V Domenica di Pasqua – “… Che vi amiate gli uni gli altri” – È questo un comandamento e non una scelta nostra: l’iniziativa è di Dio.
Nella PRIMA LETTURA Paolo e Barnaba ci mostrano come fondano una comunità e come ne avviano la vita. Essi, «dopo aver pregato e digiunato, li affidarono al Signore». … Niente consultazioni, niente progetti preventivi, niente accordi. Piuttosto gesti che, se non escludono l’impegno pastorale e apostolico, non riducono però la vita comunitaria a strategie pastorali più o meno accorte. Preghiera, digiuno, rimettere nelle mani del Signore la sorte dei fratelli: questi i tre gesti che assicurano la novità che Gesù Risorto vuole portare nella vita dei suoi. ( N. Galantino)
In queste domeniche di Pasqua la SECONDA LETTURA ci ha fatto incontrare con alcuni brani dell’Apocalisse di S. Giovanni Apostolo. Oggi la parte finale dedicata alla descrizione della Gerusalemme celeste… Il nuovo ordine di cose, instaurato dalla morte e risurrezione di Cristo,
La croce ha messo fuori gioco l’universo spirituale costituito dalla ribellione a Dio, permettendo la nascita di un ordine nuovo e di un nuovo universo di valori. La nuova Gerusalemme, simbolo del nuovo ordine di grazia e di misericordia instaurato da Dio ..discende dal cielo perché il nuovo ordine è puramente gratuito, non è opera di uomini, bensì di Dio che lo fa e lo dona.
La nuova Gerusalemme è chiamata la tenda di Dio con gli uomini. Tutta Gerusalemme, la Chiesa, è la tenda santa perché non vi è più nulla d’impuro e in essa Dio si attenda con gli uomini. Divenendo la tenda di Dio, cioè partecipi della natura divina (2Pt 1,4), i popoli non piangeranno più perché Dio astergerà ogni lacrima dai loro occhi. Penetrati dalla presenza di Dio, anziché scaturire la fonte delle lacrime, zampillerà da loro lo Spirito Santo, che li trascinerà nei canti di gioia per la vittoria sui loro nemici. La nuova Gerusalemme è una città ed è pure una sposa adorna per il suo sposo, pronta per le nozze, bellissima, così come la sposa di cui parlava Ezechiele al capitolo 16, 8ss
La voce grande, che esce dal trono, segna il passaggio alla nuova era. Essa rivela il decreto di Dio a tutta la creazione sia invisibile che visibile, ricapitolata in Cristo.
Anche in questa domenica nel VANGELO si parla di amore…di questa parola usata e abusata che oggi indica un mondo, un universo. L’ascoltatore attento della parola di queste domeniche potrebbe davvero esplodere in un’esclamazione di questo tipo: “Ora basta”.
… Se noi concepiamo l’amore come un processo umano che ha dei percorsi preferenziali, a tappe, che però ad un certo punto finiscono, sbagliamo. Forse l’amore umano è così. Quello di Dio e quello di cui parla Gesù in questo come in altri brani è diverso. È l’agape, l’amore che sa amare come Dio ama. Lo stesso amore con cui il Padre ama il Figlio. E non ce n’è uno più grande, perché quella è la fonte e insieme la misura di ogni amore.
Noi non abbiamo nessuna idea di come possa amare Dio: ne abbiamo una traccia importante solo in Gesù Cristo e in come lui parla del Padre. L’amore del Padre è come quello del Figlio per noi, e quello del Figlio è di chi dà la vita per i suoi amici. Questo è l’amore più grande.
Se avevamo bisogno di avere un limite, un paletto, eccolo: dare la vita per chi si ama è l’amore più grande. E dare la vita non significa solo morire o darla in modo cruento. Dare la vita significa spendersi ogni giorno. ….
Questo Vangelo risulta veramente duro e forte…ma chi ci dice queste parola è Uno che ha realizzato quello che ci ordina. Perché questo è un comandamento: non si può scegliere. …
Questo è l’unico comandamento che permette di rimanere in Lui e di rimanere nella amicizia con Lui. Amicizia: altra parola che oggi ha perso il suo significato, forse anche più di amore. Indica le realtà più diverse e di segno diverso. L’amicizia di cui parla Gesù è speciale: l’amico (filos) si distingue dal servo-schiavo (dulos) perché è messo a parte di ciò che è più caro al suo padrone-amico. Gesù trasmette ai suoi amici quello che ha udito dal Padre … e li attira dentro questa sfera di familiarità e di confidenza col Padre. Al discepolo che ascolta questa parola, a noi resta l’appello di un amore “come”, di cui abbiamo un modello, un amore che dà la vita ma sa anche, in forza di questo, entrare in una sfera intima di alleanza e di vicinanza con Dio. E tutto questo solo grazia a Gesù Cristo.
È un comandamento e non è stata una scelta nostra: l’iniziativa è di Dio, a noi spetta come sempre rispondere o no. E rispondere amandoci. Il difficile, a volte impossibile parte dal di dentro: nel nostro intimo ci sono spazi infiniti, vastissimi, che noi, come in un gioco di bimbi, possiamo riempire di amore o di odio, di luce o di buio, di speranza o di disillusa disperazione. Per noi discepoli del Signore c’è un’unica risposta. ( Rita Lai )
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