XXV DOMENICA DEL T.O. – La generosità del ” Padrone della Vigna” apparentemente ingiusta è, in realtà, una vera giustizia che si commisura sulle capacità dei singoli e sul loro impegno.
Nella PRIMA LETTURA la parola del Signore si rivolge agli esuli in Babilonia, allontanati dalla loro terra a causa dell’ira del Signore. Quando era il tempo della sua ira, il Signore non si faceva trovare perché si era allontanato; ora che è il tempo della misericordia, Egli è vicino. L’allontanamento e la presenza di Dio sono movimenti della libera iniziativa di Dio e nello stesso tempo sono movimenti della libera iniziativa dell’uomo, che si allontana e si avvicina a Dio.
Bisogna avere il cuore di Dio , pensare come Dio e camminare sulla strada di Dio per comprendere il comportamento di Dio . “I pensieri attorno a Dio sono grandi come il mare. Ti travolgono, ci affoghi dentro la testa e le braccia, senza toccare il fondo”. (Abram Terz Pensieri improvvisi Jaca Book)
SECONDA LETTURA Paolo rivela e comunica la realtà di una comunione con Dio luminosa e piena. Al punto che lo stacco e il passaggio tra la vita terrena, che Paolo esprime con i termini “vivere nella carne” e la condizione dopo la morte fisica che egli chiama “essere con Cristo” è talmente ridotto da provocare in lui la conclusione “non so davvero che cosa scegliere”: non perché stia a lui questa scelta, ma perché solo il Signore può stabilire tempi e modi di un passaggio che Paolo coglie e vive nella pace della sua piena comunione con Gesù Cristo, comunione che con la morte non può avere che “un guadagno” ulteriore
È comprensibile che si rimanga imbarazzati dall’evidente ingiustizia retributiva compiuta dal “padrone”, narrata nel VANGELO odierno. Ma tale sconcerto, che è lo stesso degli operai della prima ora, è previsto dal parabolista ed è intenzionale. Ciò che la parabola vuole dire è che nel Regno di Dio tutti quelli che accetteranno di “lavorarvi” – non importa da quando hanno cominciato – saranno tutti “primi”, riceveranno cioè il massimo in dono: il Regno di Dio in pienezza (a tutti “un denaro” intero e non una sua parte). I primi destinatari di questa verità squisitamente evangelica e scomodante sono coloro che pensano di avere dei meriti particolari, che si sentono migliori di altri, invidiosi se altri ricevono dei doni, fino a protestare contro il Donatore semplicemente perché Egli è buono.
Certo, Gesù non sta proponendo un modello di relazioni industriali o sindacali. La sua generosità apparentemente ingiusta è, in realtà, una vera giustizia che si commisura sulle capacità dei singoli e sul loro impegno. Con questa uguaglianza nel premiare uguali e diseguali il padrone integra in unità giustizia e amore.
Così si comporta Dio nella varietà delle vocazioni, come abbiamo già visto nella parabola degli invitati alle nozze, ove sono ammessi i chiamati dell’ultima ora, emarginati, peccatori, pagani. Tutti sono a tavola allo stesso livello dei primi chiamati; anzi, può accadere che quelli siano più generosi nell’accettare l’appello del Signore. Sono gli stessi che ora, nella nostra parabola, sono lì, un po’ appartati, con la loro moneta d’argento tra le mani, alla stessa maniera dei primi: essi sono felici di essere stati utili nella vigna del Signore con le loro modeste ma sincere capacità, con il loro limitato ma generoso impegno.
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