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Leggiamo, una pagina al giorno, il libro “ PREGARE LA PAROLA” di Enzo Bianchi. Per accedervi click sulla voce del menu “ PREGARE LA PAROLA” o sull’icona che scorre di seguito .

tirisan

III Domenica di Quaresima – Scacciando tutte le vittime destinate al sacrificio pasquale, Gesù di fatto impedisce la celebrazione della Pasqua secondo la Torah, dunque attenta al culto stesso.

Gesù scaccia i mercantiDopo averci invitato a seguire Gesù nel deserto e lì imparare da Lui a scegliere, mettendo al centro la Parola di Dio (prima domenica); dopo averci proposto la salita al Monte Tabor, dove fissare il volto trasfigurato di Cristo ed essere a nostra volta trasfigurati e capaci di trasfigurare volti e storie privi di luce (seconda domenica), la terza tappa dell’itinerario quaresimale ci presenta un altro luogo: il tempio. (Monsignor Nunzio Galantino)
Gesù, [ nel brano del vangelo di questa domenica ]salito a Gerusalemme… entra nel tempio ma constata che esso non è rispettato nella sua funzione; anzi, da luogo di culto a Dio è diventato luogo commerciale, sede di traffici “bancari”, mercato dove regna l’idolo del denaro.
Com’è possibile una tale perversione?
Eppure ciò avvenne per il secondo tempio, e continua ad avvenire anche in molti luoghi cristiani… Il mercato – allora di animali necessari per i sacrifici, oggi di oggetti sacri, devozionali – facilmente si installa dove accorre la gente, sempre lenta a credere ma facilmente religiosa.
Certo, quel mercato nell’area del tempio, esattamente nell’atrio riservato ai gojim, alle genti, perché potessero avvicinarsi e cercare il Dio vivente, procurava un’enorme ricchezza ai sacerdoti, agli inservienti del tempio e a tutta la città santa.
[…] Trovando questa realtà, subito Gesù “fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: ‘Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!’”.
[…] Il gesto compiuto da Gesù è scandaloso per i sacerdoti e per gli uomini religiosi della città santa.
Di fronte a un comportamento che contraddice la loro funzione e autorità, essi si chiedono chi sia mai questo Gesù venuto dalla Galilea. Che autorità ha? E se ce l’ha, dia un segno, mostri la sua autorizzazione ad agire in questo modo!
Scacciando tutte le vittime destinate al sacrificio pasquale, Gesù di fatto impedisce la celebrazione della Pasqua secondo la Torah, dunque attenta al culto stesso.
Di fronte a questa accusa, implicita nelle affermazioni degli uomini religiosi che a lui si rivolgono, egli risponde con parole enigmatiche, … “Distruggete questo santuario (naós) e in tre giorni lo rialzerò, lo farò risorgere”. Parole che sembrano inutili, perché quei giudei non comprendono e si domandano: “Questo santuario (naós) è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo rialzerai, lo farai risorgere?”.
In ogni caso, Gesù ormai ha posto il segno, ha detto la parola necessaria, quella che vuole il tempio non come casa di commercio ma come casa di Dio, e allora entra nel silenzio, in una tristezza indicibile.
Il tempio, luogo suo perché casa di Dio suo Padre, il tempio che avrebbe dovuto riconoscerlo come il Signore ….in realtà non lo riconosce, non lo accoglie. ( E. Bianchi )
 Giovanni nel  prologo del suo vangelo dichiara che Dio nessuno lo ha mai visto, solo il figlio ne è la rivelazione, e questa nuova rivelazione che Gesù fa di Dio è che lui è venuto a proporre e a portare una nuova relazione tra Dio e gli uomini che comporta la scomparsa di tutte le istituzioni dell’Antico Testamento, quelle importanti. E tra queste la più importante era il tempio, il santuario di Dio, dove i fedeli dovevano andare per offrire a Dio, un Dio che assorbiva le energie degli uomini.
 Gesù, eliminando il tempio, cambia il concetto di santuario.  
 Non c’è più bisogno per l’uomo di andare verso il tempio, dove non tutti potevano andare. ( C’erano determinate condizioni, alcuni erano esclusi. )
[…]  A questo santuario le persone non devono andare, ma è il santuario, l’uomo vivente che va verso di loro : va verso gli emarginati, e gli esclusi.
E l’evangelista Giovanni già dalle prime battute del suo brano porta a compimento questa nuova sensazionale, straordinaria rivelazione di Dio, un Dio che non è lontano dagli uomini, un Dio che addirittura è loro intimo.
 Nel capitolo 14 al versetto 23 Gesù dichiarerà: “Se uno mi ama osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”. L’uomo, il credente diventa la dimora di Dio.
[…]  Nell’Esodo Dio aveva posto la sua dimora in una tenda in mezzo al suo popolo e camminava con esso guidandolo verso la libertà.
 Poi Dio venne come sequestrato dalla casta sacerdotale, dall’istituzione religiosa, e relegato in un tempio dove non a tutti era possibile l’accesso e soprattutto si era ammessi a determinate condizioni, con determinati cerimoniali.
Con Gesù Dio ha abbandonato il tempio e, come scrive Giovanni nel suo prologo, ha posto la sua tenda in mezzo a noi, in noi…e ha iniziato un nuovo esodo dove ogni discepolo di Cristo diventa la dimora della divinità.
 L’uomo aveva sacralizzato Dio; mediante la comunicazione del suo Spirito, Dio ora sacralizza l’uomo.   […] La  sacralizzazione dell’uomo desacralizza tutto quello che prima veniva concepito come sacro.  Dio non è più una realtà esterna all’uomo e lontana da lui, ma interiore. E ha un nome. E questo nome è “Padre”.
Mentre la relazione con Dio aveva bisogno di mediatori, l’intimità con il padre rende le mediazioni superflue.  
Dio chiede dei sacerdoti incensanti, il Padre richiede dei figli assomiglianti. 
Quando l’uomo comprende tutto questo, cambia il rapporto con Dio, comprende che Dio non chiede che l’uomo viva per lui, ma che vivendo di lui, sia come lui. 
[…]  Vivere come Dio significa fare della propria vita un dono, amore totale.
Questo sarà poi l’unico comandamento che Gesù trasmetterà. 
Compiendo questo l’uomo sperimenta che l’adesione a Dio non lo diminuisce, ma lo potenzia.  E l’uomo sperimenta cosa significa essere il santuario di Dio.  ( fr Alberto Maggi )

Determinazione nuove graduatorie per l'insegnamento della Religione Cattolica

Religiona graduatorie mComunicazione del Direttore dell’Ufficio  per l’insegnamento della Religione Cattolica.
Considerato che  con l’a.s. 2014-15  ha termine la validità triennale delle graduatorie  per l’IRC nelle Scuole pubbliche statali e paritarie del territorio diocesano di Cefalù;
Ritenuto necessario compilare nuove graduatorie per il triennio 2015-18 aggiornando il punteggio in quelle esistenti sulla base dei  titoli di servizio e di formazione conseguiti nell’ultimo triennio, nonché dare possibilità ai nuovi aspiranti supplenti di entrare nella graduatoria a loro riservata; Continua a leggere

Ritiro di Quaresima – Finale di Pollina 22 Marzo 2015

quaresima ritiro la Quaresima è tempo di rinnovamento e di grazia, tempo favorevole per la conversione.
Papa Francesco nel messaggio inviato alla Chiesa intera esorta a “superare l’indifferenza e le pretese di onnipotenza”, per “avere un cuore misericordioso” ossiaun cuore forte, saldo, chiuso al tentatore, ma aperto a Dio.
Un cuore che si lasci compenetrare dallo Spirito e portare sulle strade dell’amore che conducono ai fratelli e alle sorelle. In fondo, un cuore povero, che conosce cioè le proprie povertà e si spende per l’altro”.
Per prepararci a vivere la Pasqua in novità di vita, invitiamo i giovanissimi, i giovani e le famiglie a partecipare numerosi al ritiro di Quaresima che terremo a Finale (Pollina) domenica 22 Marzo 2015. Continua a leggere

II Domenica di Quaresima – Dio.. . non dobbiamo cercarlo né sul Calvario, né sul Tabor, né sul monte Moria, Lui è nella valle dell'umana sofferenza, là dove si entra per amore.

TrasfigurazioneQuesta pagina del Vangelo è di una grande ricchezza in quanto essa è una contestazione dell’estasi religiosa raffigurata dall’apparizione di Gesù con la sua veste candida, circondato di luce, in mezzo ai profeti, raffigurazione che suscita l’entusiasmo nei tre spettatori privilegiati, che volevano rimanere lì.
Conosciamo bene questo secondo rischio, di carattere più sentimentale che razionale, quello della fede che crea un mondo a sé di estasi gratuite, fuori del territorio comune della nostra comune tribolazione.
L’uomo estatico ci affascina – se pure ci affascina – perché ci sembra esentato dalla condizione, che è la nostra, di pagare ogni giorno il tributo alla malizia del vivere.
Anche questa è una fuga.
Quando la luce si spegne, Gesù è come gli altri, è solo, è un uomo gracile che parla di sé come condannato a morire.
Dice ai suoi quello che avverrà fra pochi giorni. Entrerà nelle tenebre del Getsemani quando i tre spettatori, tutt’altro che entusiasti, saranno presi da tedio, stanchezza, e precipiteranno nel sonno mentre Egli soffriva e pregava.
Gesù svela un nuovo baricentro della fede che non è la tenebra trascendente di Jahvè, è la tenebra immanente della condizione umana.
Dio sta per nascondersi nella tribolazione di un viaggio di morte, nella tribolazione di un giudizio ingiusto dato dal tribunale.
Gesù sarà condannato a morte con la complicità dei due poteri, solidali solo in questo. Sarà messo tra due delinquenti.
Questo è l’evento che si prospetta ed è in questa tenebra – questa volta non trascendente, oltre l’ultimo cielo, ma dentro la condizione della sofferenza umana -, in questo profondo cuore dell’esistenza, che si nasconde il mistero del Dio di Gesù Cristo, per conoscere il quale non c’è da salire su nessuna montagna in quanto la rivelazione della crocifissione – che per un cristiano è l’evento rivelativo di Dio – avviene mentre i quattro discendono dal monte, vanno, idealmente, verso la valle del Getsemani dove tra poco Gesù pregherà sudando sangue.
Questa discesa nella condizione umana è la specificità del Vangelo.
È vero: il Dio di Gesù Cristo è ancora il Dio di Abramo. [ …]
Noi che riconosciamo nella parola del Signore la manifestazione del mistero di Dio, sappiamo che non dobbiamo cercarlo né sul Calvario, né sul Tabor, né sul monte Moria, in quanto Dio è nella valle dell’umana sofferenza, là dove si entra per amore.
La sofferenza in sé non è un valore, anzi è proprio il fatto che fa scandalo.
Questo Gesù che sta morendo è quello che dinanzi ai morti ha pianto, ha avuto un fremito, non ha avuto la parola del filosofo che ci persuade che la morte è una guarigione dal male della vita. No!
Egli anzi ha sentito la vita in modo tale che non ha mai avuto fremiti se non dinanzi ai cadaveri.
Egli ha sentito nel cadavere il segno della negazione di Dio.
Il cadavere è il sacramento del peccato del mondo, è la non vita che urta contro l’evidenza del valore della vita, è un grido contro Dio e a cui Dio dovrà pur rispondere un giorno.
Quel giorno – noi lo chiamiamo il giorno del giudizio universale – sarà il giorno non in cui gli uomini si giustificheranno dinanzi a Dio ma in cui, come primo atto, Dio si giustificherà dinanzi a noi, dandoci il senso delle cose che non abbiamo compreso, non per nostra meschinità, ma per nostra dignità.
Ci sono cose che non comprendiamo perché siamo meschini, ma ci sono cose che non comprendiamo perché siamo coerenti con ciò che in noi è più nobile.
La morte degli innocenti è qualcosa che ci scandalizza: la teniamo in mano in attesa che Dio ci faccia capire.
Questo mistero di Dio in Gesù Cristo si semplifica rientrando in questa legge semplice – tanto semplice che non ci sarebbe bisogno di altre parole – e insieme profondissima che chi entra nell’umana tribolazione per amore dei fratelli sa chi è Dio.
La conoscenza di Dio quindi non è una conoscenza che si svolge al di fuori, ma dentro questa discesa negli inferi della condizione umana.
Discende agli inferi vuol dire discendere nei sepolcri, non andare in qualche sceol, o in qualche inferno di dantesca struttura, vuol dire scendere nella condizione infera.
Se voi andate al cimitero, ecco gli inferi!
Dio scende nel sepolcro, scende dove scende l’uomo
È per questo che noi dobbiamo liberaci dai moduli, che pur ci riafferrano, come la struttura religiosa convenzionale e la struttura razionale di Dio, per ritrovare il luogo che Dio ha stabilito come luogo di cognizione.
È il luogo in cui conosciamo anche l’uomo.
Ecco perché le due conoscenze sono una cosa sola.
Quando nel linguaggio teologico antico, un po’ solenne, e quindi di poca risonanza in noi, diciamo che Gesù Dio e l’uomo sono una sola persona, vogliamo dire questo: che la condizione umana e la condizione di Dio si manifestano nello stesso momento, nello stesso evento.
I due versanti del mistero, quello del Dio innominabile e quello dell’uomo inesplicabile, si manifestano in un solo evento.
E questa la verità della fede.
Ecco perché, dopo venti secoli, siamo qui con la stessa tenebra, senza aver acquisito una ragione in più per credere, senza averne perduta nemmeno una.
Naturalmente altre difficoltà sono nate in noi, ma esse sono difficoltà relative a questo mutamento permanente della coscienza, stretta com’è nelle rappresentazioni del mondo. La nostra rappresentazione del mondo è molto omogenea a questa solitudine di Gesù. Gli antichi potevano pensare ad un’altra dimensione dell’esistenza, che traducevano in simboli sacri, tra i quali vivevano con più agilità che non nella realtà del quotidiano.
Per noi quel mondo di simboli sacri si è come scomposto, si è dissolto.
Come Gesù dopo la Trasfigurazione, noi siamo solo dei poveri uomini, dei poveri cristi. Non abbiamo nemmeno voglia di chiedere apparizioni. Ci rimane l’umano.
Questo umano non altro da Dio.
È qui dentro, in questa pietra che, se guardate bene, sfavilla il frammento d’oro. Spaccate e trovate la scintilla che chiamo Dio, il mistero di Dio di Abramo diventato però prossimo a noi, interno alla nostra esperienza umana.
 (Ernesto Balducci – da: “ Il Vangelo della Pace ” vol 2 anno B)
 

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