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IV DOMENICA DI QUARESIMA – Non basta ricevere la luce, occorre diventare luce.

Nella PRIMA LETTURA il racconto di quella che possiamo definire “l’elezione” di David per mano del profeta Samuele, ormai vecchio, al quale il Signore si rivolge domandandogli “Fino a quando piangerai … ? Riempi d’olio il tuo corno e parti. Ti mando da Iesse di Betlemme, perché mi sono scelto tra i suoi figli un re”.

Cessare il pianto e partire sono, dunque, le esortazioni che il Signore gli rivolge, e che preparano l’elezione di David e la sua unzione a nuovo re.

Scegliendo “ l’irrilevante e il più piccolo” della famiglia di Jesse,colui che non ha nulla da Vantare, il Signore spareggia le scelte degli uomini in un gesto assolutamente rivoluzionario e creativo posando la sua scelta sul più piccolo che non ha nulla da vantare né diritti di primogenitura, né prestanza fisica, né particolari doti intellettuali.

Quello che chiede Paolo agli Efesini,nella SECONDA LETTURA, è rivolto anche a noi: non lasciamoci trascinare in discussioni “vuote”. La vera contestazione degli errori e l’argomento “forte” del credente sono la sua stessa fede e la sua vita illuminata e guidata dalla Pasqua del Signore.

Quello che si deve capire è già tutto nella vita nuova del cristiano: “Un tempo eravate tenebre, ora siete luce nel Signore” (ver.8). Ai credenti dunque, una sola cosa è richiesta: “Comportatevi come figli della luce!” (ver.8).

Al centro della liturgia di questa quarta domenica di Quaresima c’è il tema della luce. Il VANGELO (cfr Gv 9,1-41) racconta l’episodio dell’uomo cieco dalla nascita, al quale Gesù dona la vista. Questo segno miracoloso è la conferma dell’affermazione di Gesù che dice di sé: «Sono la luce del mondo» (v. 5), la luce che rischiara le nostre tenebre. Così è Gesù.

Egli opera l’illuminazione a due livelli: uno fisico e uno spirituale: il cieco dapprima riceve la vista degli occhi e poi è condotto alla fede nel «Figlio dell’uomo» (v. 35), cioè in Gesù.

È tutto un percorso.

… I prodigi che Gesù compie non sono gesti spettacolari, ma hanno lo scopo di condurre alla fede attraverso un cammino di trasformazione interiore.
I dottori della legge si ostinano a non ammettere il miracolo, ma, tra la diffidenza e l’ostilità di quanti lo circondano [l’uomo cieco] compie un itinerario che lo porta gradualmente a scoprire l’identità di Colui che gli ha aperto gli occhi e a confessare la fede in Lui.
Il cieco risanato, che vede ormai sia con gli occhi del corpo sia con quelli dell’anima, è immagine di ogni battezzato, che immerso nella Grazia è stato strappato dalle tenebre e posto nella luce della fede. Ma non basta ricevere la luce, occorre diventare luce. Ognuno di noi è chiamato ad accogliere la luce divina per manifestarla con tutta la propria vita. I primi cristiani, i teologi dei primi secoli, dicevano che la comunità dei cristiani, cioè la Chiesa, è il “mistero della luna”, perché dava luce ma non era luce propria, era la luce che riceveva da Cristo. Anche noi dobbiamo essere “mistero della luna”: dare la luce ricevuta dal sole, che è Cristo, il Signore. Ce lo ricorda oggi San Paolo: «Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità» (Ef 5,8-9). Il seme di vita nuova posto in noi nel Battesimo è come scintilla di un fuoco, che purifica prima di tutto noi, bruciando il male che abbiamo nel cuore, e ci permette di brillare e illuminare. Con la luce di Gesù. ( Papa Francesco )

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