VI DOMENICA DEL T.O. – Il contatto è il vero linguaggio comunicativo, lo stesso linguaggio affettivo che ha trasmesso al lebbroso la guarigione.
La PRIMA LETTURA ci invita a riflettere che nel cammino di conversione sono presenti due protagonisti: il malato e colui che ha il potere di guarire. Nessuno dei due agisce in maniera autonoma imponendo condizioni all’altro. Ognuno dei due, nella massima libertà, deve però intraprendere un cammino: il malato ( il lebbroso), vincendo tutte le remore, deve riconoscersi malato (peccatore) e dichiarare il proprio peccato a colui che non può che essere misericordioso.
Di questi due protagonisti: la certezza della misericordia da parte di Dio, le remore del peccatore nel riconoscersi tale, e quindi disponibile ( attraverso un sincero ed autentico cambiamento) a ricevere misericordia. Il riconoscere il proprio peccato è salvezza per il peccatore e per la comunità che viene liberata dal pericolo del “contagio”.
Paolo nella SECONDA LETTURA sottolinea che, la carità verso l’altro ci chiede che nessuna deve “cercare il proprio interesse, ma quello degli altri”. La nostra libertà non deve essere occasione di scandalo, o di giudizio, o di peccato, per l’altro, perché in tal caso quello che mangeremmo “rendendo grazie” diventerebbe occasione per l’altro di un “rimprovero” dovuto al fatto che per lui mangiare quelle carni è infrazione di una norma. Così la libertà potrebbe diventare occasione di peccato! Ecco allora il primato della carità che in questo caso mi chiede di tenere conto non della mia coscienza, ma di quella dell’altro. Questo, Paolo lo qualifica come un fare tutto “per la gloria di Dio”. Dare gloria a Dio vuol dire testimoniare la sua infinità carità, quella che lo porta fino alla Croce. E questo è l’atteggiamento e il comportamento dell’Apostolo (ver.33), che chiede di essere imitato, come lui è imitatore di Cristo (ver.1 del cap.11). Questo ci ricorda tutte le contestazioni farisaiche nei confronti di Gesù che da parte sua mostra come in nome di norme create dagli uomini si violi la suprema norma dell’amore di Dio. ( G. Nicolini )
Nel VANGELO di oggi contempliamo Gesù che vuole “ patire con” perché ha un cuore che non si vergogna di avere compassione; compassione che Lo porta ad agire in concreto: a reintegrare l’ emarginato, rivoluzionando con forza quella mentalità chiusa nella paura e autolimitata dai pregiudizi. Gesù, nuovo Mosè, ha voluto guarire il lebbroso, l’ha voluto toccare, l’ha voluto reintegrare nella comunità, senza “autolimitarsi” nei pregiudizi. Alla supplica del lebbroso risponde senza indugio e senza i soliti rimandi .. Come allora, anche oggi accade, a volte, di trovarci nell’ incrocio di due logiche: quella dei dottori della legge, ossia emarginare il pericolo allontanando la persona contagiata, e la logica di Dio che, con la sua misericordia, abbraccia e accoglie reintegrando .. Queste due logiche percorrono tutta la storia della Chiesa: emarginare e reintegrare. …. La strada della Chiesa è quella di non condannare eternamente nessuno; di effondere la misericordia di Dio a tutte le persone che la chiedono con cuore sincero … Guarendo il lebbroso, Gesù non reca alcun danno a chi è sano, anzi lo libera dalla paura; non gli apporta un pericolo ma gli dona un fratello; non disprezza la Legge ma apprezza l’ uomo, per il quale Dio ha ispirato la Legge. Infatti, Gesù libera i sani dalla tentazione del “fratello maggiore” (cfr Lc15,11-32) e dal peso dell’ invidia e della mormorazione degli “operai che hanno sopportato il peso della giornata e il caldo” (cfr Mt 20,1-16). Di conseguenza: la carità non può essere neutra, asettica, indifferente, tiepida o imparziale! La carità contagia, appassiona, rischia e coinvolge! Perché la carità vera è sempre immeritata, incondizionata e gratuita! (cfr 1 Cor 13). La carità è creativa nel trovare il linguaggio giusto per comunicare con tutti coloro che vengono ritenuti inguaribili e quindi intoccabili. … E il contatto è il vero linguaggio comunicativo, lo stesso linguaggio affettivo che ha trasmesso al lebbroso la guarigione. Quante guarigioni possiamo compiere e trasmettere imparando questo linguaggio del contatto! Era un lebbroso ed è diventato annunciatore dell’amore di Dio. Dice il Vangelo: «Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto» (Mc 1,45). [Liberamente tratto dall’omelia pronunciata da papa Francesco concelebrando con i nuovi cardinali domenica 15 febbraio. 2015 ]
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