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XVI Domenica del T.O. – Al Signore stà a cuore " LA VITA BUONA" dei suoi discepoli.

pecolre senza pastore (Nel brano del Vangelo di Marco ) lo sguardo di Gesù è fisso sulla stanchezza dei suoi discepoli e sullo smarrimento della folla.
Queste due brevi ma intense annotazioni di Marco suggeriscono una prima considerazione: Gesù, pur avendo a cuore la folla, che sempre più numerosa si raccoglie intorno a lui per ascoltare la sua parola, non allontana lo sguardo dagli apostoli.
Al Signore sta a cuore la “vita buona” dei suoi discepoli, messa a dura prova dalla loro missione. […]. (Nunzio Galantino)
 [ Gesù, abbiamo visto domenica scorsa, li aveva mandati “a due a due … ordinando loro loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.” Ora li chiama “in disparte, voi soli, in un luogo deserto”]
Disparte’ è un termine tecnico adoperato dagli evangelisti – lo troviamo più volte non solo in Marco, ma anche negli altri autori del Vangelo – che indica sempre incomprensione o ostilità, o addirittura, opposizione a Gesù.
Quindi tutte quelle volte che Gesù prende i discepoli ‘in disparte’ è perché da parte dei discepoli c’è incomprensione, ostilità o opposizione al messaggio di Gesù.  … Gesù non li ha mai autorizzati ad insegnare.  ( A. Maggi )
 Il Signore chiama i suoi accanto a sé per concedere loro l’essenziale: sé stesso. «Stare con lui», infatti, è il primo impegno di ogni inviato. Solo dopo aver accolto la sua persona, prima ancora che il suo messaggio, solo dopo aver acquisito i suoi occhi e la sensibilità del suo cuore, il discepolo – consacrato o laico – annuncerà e testimonierà il Vangelo in modo credibile ( N Galatinino )
 C’è differenza nella lingua greca tra ‘insegnare’ e ‘predicare’.
Insegnare’ significa adoperare le categorie dell’Antico Testamento per annunziare il nuovo e questo sarà un ruolo che Gesù si prende per se, solo Gesù sa ciò che dell’Antico è ancora buono per annunziare la novità del Regno. Quindi Gesù non autorizza mai i discepoli ad insegnare, li manda invece a ‘predicare’.
Predicare’ significa l’annunzio con categorie nuove. ( A. Maggi )
Annunzio che deve essere fatto ), come lui, non con la livrea o il vestito buono, ma indossando il “grembiule del servizio”, l’unico necessario per portare luce e speranza nel mondo attuale che, come Israele allora, è pieno di drammi, di vedove di Nain che piangono l’unico figlio morto, di lebbrosi che gridano al cielo la loro disperazione, di adultere colte in flagrante e di pietre pronte alla lapidazione. Ognuna di queste ferite attende di essere lenita dallo “sguardo compassionevole” di Gesù: a ciascuno di noi il compito di incarnarlo. (Nunzio Galantino)
Una volta ricevuto il ristoro e il conforto di Cristo  siamo chiamati a nostra volta a diventare ristoro e conforto per i fratelli, con atteggiamento mite e umile, ad imitazione del Maestro. La mitezza e l’umiltà del cuore ci aiutano non solo a farci carico del peso degli altri, ma anche a non pesare su di loro con le nostre vedute personali, i nostri giudizi o le nostre critiche, o la nostra indifferenza. ( papa Francesco )
Gesù vide una gran folla ed ebbe compassione”.
Questo ‘avere compassione’ è un termine tecnico dell’Antico Testamento e anche del Nuovo che è adoperato esclusivamente per Dio. Gli uomini hanno misericordia, ma è solo Dio che ha compassione.
La ‘compassione’ non è un sentimento, ma un’azione divina con la quale si restituisce vita a chi vita non ce l’ha.
Nell’Antico Testamento è riservata esclusivamente a Dio, nel Nuovo a Dio e a Gesù.
La compassione di Gesù verso questo popolo che non ha vita è perché erano “pecore che non hanno pastore”.
Mosè aveva chiesto che ci fosse sempre un pastore nel suo popolo perché il gregge non fosse sbandato e invece la folla è come ‘pecore che non hanno pastore’. Ma in realtà i pastori ce li avevano, tanti, forse anche troppi, è che questi pastori non si curavano del bene del popolo, ma soltanto dei propri interessi.
Non curavano la salute, la vita del popolo, ma difendevano i propri privilegi; non servivano il gregge, ma lo dominavano. ( A. Maggi )
[…] ( Nel brano di Geremia della prima lettura) i falsi pastori ritengono – magari in nome di Dio – di avere il diritto di dispensare le coscienze dalla loro autonomia, dalla loro responsabilità, e si assumono il diritto di dare disposizioni e ordini in nome di Dio, senza premurarsi che le loro parole passino attraverso l’accoglimento libero delle coscienze.
Questo modo di governare – lo dice Gesù – è proprio dei pagani: che poi lo sia anche dei cristiani, appunto, è una riprova che son pagani anche loro.
Gesù dice che chi vuol comandare deve servire e servire le coscienze innanzi tutto.
 Ora, i falsi pastori, non sono quelli che portano scritta la falsità sulla fronte; anzi, spesso sono quelli più ammirati.
Ma sono falsi pastori perché utilizzano il gregge secondo obiettivi che non hanno niente a che fare con la liberazione delle coscienze.
Sono i pastori che un giorno ci dicono che i nemici sono ad Occidente, un giorno che sono ad Oriente, un giorni ci dicono che la proprietà è sacra, un giorno ci dicono…  Essi danno disposizioni contando sulla nostra cieca obbedienza.
Nei momenti in cui dovrebbero parlare, non parlano.
Se vengono le guerre e i cataclismi, per prudenza stanno zitti.
Non sono delle guide delle coscienze.  Anche nel senso che per essere guida occorre tanta umiltà da stare ad ascoltare le coscienze, perché esse, una volta riabilitate nelle loro integrità nativa, sono i luoghi in cui si manifesta la volontà di Dio.
Quindi, per essere fedeli al Signore, noi dobbiamo rifiutare ogni soggezione della nostra coscienza a qualsiasi potere…. (Ernesto Balducci – “il mandorlo e il fuoco ” vol 2- anno B)
[ E’ Gesù, ora, che ] prende lui il ruolo di pastore.  Da questo momento Gesù sarà il vero pastore di Israele. “E si mise a insegnare loro molte cose”.
Gesù non insegna dottrine per dominare le persone, ma, lo vedremo, si fa alimento, comunicazione vitale, che consente al popolo di vivere. ( A. Maggi )
 
 
 

Viaggio nella tenerezza nuziale per ri-innamorarsi ogni giorno

Ten nuziale ritOgni persona nasce come essere di tenerezza e attende una risposta di tenerezza … anche tu! … anche voi!
Dal 28 al 30 Agosto 2015 presso la chiesa Madre di Caccamo ” Viaggio nella tenerezza nuziale per ri-innamorarsi ogni giorno“.
Tre giorni per gli sposi con DON CARLO ROCCHETTA organizzato dalla Parrocchia San Giorgio Martire di Caccamo (PA) insieme agli uffici di pastorale familiare dell’Arcidiocesi di Palermo e della Diocesi di Cefalù.
 … Un viaggio nella tenerezza dedicato:

    •  a ogni coppia perché viva con stupore sempre nuovo e riconoscenza il viaggio della nuzialità verso Dio-Tenerezza e ne diventi un’icona vivente nella storia;
    • ai coniugi soli e ai loro figli, con l’augurio che l’infinita tenerezza di Dio li sostenga e li guidi nel loro quotidiano cammino.

Don Carlo Rocchetta, già docente di Sacramentaria alla Pontificia Università Gregoriana di Roma e alla Facoltà Rocchetta mTeologica dell’Italia Centrale, è socio fondatore della Società italiana per la ricerca teologica e dell’International Academy for Marital Spirituality. Per EDB dirige il Corso di teologia sistematica e ha pubblicato, tra gli altri: I sacramenti della fede (8a edizione, interamente riscritta in due volumi, 32001); Sacramentaria fondamentale (42007);Il sacramento della coppia (52010); Teologia della tenerezza (52014); Elogio del litigio di coppia (62013);Briciole di tenerezza (22008); Gesù Medico degli sposi (32008); Le stagioni dell’amore (2007); Vite riconciliate(2009); Il Rosario della Tenerezza (2010); Teologia della famiglia(22013); Abbracciami (2° edizione rivista e integrata 2013); L’invocazione del Nome di Gesù (2° edizione completamente rivista e aggiornata 22013); «Guarì tutti i malati» (2013); Questo mistero è grande (2014) e con Barbara Baffetti Un Dio vicino (2013); inoltre ha curato il campo formativo per famiglie La gioia di amarsi (2008). Le ultime opere nascono dall’attività dell’autore come assistente spirituale al Centro Familiare «Casa della Tenerezza» (Perugia), che si occupa dell’accoglienza delle coppie in difficoltà, della formazione alla vita coniugale e dello studio sulla teologia del matrimonio e della famiglia.
Di seguito la locandina e la scheda di partecipazione

 Scheda di Partecipazione Locandina

XV Domenica del T.O. – Non ci interessa che la Chiesa sia «per i poveri». Ci interessa che la Chiesa sia «povera» tra i poveri, in condizione estrema di povertà.

XV[…] Gesù invia gli apostoli a fare esperienza di evangelizzazione. Prima però li istruisce attentamente sullo “stile” da vivere in questa missione, per poter sperimentare la forza del Vangelo che annunciano.
Le modalità richieste da Gesù, infatti, sono “sostanza” e non “forma”, parte integrante dell’annuncio evangelico e non realtà accessoria. (Nunzio Galantino)
Il tema è ricco e complesso. Qui mi limito a dire che la Parola di Dio esprime in se stessa quel “farsi povero” di Dio che lo porta a comunicarsi e a consegnarsi all’uomo, sino al farsi povero del Figlio che si dona fino alla Croce.
Credo che questa sia la ragione prima di questo legame tra Parola e povertà.
E’ chiaro che questa indicazione è radicalmente opposta alle logiche del mondo per le quali l’affermazione di un pensiero o di un progetto è intimamente legato alla potenza della comunicazione. ( G. Nicolini )
 La miscredenza crescerà nel mondo a dismisura finché la Chiesa, come comunità, non sarà povera.
Non ci interessa che la Chiesa sia «per i poveri». Ci interessa che la Chiesa sia «povera» tra i poveri, in condizione estrema di povertà.
Chiunque rifletta sul Vangelo non può che essere d’accordo che è questa la condizione essenziale perché l’annuncio di salvezza passi nel mondo come una forza di uragano.
Se Amos avesse accettato la diffida del potente sacerdote, ecco che la sua parola libera, che ha scosso Israele, sarebbe diventata funzionale al mantenimento dell’ordine esistente. Se i profeti diventano cappellani di corte, il sistema cresce.
Solo nella povertà e nella libertà – di cui la povertà è garanzia – abbiamo il segno della potenza di Dio… (Ernesto Balduccì – ‘Il mandorla e il fuoco ‘ vol 2)
 Gesù prende a mandarli”, scrive Marco, “a due a due”, perché sono una comunità, non si presentano come leader o portatori di un messaggio, ma deve essere una comunità che vive questo messaggio. ( A Maggi )
… Essere in due significa affidarsi alla dimensione della condivisione di tutto ciò che si fa e si ha, perché si condivide tutto ciò che si è in riferimento all’unico mandante, il Signore Gesù Cristo.
 Ma se la regola della missione è la condivisione, la comunione visibile, da sperimentarsi e manifestare nel quotidiano, lo stile della missione è molto esigente. …. Quale autorevolezza avrebbe una parola detta e predicata, anche con abile arte oratoria, se non trovasse coerenza di vita in chi la proclama?
 L’autorevolezza di un profeta – riconosciuta a Gesù fin dagli inizi della sua vita pubblica (cf. Mc 1,22.27) – dipende dalla sua coerenza tra ciò che dice e ciò che vive ….
….. Per Gesù la testimonianza della vita è più decisiva della testimonianza della parola, anche se questo non l’abbiamo ancora capito.
In questi ultimi trent’anni, poi, abbiamo parlato e parlato di evangelizzazione, di nuova evangelizzazione, di missione – e non c’è convegno ecclesiale che non tratti di queste tematiche! –, mentre abbiamo dedicato poca attenzione al “come” si vive ciò che si predica. Sempre impegnati a cercare come si predica, fermandoci allo stile, al linguaggio, a elementi di comunicazione (quanti libri, articoli e riviste “pastorali” moltiplicati inutilmente!), sempre impegnati a cercare nuovi contenuti della parola, abbiamo trascurato la testimonianza della vita: e i risultati sono leggibili, sotto il segno della sterilità!
 Attenzione però: Gesù non dà delle direttive perché le riproduciamo tali e quali. Prova ne sia il fatto che nei vangeli sinottici queste direttive mutano a seconda del luogo geografico, del clima e della cultura in cui i missionari sono immersi. Nessun idealismo romantico, nessun pauperismo leggendario, già troppo applicato al “somigliantissimo a Cristo” Francesco d’Assisi, ma uno stile che permetta di guardare non tanto a se stessi come a modelli che devono sfilare e attirare l’attenzione, bensì che facciano segno all’unico Signore, Gesù.
È uno stile che deve esprimere innanzitutto decentramento: non dà testimonianza sul missionario, sulla sua vita, sul suo operare, sulla sua comunità, sul suo movimento, ma testimonia la gratuità del Vangelo, a gloria di Cristo.
Uno stile che non si fida dei mezzi che possiede, ma anzi li riduce al minimo, affinché questi, con la loro forza, non oscurino la forza della parola del “Vangelo, potenza di Dio” (Rm 1,16).
Uno stile che fa intravedere la volontà di spogliazione, di una missione alleggerita di troppi pesi e bagagli inutili, che vive di povertà come capacità di condivisione di ciò che si ha e di ciò che viene donato, in modo che non appaia come accumulo, riserva previdente, sicurezza. Uno stile che non confida nella propria parola seducente, che attrae e meraviglia ma non converte nessuno, perché soddisfa gli orecchi ma non penetra fino al cuore. Uno stile che accetta quella che forse è la prova più grande per il missionario: il fallimento. Tanta fatica, tanti sforzi, tanta dedizione, tanta convinzione,… e alla fine nulla: il fallimento. È ciò che Gesù ha provato nell’ora della passione: solo, abbandonato, senza più i discepoli e senza nessuno che si prendesse cura di lui. E se la Parola di Dio venuta nel mondo ha conosciuto rifiuto, opposizione e anche fallimento (cf. Gv 1,11), la parola del missionario predicatore potrebbe avere un esito diverso?
Proprio per questa consapevolezza, l’inviato sa che qua e là non sarà accettato ma respinto, così come altrove potrà avere successo. Non c’è da temere; rifiutati ci si rivolge ad altri, si va altrove e si scuote la polvere dai piedi per dire: “Ce ne andiamo, ma non vogliamo neanche portarci via la polvere che si è attaccata ai nostri piedi. Non vogliamo proprio nulla!”. E così si continua a predicare qua e là, fino ai confini del mondo, facendo sì che la chiesa nasca e rinasca sempre. E questo avviene se i cristiani sanno vivere, non se sanno predicare… Ciò che è determinante, oggi più che mai, non è un discorso, anche ben fatto, su Dio, che non interessa più a nessuno; non è la costruzione di una dottrina raffinata ed espressa ragionevolmente; non è uno sforzarsi di rendere cristiana la cultura, come molti si sono illusi.
No, ciò che è determinante è vivere, semplicemente vivere con lo stile di Gesù: semplicemente essere uomini come Gesù è stato uomo tra di noi, dando fiducia e mettendo speranza, aiutando gli uomini e le donne a camminare, a rialzarsi, a guarire dai loro mali, chiedendo a tutti di comprendere che solo l’amore salva. Così Gesù toglieva terreno al demonio (“cacciava i demoni”) e faceva regnare Dio su uomini e donne che grazie a lui conoscevano la straordinaria forza del ricominciare, del vivere e vivere ancora… Noi cristiani viviamo questo Vangelo oppure lo proclamiamo a parole senza renderci conto della nostra schizofrenia tra mente e vita? La vita cristiana è una vita umana conforme alla vita di Gesù, non una dottrina, non un’idea, non una spiritualità terapeutica, non una religione finalizzata alla cura del proprio io! (E. Banchi)
 
 
 

Lungo le nostre strade verso la GMG di Cracovia

Cracovia Gio r mCarissimi,
siamo lieti di invitare giovani e giovanissimi a partecipare alla prima tappa del percorso verso la Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia 2016. Cercheremo di vivere questo percorso come esperienza di fede nella sua globalità.
Alla GMG andranno alcuni giovani della nostra diocesi, ma non tutti: qualcuno non potrà proprio rimandare gli esami universitari, qualcun altro non riuscirà ad avere le ferie dal lavoro. Il percorso formativo che vi proporremo non riguarda solo i giovani che andranno a Cracovia, ma riguarda tutti.
Durante la Giornata Mondiale della Gioventù 2013, tenutasi a Rio de Janeiro, Papa Francesco ha chiesto ai giovani, “con tutto il cuore”, di rileggere le Beatitudini per farne un concreto programma di vita. A febbraio 2014 lo stesso Papa Francesco ha stabilito i temi delle successive Giornate Mondiali della Gioventù, scandendo le tappe dell’itinerario di preparazione spirituale che nell’arco di tre anni avrebbe condotto a Cracovia dal 26 al 31 luglio 2016.
Per la GMG diocesana del 2014, il tema è stato “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli” (Mt 5,3); per la GMG del 2015: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” (Mt 5,8); infine, per la GMG di Cracovia del 2016: “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” (Mt 5,7).
Le beatitudini, così come ci viene proposto dal Servizio Nazionale di Pastorale Giovanile, potranno essere il testo biblico di riferimento per la lectio divina da proporre ai giovani nell’anno pastorale 2015/16.
Le icone di S. Maria di Loreto e della Croce di San Damiano sono i due simboli che fin dalla GMG di Buenos Aires del 1987 hanno accompagnato gli italiani ad incontrare i giovani di tutto il mondo. Papa Francesco ha benedetto le due icone durante l’udienza generale del 25 marzo scorso, perché il giorno della domenica delle Palme iniziasse il pellegrinaggio nelle diocesi italiane; saranno accolte in Sicilia dal 13 luglio all’11 agosto e la nostra diocesi le riceverà giovedì 30 luglio p.v. secondo il programma in allegato.
Vi invitiamo pertanto a partecipare a questa giornata che sarà divisa in due momenti: il primo a Castelbuono, presso il monastero S. Maria degli Angeli e il secondo presso la Parrocchia S. Francesco in Cefalù.
Per coloro che desiderassero partecipare alla GMG di Cracovia (16-­‐35 anni), è importante che fin d’ora segnalino il proprio nominativo al Servizio Diocesano di Pastorale Giovanile.
La quota di partecipazione prevede due modalità: la prima (€ 350,00) relativa solo ai giorni della GMG (26-­31 luglio 2016); la seconda (€ 650,00) invece relativa anche alla visita di alcune città e luoghi importanti della Polonia (26 luglio-­‐ 4 agosto 2016).
A queste quote preventivate dalla BBC Services è da aggiungere la quota CEI, non ancora stabilita.
Coloro che volessero partecipare sono pregati di versare la quota di € 100,00 entro settembre 2015, specificando quale delle due modalità di viaggio si preferisce scegliere. Altre delucidazioni in merito le daremo il 30 luglio p.v.
Invitiamo i responsabili dei gruppi giovani e i parroci a comunicare entro domenica 26 luglio p.v. le adesioni sia per l’incontro a Castelbuono che a Cefalù, inviando una mail al seguente indirizzo di posta elettronica: pgcefalu@gmail.com.
Nell’attesa di incontrarci, Vi salutiamo affettuosamente.
don Calogero Cerami
Direttore del Servizio Diocesano per la Pastorale Giovanile
Di seguito il programma del Pellegrinaggio delle icone della Croce di S. Damiano e della Madonna di Loreto ( Click per apire  e/o scaricare il file )

 

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I concili nei secoli
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I° CONCILIO DI COSTANTINOPOLI



I° CONCILIO DI EFESO



I° CONCILIO DI CALCEDONIA



II° CONCILIO DI COSTANTINOPOLI



III° CONCILIO DI COSTANTINOPOLI



II° CONCILIO DI NICEA



IV° CONCILIO DI COSTANTINOPOLI



LETTERA A DIOGNETO


I° CONCILIO LATERANENSE



II° CONCILIO LATERANENSE



II° CONCILIO LATERANENSE



IV° CONCILIO LATERANENSE



I° CONCILIO DI LIONE



II° CONCILIO DI LIONE



CONCILIO DI VIENNA



CONCILIO DI COSTANZA



CONCILIO DI BASILEA



V CONCILIO LATERANENSE


CONCILIO DI TRENTO



CONCILIO VATICANO I°

Incontri sulla Dei Verbum
Incontri sulla “ DEI VERBUM” Comunità Itria dal 26 Novembre 2018. Per accedervi click sull’icona che scorre di seguito .
Introduzione alla lectio divina
Cliccando sulla copertina del libro o sulla voce del menu “ pregare la parola” leggiamo ogni giorno una pagina del libro di Enzo Bianchi per entrare nello spirito della Lectio Divina.
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