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XXXIII Domenica del T.O. – Nulla potrà separarci dall’amore di Cristo … neppure un capello del nostro capo andrà perduto … Dio nasce nelle cose vive non nei templi morti!

Nella PRIMA LETTURA, il giorno “che sta per venire”, quello che noi ogni giorno accogliamo e salutiamo come giorno della salvezza, segna la fine del peccatore e la nascita dell’uomo nuovo, secondo Dio, principio della nuova creazione.

La descrizione di questo giorno sembra collegarlo strettamente al fuoco dello Spirito e al “sole di giustizia” che sorge. Sono tutte parole che appunto evocano quella “morte del peccatore e risurrezione in noi del verbo incarnato” che è il volto pasquale della vita nuova.  ( G. Nicolini )

Nella SECONDA LETTURA  Paolo si propone come esempio,  ricordando come egli stesso non sia stato “disordinato in mezzo a voi“, e abbia voluto mantenersi con il suo lavoro, rinunciando a quello che il suo compito apostolico gli concedeva, proprio per essere di esempio ai suoi fratelli … ai quali  ingiunge di condurre una vita ordinata e regolata da un lavoro condotto in quieta fedeltà.  ( G. Nicolini)

Il VANGELO  di oggi ci presenta due immagini apparentemente contrastanti: una, carica di violenza (guerre, terremoti, tradimenti); l’altra rassicurante ( «neppure un capello del vostro capo andrà perduto»).

La prima immagine è uno sguardo molto realistico sulla storia, spesso fatta di violenza, in tutte le sue forme, che distrugge non solo le cose, ma anche e soprattutto le persone. 

  La seconda immagine – racchiusa nella rassicurazione di Gesù – ci dice quale atteggiamento deve avere il cristiano nel vivere questa storia, caratterizzata da violenza, ma anche da gesti di grande generosità; da arroganza, ma anche da atteggiamenti di forte solidarietà. ( N. Galantino )

Nella prima parte Gesù …. prende spunto dalle espressioni di ammirazione della gente per la bellezza del santuario e delle sue decorazioni (cfr v. 5) e dice : «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta»

 .. Lui però non vuole offendere il tempio, ma far capire, a loro e anche a noi oggi, che le costruzioni umane, anche le più sacre, sono passeggere e non bisogna riporre in esse la nostra sicurezza.  Quante presunte certezze nella nostra vita pensavamo fossero definitive e poi si sono rivelate effimere! D’altra parte, quanti problemi ci sembravano senza uscita e poi sono stati superati! ( Papa Francesco )

Dio nasce nelle cose vive non nei templi morti, non nelle statue, non nei crocifissi dove si è come calcificata la nostra cupidigia dell’assoluto.   Noi dobbiamo vedere Dio nella freschezza fragile del mattino e quindi attorno a noi, nelle persone, nelle vicende familiari, nel bambino che nasce, in due che si amano, in due popoli che si incontrano, nelle dittature che cadono. Tutto questo è il Dio che nasce, il regno di Dio che viene.  ( Ernesto Balducci – da: “Gli ultimi tempi” vol. 3 )

Nessuna data, nessuna risposta precisa alle febbri apocalittiche sempre presenti nella storia, tra i credenti; nessuna immagine terroristica come segno, ma delle indicazioni affinché i credenti vadano in profondità, leggano i segni dei tempi e vivano con vigilanza il proprio oggi, mai dimenticando, ma al contrario, conservando la memoria della promessa del Signore e attendendo che tutto si compia.

Continuando nella lettura, Gesù mette in guardia di fronte a quelli che si presentano come detentori del Nome di Dio, raccomandando di non seguirli.

Alla fine l’invito a essere testimoni del suo Amore anche col martirio che « non deve diventare terrore o confusione, bensì occasione per ritemprare la fiducia in Dio e la speranza nel suo Regno: la nostra sola paura dovrebbe essere quella di perdere la fede! .. Ma il discepolo sa che nulla potrà separarlo dall’amore di Cristo, né la persecuzione, né la prigione, né la morte (cf. Rm 8,35). Anzi, Gesù gli assicura che nell’ora del processo gli saranno date parola e sapienza per resistere ai persecutori, che non potranno contraddirlo.

[…] Questa pagina evangelica non parla della fine del mondo, ma del nostro qui e ora, del tempo che precede la fine: la nostra vita quotidiana è il tempo della difficile eppure beata (cf. Gc 5,11)  e salvifica perseveranza ( E. Bianchi )»

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