V Domenica del T.O. – La Croce del Signore è insieme punto di contatto col Dio che non conosciamo e punto di contatto con l’uomo nel suo radicale isolamento, nella sua estraneità storica
In ogni comunità si registrano situazioni di contraddizione alla parola di Dio. Sono ore di oscurità, di nebbia. Continuano le liturgie, si mantengono vive le istituzioni, ma non c’è più autentica missione verso il mondo né sapore nella vita dei credenti. Il profeta Isaia nella PRIMA LETTURA intravede una tale situazione e allora richiama tutti a tornare alla concreta obbedienza alla volontà di Dio. C’è un digiuno, quello del condividere, dello spezzare il pane con il povero, che è più decisivo e autentico di quello dal cibo. C’è da fare misericordia ai bisognosi che è più importante delle liturgie al tempio. Se vi sarà questo comportamento, allora la comunità dei credenti brillerà di luce, riprenderà forza e convinzione, e sarà perciò missionaria nel mondo. ( E. Bianchi)
Nella SECONDA LETTURA …Quando Paolo dice che predica solo la Croce di Cristo vuol dire, implicitamente, che non ha altro annuncio da dare se non quello di una morte accettata per amore degli uomini e perpetrata dai potenti e dai sapienti di questo mondo. .. La crocifissione non è una monade mentale isolata della storia: è un punto nevralgico della storia della salvezza dove le forze in causa si discoperchiano e si dichiarano per tutti i secoli dei secoli. Sono stati i potenti e i sapienti che hanno crocifisso Gesù Cristo, sono loro che crocifiggono l’uomo. E se noi vogliamo trovare la via per l’accesso al mondo moderno attraverso i compromessi con questa cultura, facendo della croce di Cristo semplicemente un modello religioso per poter avallare e giustificare il mondo esistente, o magari le sue alternative rivoluzionarie, noi ancora vendiamo la stoltezza della Croce sul mercato della sapienza vigente, e compiamo un tradimento non solo verso Dio ma verso l’uomo.
[ Non possiamo restare spettatori dell’ingiustizia .. dobbiamo lottare da protagonisti] È una lotta che non si fa con le preghiere, si fa utilizzando gli strumenti necessari. Predicare dall’alto di una cattedra, per quanto sacra, la giustizia sociale è cosa da poco …. La Croce del Cristo non può, dunque, essere assunta come contestazione mistica degli sforzi umani … Non possiamo, con la Croce del Cristo, denigrare la speranza con cui gli uomini hanno lottato e sono morti per un mondo umano. Ma lo abbiamo fatto! … Finché ci sarà un « ultimo », ivi ci sarà piantata la Croce del Signore. La Croce del Signore è insieme punto di contatto col Dio che non conosciamo e punto di contatto con l’uomo nel suo radicale isolamento, nella sua estraneità storica. . ( Ernesto Balducci – Ernesto Balducci – da: “Il mandorlo e il fuoco” – vol. 1)
Nel VANGELO di oggi Gesù si rivolge ai discepoli qualificandoli “sale della terra” e “luce del mondo richiamandoli a una responsabilità che può essere disattesa rispetto a ciò che l’umanità ha il diritto di aspettarsi dai credenti. Vi è un compito che solo i discepoli di Gesù possono adempiere e a questo compito non possono sottrarsi, pena il loro divenire insignificanti, il loro perdere sapore, come sale divenuto insipido, e il loro perdere forza irraggiante, come luce che non illumina più. È importante sottolineare che le parole evangeliche sui discepoli “sale” e “luce” sono poste in bocca a Gesù e da lui rivolte a loro. È Gesù che dice: “Voi siete la luce”, non sono i discepoli che dicono: “Noi siamo la luce”. Questo sarebbe arroganza e e tradimento della qualità della luce che è Cristo (Mt 4,16; Lc 2,32; Gv 8,12) e che i discepoli possono soltanto riflettere vivendo lo spirito delle beatitudini.
Le due immagini, il sale e la luce, sono accomunate dalla possibilità del fallimento: il sale può divenire insipido, la lampada può non illuminare.
Il sale è simbolo di sapienza ..e il divenire insipido .. designa il divenire stolti [ le vergini stolte . . la casa costruita sulla sabbia etc…] … La sapienza, …non può essere ridotta a una dimensione intellettuale, ma integra i sensi e le emozioni come fattori di una intelligenza integrale di sé, degli altri e del reale. Ed è una sapienza che il cristiano vede illuminata e guidata dallo Spirito che ha animato il vivere di Gesù stesso. Quanto all’immagine della luce.. nel Nuovo Testamento è riferita al Messia Gesù e si applica anche ai suoi discepoli in quanto partecipi della sua vita. Non essi sono la fonte della luce. Essi la possono riflettere a misura della loro fede e del loro amore per Gesù. .. La sacramentalità della Chiesa si manifesta quando il suo agire e operare si riverbera sugli altri e li porta a riconoscere la fonte della luce, il Dio “padre delle luci” (Gc 1,17). La chiesa esprime tale sacramentalità quando la luce che essa ha ricevuto e accolto come dono dall’alto, la riflette e la spande sul mondo con la sua testimonianza, non tenendola gelosamente per sé, perché questo significherebbe spegnerla. (Tratto da L. Manicardi Comunità di Bose)
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