, perche la Scrittura non solo rende testimonianza di lui, ma trova in lui il suo compimento e la sua realizzazione. Questo e quanto intuiva chiaramente Girolamo quando diceva: «Noi mangiamo la cane e beviamo il sangue di Cristo nell’Eucaristia, ma anche nella lettura delle Scritture» e quando proclamava: «Io ritengo l’Evangelo corpo di Cristo». Per questo ci «dobbiamo accostare alle Scritture come alla carne di Cristo!»
Questa incarnazione della Parola di Dio nella parola umana — diventata totale in Gesù Cristo — e la stessa che si ritrova a tutti i livelli dell’economia della salvezza, e la stessa che ritroviamo in tutti i libri della prima e della nuova alleanza. In definitiva, unica e onnicomprensiva e la Parola attualmente esistente: il Cristo.
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IX GIORNO
Paolo (2Cor 1.19 s.) afferma che in Cristo tutte le promesse hanno ricevuto il loro «si», il loro avveramento. II Dio che aveva parlato molte volte e in diverse maniere (Eb 1.1-2) è colui che ci ha parlato negli ultimi tempi in modo definitivo in Cristo. Ireneo di Lione con ragione diceva che il Cristo “ ricapitolò” in se stesso la lunga storia degli uomini, procurandoci in compendio la salvezza».
Aprendo dunque le pagine sia dell’Antico che del Nuovo Testamento, noi ci troviamo di fronte a un libro solo, «e quel libro unico è Cristo, perché ogni Scrittura divina ci parla di Cristo e ogni Scrittura in Cristo si e compiuta».
Leggendo le Scritture con questo criterio unificante noi siamo coloro che tolgono il velo dal proprio volto (2Cor 3.12 ss.) e sanno scorgere il Cristo in esse.
Nicola Cabasilas parla della Scrittura come della «rappresentazione di Cristo», e questo significa che essa fa parlare Cristo da se e ci impegna a saziarci occhi e cuore della sua presenza.
Solo se sappiamo passare dalla parola scritta alla «parola sostanziale», secondo Nicodemo 1’Agiorita, noi raggiungiamo il vero fine per cui la Scrittura e stata data alla chiesa.
La lectio divina consiste dunque nel cercare il Cristo: «lui che io cerco nei libri»”, scrive Agostino; significa consumare misteriosamente la Parola spezzata, afferma Origene; significa consumare l’agnello Pasquale, dice Gregorio di Nazianzo.
È lettura sacra e divina. Ma certamente la traduzione impoverisce il termine. È più che lettura, termine per noi troppo superficiale; è meno di studio, termine troppo intellettuale; è diverso da meditazione, termine troppo pietistico e volontaristico. Noi preferiremo dunque in queste pagine mantenere il termine lectio divina o tradurlo con «Parola pregata» o «pregare la Parola».
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