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tirisan

Giornata di preghiera per i perseguitati in Iraq nella solennità dell’Assunta.

persAlla Comunità Diocesana

Per il prossimo 15 agosto è stata indetta dai Vescovi Italiani una giornata di preghiera per i perseguitati in Iraq.
A causa delle violenze scatenate dai miliziani dello stato islamico sono morte oltre 1.600 persone dal mese di luglio. Molto pesante è anche il bilancio dei feriti, più di 2.000.
In questo scenario si sta consumando il dramma dei cristiani iracheni, divenuti l’obiettivo di sistematiche persecuzioni e continui attacchi da parte di gruppi terroristici: chiese profanate, reliquie, statue della madonna e dei santi vengono distrutte da un integralismo irrazionale che lede ogni forma di diritto.
A fronte di un simile attacco alle fondamenta della civiltà, della dignità umana e dei suoi diritti, noi non possiamo tacere; non si può ignorare una tragedia umanitaria che giunge fino all’uccisione di massa di tanti uomini, donne e bambini seppelliti vivi.
Il dramma, puntualmente denunciato dal Papa: “Ci sono più cristiani perseguitati oggi che nei primi secoli”, non può lasciarci indifferenti.
Con questo spirito – scrive la CEI – invitiamo tutte le nostre comunità ecclesiali a unirsi in preghiera in occasione della solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, il 15 agosto, quale segno concreto di partecipazione con quanti sono provati dalla dura repressione”.
Cefalù, 12 Agosto 2014
firma manz m

XIX Domenica del T. O. – Numerose sono le paure che ci abitano, tutte generate dalla «paura madre», quella della morte: ma Dio da sempre esorta i credenti a non temere, a dimorare sicuri in lui.

FantasmaSubito dopo aver sfamato la folla numerosa (cf. Mt 14,13-21) , Gesù ordina ai discepoli di precederlo all’altra riva del lago di Galilea, mentre egli si ferma per congedare quanti lo hanno seguito.
….. Nello stesso tempo egli radica il suo agire in una profonda relazione di amore e di fiducia nei confronti del Padre.
Per questo cerca con determinazione degli spazi e dei tempi di solitudine per stare davanti a Dio in assoluta gratuità e discernere la sua volontà sulla propria vita: anche in questo caso «sale sul monte a pregare, in disparte». ( E. Bianchi )
 La scena si svolge – se stiamo all’originale greco del Vangelo – «alla quarta veglia» della notte, cioè nell’ultima delle quattro fasi in cui essa era divisa, ossia fra le tre e le sei.
Abbiamo, quindi, ancora il segno della tenebra, che è nella Bibbia un simbolo negativo.
Analogo è il valore del “mare” che, come è noto, nella Sacra Scrittura incarna il caos, il nulla, il male, tant’è vero che il Giovanni dell’Apocalisse, quando s’affaccerà sulla nuova creazione, scoprirà che «il mare non c’era più» (21,1). Similmente il vento tempestoso è emblema di terrore e di distruzione. Tutta la scena è, quindi, all’insegna della negatività. (Gianfranco Ravasi )
 Venuta la sera egli è ancora solo, mentre la barca dei discepoli è in mare aperto in balìa del vento contrario e delle onde: l’evangelista già intravede il cammino della fragile barca della chiesa nella storia, sballottata tra avversità e tensioni comunitarie…
Essa però non è abbandonata dal Signore Gesù, il quale non solo prega per la sua comunità, ma si fa anche misericordiosamente presente ai suoi discepoli, lui che «è con loro tutti i giorni fino alla fine della storia» (cf. Mt 28,20): ecco infatti che sul far del mattino «viene verso di loro camminando sul mare». ( E. Bianchi )
 Gesù si leva solenne su questo orizzonte, che è agli antipodi della terra, della luce, della quiete, quasi come il Creatore agli inizi stessi dell’atto creativo descritto dalla Genesi. Egli, perciò, compie nei confronti dei discepoli una sorta di azione simbolica simile a quelle che i profeti – soprattutto Geremia ed Ezechiele – manifestavano al loro uditorio, accompagnandole con una spiegazione religiosa.
Facile è l’equivoco di chi interpreta la scena come un evento magico o preternaturale. È ciò che accade ai discepoli terrorizzati che urlano: «È un fantasma!». (Gianfranco Ravasi )
 Subito però Gesù li rassicura con poche, straordinarie parole, che vogliono placare il loro sconvolgimento interiore e infondere nei loro cuori la fiducia: «Coraggio, Io Sono» – il Nome impronunciabile di Dio rivelato a Mosè (cf. Es 3,14)«non abbiate paura!». ( E. Bianchi )
 In realtà, in greco si ha: egó eimi, «Io sono!». Ora, questa è la versione del nome che Dio rivela a Mosè al Sinai: «Io sono colui che sono!» (Esodo 3,14), nome abbreviato già in quell’occasione in «Io sono ».
L’espressione, variamente interpretata, ci ricorda comunque che Dio è una persona (“Io”) la quale esiste e opera (il verbo “essere”).
Ebbene, in quel momento Cristo svela ai discepoli con questo atto eccezionale la sua realtà intima, nascosta dal velo della sua umanità.
È un po’ quello che accadrà sul monte della Trasfigurazione: egli ora si presenta in una teofania, cioè in un segno rivelatore della sua divinità di Signore del cosmo e della storia.  ….
 …Gesù spazza via la loro sensazione attraverso due frasi illuminanti che decifrano l’atto nel suo significato teologico e non magico o spettacolare.
La prima è da scoprire nell’originale e non nella versione che suona così: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!» (14,27). (Gianfranco Ravasi )
 Numerose sono le paure che ci abitano, tutte generate dalla «paura madre», quella della morte: ma Dio da sempre esorta i credenti a non temere, a dimorare sicuri in lui, come ci testimoniano con abbondanza le Scritture, dalla Genesi (cf. Gen 15,1) fino all’Apocalisse E questo invito è particolarmente frequente sulle labbra di Gesù, fino ad essere rivolto dal Risorto alle donne nell’alba della resurrezione (cf. Mt 28,10), l’evento che segna la vittoria definitiva dell’amore sulla morte. ( E. Bianchi )
 L’altra frase esplicativa è quella rivolta in finale a Pietro: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?» (14,31). Per comprendere l’evento del cammino sulle acque – come anche gli stessi miracoli – è necessario un canale di conoscenza ulteriore rispetto a quello dei sensi e della pura e semplice ragione, ossia la via della fede e dell’adesione al mistero divino ). (Gianfranco Ravasi )
 Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque».
 Pietro inizia la sua attività di tentatore di Gesù, di satana, sarà l’unico discepolo che meriterà da Gesù l’epiteto “satana”, “Satana, torna a metterti dietro di me!”
E Pietro lo sfida, lo tenta, “Se sei tu”, esattamente come il diavolo nel deserto, «Comandami di venire a te sulle acque»”. Vuole avere la condizione divina, ma pensa che questo avvenga con un’imposizione dall’alto.
Gesù lo invita, Pietro comincia a camminare sulle acque, “Ma, vedendo che il vento era forte  “si impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!» (Alberto Maggi )
 Pietro affonda perché c’è una conoscenza di sé che fa andare a fondo: è la consapevolezza delle forze violente e conflittuali che si agitano in noi. L’uomo rimane sconvolto dalle perversità, dalle oscurità, dalle storture che scorge dentro di sé e che sembrano inquinare tutte le sue azioni anche le più semplici. Questa è una tipica conoscenza di sé nel vuoto; pur avendo una parte di verità non si rapporta con Cristo ( C.M. MARTINI, Le confessioni di Pietro, Piemme, Casale Monferrato 1992, 23.)
 Quando infine Gesù sale sulla barca, il vento si placa. Allora i discepoli gli si prostrano davanti, accompagnando il loro gesto di adorazione con una solenne confessione di fede: «Tu sei veramente il Figlio di Dio».
Gesù per ora tace, ma più avanti chiarirà cosa significa e cosa comporta il suo essere Figlio di Dio (cf. Mt 16,16.21).
Qui il suo silenzio è per noi una domanda: siamo disposti ad aderire a lui senza paura, credendo al suo amore (cf. 1Gv 4,16)?
Questa fiducia salda è la verità di ogni confessione di fede fatta a parole… (Enzo Bianchi)
 

"Sul sentiero del nostro andare vogliamo incontrarti Signore! E mentre avanziamo mendicando, ci soccorra il tuo amore e la tua carezza." – Preghiera del nostro Vescovo Vincenzo al termine della Processione del SS. Salvatore.

Ter pro mSullo sfondo delle tormentate vicende del nostro tempo, ci rivolgiamo a Gesù Salvatore per non lasciarci imprigionare dalle pesantezze del presente ma soprattutto per essere più capaci di guardare al futuro dell’uomo con un pizzico di speranza in più.
 “Non lasciatevi rubare la speranza”, ci ripete frequentemente Papa Francesco e io aggiungo: non rinunciate al sogno di un mondo migliore. Lasciateci sognare! Lasciateci guardare oltre alle fatiche e alle delusioni di ogni giorno.
 Il nostro sogno non vuole essere evasione irresponsabile, né fuga dagli impegni quotidiani ma apertura di orizzonti che ci assicura che alla fine il bene trionferà e le forze del male non prevarranno.
 
A Te, Gesù Salvatore, leviamo la voce; Tu che taci per ascoltarci, ascolta il nostro singhiozzare.
 Ci rivolgiamo a Te perché tutti abbiamo bisogno di Te.
Anche quelli che non lo sanno, e quelli che non lo sanno, assai di più di quelli che lo sanno, hanno bisogno di te.
Tu solo puoi misurare quanto grande sia il bisogno di Te.
Nella penuria di ogni giorno, nel tormento di un futuro sbiadito e incerto, in quest’ora del mondo in cui le lancette del tempo sembra si siano bloccate, Tu solo, Gesù Salvatore, puoi venire incontro alla nostra povertà, Tu solo puoi soddisfare il nostro bisogno.
 Non ci rivolgiamo ai grandi della Terra, li vediamo troppo impegnati nelle loro cose, nei loro affari, e in tutt’altre faccende affaccendati ci danno l’impressione che a tutto pensano tranne al bene comune di cui unicamente dovrebbero preoccuparsi.
Te solo cerchiamo, Te solo invochiamo.
Chi ha fame cerca il pane e non sa che ha fame di Te, chi ha sete cerca l’acqua e non sa che ha sete di Te.
Eppure Tu ce lo hai detto chiaramente: “Io sono il pane disceso dal cielo, chi mangia di questo pane non avrà più fame; chi ha sete venga e beva, Io sono l’acqua zampillante per la vita eterna.. e voi tutti che siete affaticati e oppressi, venite a me e io vi ristorerò”.
 Gesù Salvatore, soccorrici!
Noi non gridiamo verso di Te per la vanità di volerti vedere come ti videro in Galilea e in Giudea non vogliamo impietosirti con le nostre suppliche, non ti chiediamo di concederci di toccare il Sole o incatenare il vento, noi cerchiamo solo Te.
Non negarci il tuo volto.
Non pretendiamo il fulgore della trasfigurazione ma donaci la luce normale di ogni giorno.
Tu sai quanto sia grande, proprio in questo tempo, il bisogno del tuo sguardo, della tua luce, della tua parola.
Tu lo sai che un tuo sguardo può cambiare la nostra vita, Tu sai meglio di noi che la tua presenza è urgente e indifferibile in questa età che ti disconosce.
Gesù Salvatore, salvaci!
Sei venuto per salvarci, non puoi tirarti indietro, non puoi esimerti da questo ruolo.
La tua missione è missione di salvezza.
Oggi più che mai, in questi giorni grigi e maligni, in questo tempo in cui ogni speranza sembra perduta, proprio ora, abbiamo bisogno senza ritardi, di essere salvati.
 Se tu fossi un Dio geloso e collerico, un Dio vendicativo o solamente giusto non staremmo qui ad invocarti perché non avremmo neppure il coraggio di farlo e il buon senso ci fa intuire che non potresti dare ascolto alla nostra preghiera perché per lungo tempo assenti e troppi distratti.
Ma tu sei lento all’ira e grande nell’amore; proprio perché sei ricco di misericordia hai perdonato sempre e tutto.
Tu sai come siamo impastati e a dispetto della nostra indegnità continueremo ad invocarti: Gesù Salvatore, salvaci, proteggici, difendici.
 Questa città, bisognosa del tuo amore e della tua misericordia, in Te confida, a te si affida, di te si fida.
Sul sentiero del nostro andare vogliamo incontrarti Signore!
E mentre avanziamo mendicando, ci soccorra il tuo amore e la tua carezza.
 Vieni, Signore Gesù, vieni in questa notte che avanza.
 Ti chiediamo di attendere insieme a noi l’alba di un nuovo giorno, un nuovo giorno ricco di novità di vita, capace di ridare a tutti la gioia e la speranza di vivere serenamente e onestamente.
 Gesù Salvatore, fa che questa Chiesa di Cefalù offra l’immagine di una famiglia unita nell’amore, aperta a tutti, attenta a chi ha maggiormente bisogno, capace di indicare ad ogni uomo la strada che attraverso le vicende della vita conduca a Te.
Su questa città, sull’uomo di oggi, anche su chi è distratto, dissipato, chiuso nell’egoismo, stroncato dalla disperazione, su quanti soffrono nel corpo e nello spirito, su quanti cercano lavoro o lo hanno perso, o subiscono sfruttamento più o meno palese, sui tanti turisti che visitano la nostra Città, su tutti e su ciascuno in particolare invochiamo la benedizione di Gesù Salvatore.
 Gesù Salvatore ancora una volta dal profondo del nostro abisso ti gridiamo con fede:
“Salvaci,
difendici,
proteggici!”.

"Né allora, né adesso, né mai sarà tempo di piantare tende sul Tabor. Ai piedi del Tabor c'è una turba di gente che attende, di malati, di sofferenti, di affamati, di disoccupati che attendono una qualche risposta." – Omelia del nostro Vescovo Vincenzo nella solennità della Trasfigurazione del Signore.

Manzella story( Basilica Cattedrale 06 Agosto 2014 )
Il mio saluto a tutti voi fratelli e figli carissimi qui convenuti per celebrare la Solennità della Trasfigurazione del Signore.
È la festa del volto luminoso di Gesù.
È festa di luce.
In Occidente, la data del 6 agosto fu introdotta nel 1457 da Papa Callisto III come ringraziamento al Signore per la vittoria riportata l’anno precedente sui Turchi a Belgrado, ma già tre secoli prima, in epoca normanna la nostra Diocesi, assieme alla Diocesi di Mazara del Vallo, vantava il privilegio di celebrarla.
La scena della trasfigurazione è per molti aspetti parallela a quella del battesimo nel Giordano ed è in un certo senso una anticipazione delle epifanie pasquali di Cristo ai suoi discepoli.
A metà strada della sua missione pubblica, “su un alto monte”, che la tradizione successiva ha identificato con il Tabor che domina la pianura di Galilea, Gesù rivela in una teofania, cioè in una solenne apparizione, la sua realtà profonda e misteriosa, che è sigillata ufficialmente dalla voce celeste: “questi è il figlio mio, il prediletto… ascoltatelo”.
Ancora oggi “una voce”, la voce di Dio ci raggiunge comunitariamente e singolarmente per ripeterci: “ascoltatelo!”.
“Ascoltatelo” non è solo un esortativo, ma è soprattutto un imperativo.
Nella sacra scrittura il verbo ascoltare ha un significato specifico che si differenzia enormemente dal sentire usato nel nostro lessico quotidiano.
Ascoltare è ubbidire!
Mi risuona ancora all’orecchio la parola suasiva e ferma dei miei genitori quando in certi momenti mi ripetevano: “ascutami!”.
Quell’ascoltami ripetuto in modo continuo, incalzante, dai genitori come sigillo finale di consigli e raccomandazioni utili per la nostra crescita, certamente ci accompagna ancora oggi.
La lingua sapiente di un papà e di una mamma non smette mai di dire ai figli: “ascoltami, ubbidiscimi”.
L’imperativo che oggi troviamo nel testo dell’evangelista Matteo lo accogliamo come sapienza di Dio che vuole preservarci dall’inganno di altre voci che in forma di sirene ammalianti potrebbero raggirarci e deviarci dal retto sentire.
Vorrei ancora condividere con voi qualche altra riflessione suggeritami da alcuni elementi particolari presenti nel Vangelo.
La prima: Matteo riferendosi a Pietro, Giacomo e Giovanni sottolinea che “Gesù fu trasfigurato davanti a loro”. Perchè solo davanti a loro e non in presenza di altri?
San Leone Magno (440 – 461) e Origene di Alessandria (185-254) lo spiegano molto bene. San Leone dice: “la trasfigurazione premia la fede che persevera nonostante tutto” e Origene commenta: Gesù si trasfigura solo nel cuore e davanti agli occhi di chi lo sa veramente accettare”.
Un’altra riflessione mi porta a contemplare la bellezza del volto di Cristo: “e il suo volto brillò come il sole”.
Come si fa a dipingere o scolpire un volto che brilla come il sole?
Il volto di Cristo ha sempre costituito una sfida per gli artisti. Il beato Angelico nell’affresco della trasfigurazione in San Marco, a Firenze, ha dedicato un’intera giornata di lavoro sui lineamenti del volto di Gesù.
Leonardo da Vinci nel dipingere l’ultima cena tenne per ultimo il particolare del volto di Gesù, come il compito più delicato e importante.
Il volto è la rivelazione dell’anima. Solo chi ha impresso nel proprio cuore il volto di Gesù può provare a rappresentarlo.
Ci è lecito immaginare che chi è riuscito a raffigurare il volto del nostro Pantocratore nella sua impareggiabile bellezza, veramente doveva averlo prima scolpito nel cuore.
Se non ci si lascia catturare dalla bellezza di questo volto fino a imprimerne i lineamenti nel nostro cuore la nostra vita non cambierà.
Non si può trascorrere la vita a rimpiangere il passato, a lamentarsi del presente, a temere per il futuro.
Occorre fare un salto di qualità, un tuffo in Dio e lasciarsi avvolgere dal suo fulgore.
A Pietro, Giacomo e Giovanni è stato offerto il privilegio di contemplare la bellezza immensa di Dio, ma hanno dovuto raggiungere un “alto monte”.
Se non ci si spinge in alto, se non si ascende a livelli superiori, se non ci si libera da tutto ciò che appesantisce il nostro cuore, non si giunge alla contemplazione e non si riesce a cogliere la bellezza di cui siamo circondati.
Ci conforta il credere che il mistero della trasfigurazione non è finito.
In ognuno di noi c’è una luce incancellabile, qualcosa di divino che viene fuori senza di noi perchè creati a sua immagine e somiglianza.
Ovunque una povera creatura riesce a fare emergere dal proprio fondo tenebroso un desiderio o un pensiero di bontà, ovunque qualcosa di generoso si svincola dal nostro egoismo e si piega dolcemente sopra una pena o sopra una miseria altrui, ivi si innalza il monte della trasfigurazione.
Sul volto stanco di questa umanità può sempre accendersi un barlume che pur brillando di luce riflessa non mortifica il fulgore della trasfigurazione.
La gente dal cuore piccolo e dallo sguardo corto scorge solo i segni del degrado. Quando vi dicono che i monti non hanno più vette, che non ci sono più giornate luminose in questa lunga passione non credeteci: c’è luce anche oggi, ci sono anime che ascendono anche oggi, umili volti di mamme che splendono come il sole.
Né allora, né adesso, né mai sarà tempo di piantare tende sul Tabor.
Ai piedi del Tabor c’è una turba di gente che attende, di malati, di sofferenti, di affamati, di disoccupati che attendono una qualche risposta.
La contemplazione che si distacca dalla pianura è un Tabor che non ci interessa, le tende del Signore vogliamo piantarle nel cuore dell’umanità.
A Gesù trasfigurato affidiamo questi nostri sentimenti con i migliori auguri per questa nostra Città in festa perchè la sua festa non abbia mai fine.

I concili nei secoli
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I° CONCILIO DI NICEA



I° CONCILIO DI COSTANTINOPOLI



I° CONCILIO DI EFESO



I° CONCILIO DI CALCEDONIA



II° CONCILIO DI COSTANTINOPOLI



III° CONCILIO DI COSTANTINOPOLI



II° CONCILIO DI NICEA



IV° CONCILIO DI COSTANTINOPOLI



LETTERA A DIOGNETO


I° CONCILIO LATERANENSE



II° CONCILIO LATERANENSE



II° CONCILIO LATERANENSE



IV° CONCILIO LATERANENSE



I° CONCILIO DI LIONE



II° CONCILIO DI LIONE



CONCILIO DI VIENNA



CONCILIO DI COSTANZA



CONCILIO DI BASILEA



V CONCILIO LATERANENSE


CONCILIO DI TRENTO



CONCILIO VATICANO I°

Incontri sulla Dei Verbum
Incontri sulla “ DEI VERBUM” Comunità Itria dal 26 Novembre 2018. Per accedervi click sull’icona che scorre di seguito .
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