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XXVII Domenica del T.O. – La gioia di essere venuti al mondo con Gesù per essere servi inutili!

Nelle prime parole della PRIMA LETTURA, la  proclamazione della “crisi” della Parola e della storia.   

Tu, o Signore, mi fai vedere il trionfo dei violenti, mi parli della condanna dei violenti, mi dici che i potenti saranno deposti dai troni e invece ci sono ancora.    

La fede passa attraverso lo scandalo – non accanto, sopra, sotto – ma attraverso lo scandalo. Questo scandalo lo viviamo anche noi oggi, anzi più complicato.

Non possiamo dire che i credenti sono dalla parte della non violenza mentre i cattivi sono i violenti. Non sappiamo dove sono  le meccaniche della violenza. A volte pare siano nei luoghi sacri, anche. Non possiamo scansare lo scandalo.  ABITARE DENTRO LO SCANDALO SIGNIFICA ABITARE NEL LUOGO IN CUI DIO CI HA DATO APPUNTAMENTO.   

la Parola è contraddizione radicale di quello che la mente e le parole degli uomini affermano e che le evidenze gridano. Il suo compimento è evidentemente certo. La fede è porre in tensione il cuore e la vita con la Parola, sfidando il tempo e le sue menzogne.

 

Nella SECONDA LETTURA Paolo parla in carcere e dice a Timoteo: «Dio non ci ha dato uno spirito di timidezza ma di forza ». Lo dice con le catene. I maestri della fede sono in catene. Non sono dalla parte dove si fabbricano le catene.

Egli, Paolo, ha portato il messaggio di un mondo non violento essendo in catene. Perché è in catene? Non per incidenti strani ma per logica oggettiva, perché il messaggio cristiano, se non compromesso con la logica del potere, è un messaggio totalmente alternativo a quello della violenza. La violenza non è solo quella che insanguina le piazze. Oggi lo sappiamo meglio di ieri. È quella che si organizza a volte nascostamente dietro le ombre della legalità. (E. Balducci  da: “Il mano e il fuoco”  – vol. 3)

 

Nella prima parte del  VANGELO di questa domenica, in continuità con la prima lettura, alcune precisazioni sulla fede.

Ai discepoli che invocano di “ accrescere la fede”  Gesù sottolinea che  la fede non può essere accresciuta, non può essere data perché la fede non viene data da Dio. La fede non è un dono che Dio dà ad alcuni in grande misura, ad altri meno, ed ad altri per niente. La fede è la risposta degli uomini al dono d’amore che Dio fa a tutta l’umanità.

Per cui accrescere o no non dipende da Dio, ma dipende dalla risposta dell’uomo.  La fede non è un concetto di ordine intellettuale…si tratta di aderire al Signore, di legarsi a lui, di mettere fiducia in lui fino ad abbandonarsi a lui in un rapporto vitale, personalissimo. …. la fede, anche piccola, se è reale adesione a lui, è sufficiente per nutrire la relazione con Lui e accogliere la salvezza….

 

Nella parte finale del vangelo la parabola del servo dove  risalta l’aggettivo inutile  che letteralmente significa “senza alcuna utilità“, qualcuno che non serve a niente. Gesù certamente non vuole indurre un atteggiamento depressivo, proprio di chi, abbassando la testa, ammette di non valere niente. Il messaggio, in poche parole lo possiamo  dire così: siamo servi inutili, inadeguati, e perciò liberi e sciolti nel presente, umili e grati per il passato, capaci di gratuità per il futuro. …  Questa libertà e scioltezza ci rende umili e modesti, disponibili a fare quanto sta in noi, a riconoscere quanto ci sta ancora davanti, ad ascoltare e a collaborare con semplicità e senza pretese.  La pagina evangelica del servo inutile esprime quindi il primato della grazia: tutto ci viene da Cristo, “tutto è Cristo per noi” …. e, per quanto noi facciamo e ci sforziamo, il Signore è sempre più grande e la sua misericordia è sempre vincente.  … noi non siamo e non saremo mai all’altezza delle situazioni storiche; se qualcosa di buono compiamo, è dono di Dio.  Il sentirci perciò inadeguati ci dà gioia e fiducia, non smarrimento; ci fa proclamare il primato di Dio.  Siamo consapevoli del fatto che non sta a noi salvare il mondo e non dobbiamo caricarci tutto il peso del mondo sulle nostre spalle. Solo Dio salva e dà pace.  (C.M. Martini )

 

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Inizia oggi il Sinodo dell’Ammazonia.

«Mettiamoci tutti insieme a camminare e a costruire nuovi cammini». L’inno ancestrale del popolo brasiliano dei Sateré-Mawé ha risuonato ieri sera nella chiesa di Santa Maria in Transpontina, dove in migliaia di sono ritrovati per accompagnare con la preghiera il Sinodo che si è aperto oggi, domenica 6 ottobre, con la Messa a San Pietro.

Nell’omelia il Papa ha affidato il Sinodo per l’Amazzonia all’apostolo Paolo  e rivolgendosi ai vescovi ha detto “Siamo vescovi perché abbiamo ricevuto un dono di Dio .. Non abbiamo firmato un accordo, non abbiamo ricevuto un contratto di lavoro in mano, ma mani sul capo, per essere a nostra volta mani alzate che intercedono presso il Signore e mani protese verso i fratelli. Abbiamo ricevuto un dono per essere doni. Un dono non si compra, non si scambia e non si vende: si riceve e si regala ..Se ce ne appropriamo, se mettiamo noi al centro e non lasciamo al centro il dono, da Pastori diventiamo funzionari  ..Facciamo del dono una funzione e sparisce la gratuità, e così finiamo per servire noi stessi e servirci della Chiesa … La nostra vita, invece, per il dono ricevuto, è per servire  da servi senza utile  .. senza darci da fare per raggiungere un utile, un guadagno nostro, ma perché gratuitamente  abbiamo ricevuto e gratuitamente diamo”

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