Cerca nella bibbia

Per citazione
(es. Mt 28,1-20):





Per parola:


Siti Amici

Ultimi Post
Post in evidenza
Featured video
Intervista a H.Küng 1 Parte
Intervista a H.Küng 2 Parte
Intervista Mons. Bettazzi
Leggiamo, una pagina al giorno, il libro “ PREGARE LA PAROLA” di Enzo Bianchi. Per accedervi click sulla voce del menu “ PREGARE LA PAROLA” o sull’icona che scorre di seguito .

tirisan

SS. Pietro e Paolo Apostoli. – Il nostro vero rifugio è la fiducia in Dio.

ppm ce….«Il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode» (At 12,11) .
Agli inizi del servizio di Pietro nella comunità cristiana di Gerusalemme, c’era ancora grande timore a causa delle persecuzioni di Erode contro alcuni membri della Chiesa.
C’era stata l’uccisione di Giacomo, e ora la prigionia dello stesso Pietro per far piacere al popolo.
Mentre egli era tenuto in carcere e incatenato, sente la voce dell’Angelo che gli dice: «Alzati in fretta! … Mettiti la cintura e legati i sandali … Metti il mantello e seguimi!» (At 12,7-8).
Le catene cadono e la porta della prigione si apre da sola. Pietro si accorge che il Signore lo «ha strappato dalla mano di Erode»; si rende conto che Dio lo ha liberato dalla paura e dalle catene.
Sì, il Signore ci libera da ogni paura e da ogni catena, affinché possiamo essere veramente liberi.
L’odierna celebrazione liturgica esprime bene questa realtà, con le parole del ritornello al Salmo responsoriale: «Il Signore mi ha liberato da ogni paura».
Ecco il problema, per noi, della paura e dei rifugi pastorali.
Noi – mi domando –, cari fratelli Vescovi, abbiamo paura?
Di che cosa abbiamo paura?
E se ne abbiamo, quali rifugi cerchiamo, nella nostra vita pastorale, per essere al sicuro?
Cerchiamo forse l’appoggio di quelli che hanno potere in questo mondo?
O ci lasciamo ingannare dall’orgoglio che cerca gratificazioni e riconoscimenti, e lì ci sembra di stare sicuri?
Cari fratelli vescovi, dove poniamo la nostra sicurezza?
La testimonianza dell’Apostolo Pietro ci ricorda che il nostro vero rifugio è la fiducia in Dio: essa allontana ogni paura e ci rende liberi da ogni schiavitù e da ogni tentazione mondana. Oggi, il Vescovo di Roma e gli altri Vescovi, specialmente i Metropoliti che hanno ricevuto il Pallio, ci sentiamo interpellati dall’esempio di san Pietro a verificare la nostra fiducia nel Signore.
Pietro ritrovò la fiducia quando Gesù per tre volte gli disse: «Pasci le mie pecore» (Gv 21,15.16.17). E nello stesso tempo lui, Simone, confessò per tre volte il suo amore per Gesù, riparando così al triplice rinnegamento avvenuto durante la passione. Pietro sente ancora bruciare dentro di sé la ferita di quella delusione data al suo Signore nella notte del tradimento.
Ora che Lui gli chiede: «Mi vuoi bene?», Pietro non si affida a sé stesso e alle proprie forze, ma a Gesù e alla sua misericordia: «Signore tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene»   (Gv 21,17)  . E qui sparisce la paura, l’insicurezza, la pusillanimità.
Pietro ha sperimentato che la fedeltà di Dio è più grande delle nostre infedeltà e più forte dei nostri rinnegamenti. Si rende conto che la fedeltà del Signore allontana le nostre paure e supera ogni umana immaginazione.
Anche a noi, oggi, Gesù rivolge la domanda: «Mi ami tu?». Lo fa proprio perché conosce le nostre paure e le nostre fatiche.
Pietro ci mostra la strada: fidarsi di Lui, che “conosce tutto” di noi, confidando non sulla nostra capacità di essergli fedeli, quanto sulla sua incrollabile fedeltà. Gesù non ci abbandona mai, perché non può rinnegare se stesso (cfr 2 Tm 2,13).
E’ fedele.
La fedeltà che Dio incessantemente conferma anche a noi Pastori, al di là dei nostri meriti, è la fonte della nostra fiducia e della nostra pace.
La fedeltà del Signore nei nostri confronti tiene sempre acceso in noi il desiderio di servirlo e di servire i fratelli nella carità.
L’amore di Gesù deve bastare a Pietro. Egli non deve cedere alla tentazione della curiosità, dell’invidia, come quando, vedendo Giovanni lì vicino, chiede a Gesù: «Signore, che cosa sarà di lui?»  (Gv 21,21) .
Ma Gesù, di fronte a queste tentazioni, risponde: «A te che importa? Tu seguimi»  (Gv 21,22) .
Questa esperienza di Pietro costituisce un messaggio importante anche per noi, cari fratelli Arcivescovi. Il Signore oggi ripete a me, a voi, e a tutti i Pastori: Seguimi!
Non perdere tempo in domande o in chiacchiere inutili; non soffermarti sulle cose secondarie, ma guarda all’essenziale e seguimi. Seguimi nonostante le difficoltà.
Seguimi nella predicazione del Vangelo.
Seguimi nella testimonianza di una vita corrispondente al dono di grazia del Battesimo e dell’Ordinazione.
Seguimi nel parlare di me a coloro con i quali vivi, giorno dopo giorno, nella fatica del lavoro, del dialogo e dell’amicizia.
Seguimi nell’annuncio del Vangelo a tutti, specialmente agli ultimi, perché a nessuno manchi la Parola di vita, che libera da ogni paura e dona la fiducia nella fedeltà di Dio.
Tu seguimi!  ( Papa Francesco )

Pellegrinaggio a Noto del Movimento Pro Sanctitate

pro san mIl Movimento Pro Sanctitate celebra nella sua città natale il suo Fondatore, il  Servo di Dio Guglielmo Giaquinta, Vescovo,  a cento anni dalla nascita avvenuta il 25 giugno 1914.
Si ritroveranno a Noto in  pellegrinaggio  il 21 e 22 giugno, membri del Movimento provenienti da varie zone dell’Italia, dal Belgio, dalla Lettonia, da Malta e dall’ Olanda, dall’ India  e dagli Stati Uniti.
La sera di sabato 21 giugno sulla scalinata della Cattedrale di Noto,  verrà celebrata la ricorrenza con uno spettacolo che ripercorre il messaggio del Movimento e del suo fondatore – la universale chiamata alla santità – in forme artistiche diverse:
poesia, musica e danza celebreranno prima di tutto la gioia dell’essere amati come figli da un Padre indulgente che ci chiama a corrispondere il suo amore.
La serata, cui sarà presente anche il Sindaco di Noto Corrado Bonfanti, è una tappa delle celebrazioni: il Movimento infatti dedica tutte due le giornate di sabato e domenica alla città natale di Giaquinta, cui già è intitolata una strada della città. Prima dello spettacolo, in Cattedrale, si ripercorrerà la vita del Fondatore con testimonianze, filmati, musiche, e immagini. E domenica, sempre in cattedrale, Santa Messa solenne celebrata da Monsignor Salvatore Di Cristina, Vescovo emerito di Monreale, assistente ecclesiastico del
Movimento Pro Sanctitate della nazione italiana. Dopo la Messa, un percorso fino alla casa natale del Servo di Dio: camminare per rendere visibile la fede, per testimoniare gratitudine, per coinvolgere la città nella memoria di un suo concittadino che ha lasciato tanti segni di ricchezza interiore e ardore apostolico e sociale.
 
“Bisogna che ci abituiamo ad amare il nostro tempo sconvolto, povero, disastrato, tragico, ma è il tempo in cui il Signore ci ha messo, ha messo soprattutto voi, come testimoni. È un tempo che va compreso, non giudicato, va amato”. (G.Giaquinta, La Testimonianza).
 www.movimentoprosanctitate.org
www.aggancio.it
www.100anniguglielmogiaquinta.org

Esercizi Spirituali

Carissimi ConfrEser Spiatelli,
E’ stato già comunicato che gli Esercizi spirituali avranno luogo nel Seminario estivo di S.Guglielmo nella prima settimana di luglio, e precisamente da lunedi 30 giugno a venerdi 4 luglio p.v.
Avremo come guida spirituale Don Cristiano Passoni, Direttore Spirituale del Seminario di Venegono (Milano), Docente di Teologia Spirituale.
Il nostro Papa Francesco a noi Ministri sacri, dediti al culto divino e al servizio pastorale nella Chiesa, raccomanda tanto la vicinanza con Dio nella preghiera e nell’ascolto della Parola e la vicinanza con il popolo.
Gli esercizi spirituali sono occasione propizia per ravvivare e rafforzare questa vicinanza con Dio che poi si riflette nella vicinanza pastorale con il popolo.
Vogliamo fare in modo da superare eventuali difficoltà per assicurare la nostra partecipazione al prossimo corso degli esercizi spirituali.
I fedeli, avvertiti in tempo, saranno lieti di sapere che i loro Sacerdoti sono impegnati negli esercizi spirituali e pregheranno per la loro santificazione.
Augurandovi una buona conclusione dell’anno pastorale, la cui verifica diocesana avra luogo nel pomeriggio del 4 luglio a Castelbuono presso la Matrice Nuova, vi abbraccio e vi benedico di cuore.
firma manz med
P.S. Bisogna prenotare la camera entro il 25 giugno p.v. rivolgendosi alla Curia diocesana (Tel. 0921 926320 – Fax 09211926363 – E-mail curiacefalu@libero.it.
 

SS. Corpo e Sangue di Gesù. – il Corpo di Cristo è il pane degli ultimi tempi, capace di dare vita, e vita eterna, perché la sostanza di questo pane è Amore.

Il cibo che ci da il Signore ci nutre veramente…L’eucaristia non è un rito magico, è il segno che postula, esige, richiama una realtà concreta che siamo noi, che è la nostra storia. Se viviamo con questa partecipazione, non possiamo certo sentirci esenti dal pericolo – e i pericoli sono tanti.
Quelli che sono qui vagamente accennati dalle pagine del Deuteronomio sono innanzi tutto la nostalgia di altri tempi: questo popolo di dura cervice resiste alla pedagogia di Dio, che usava strumenti forti e violenti – le prove, i cataclismi, la fame, la siccità – per mettere a prova il suo cuore.
Noi rischiamo di rimpiangere, come quel popolo, tempi di tranquillità che, ora li vediamo bene, erano tempi di ingiustizia, di iniquità.  (Ernesto Balducci – da “Il Vangelo della pace” – vol. I – Anno A )
 
Papa francesco«Il Signore, tuo Dio, … ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi» (Dt 8,2).
Queste parole di Mosè fanno riferimento alla storia d’Israele, che Dio ha fatto uscire dall’Egitto, dalla condizione di schiavitù, e per quarant’anni ha guidato nel deserto verso la terra promessa. Una volta stabilito nella terra, il popolo eletto raggiunge una certa autonomia, un certo benessere, e corre il rischio di dimenticare le tristi vicende del passato, superate grazie all’intervento di Dio e alla sua infinita bontà.
Allora le Scritture esortano a ricordare, a fare memoria di tutto il cammino fatto nel deserto, nel tempo della carestia e dello sconforto.
L’invito di Mosè è quello di ritornare all’essenziale, all’esperienza della totale dipendenza da Dio, quando la sopravvivenza era affidata alla sua mano, perché l’uomo comprendesse che «non vive soltanto di pane, ma … di quanto esce dalla bocca del Signore» (Dt 8,3).
Oltre alla fame fisica l’uomo porta in sé un’altra fame, una fame che non può essere saziata con il cibo ordinario. E’ fame di vita, fame di amore, fame di eternità.
E il segno della manna – come tutta l’esperienza dell’esodo – conteneva in sé anche questa dimensione: era figura di un cibo che soddisfa questa fame profonda che c’è nell’uomo.
Gesù ci dona questo cibo, anzi, è Lui stesso il pane vivo che dà la vita al mondo (cfr Gv 6,51).
Il suo Corpo è il vero cibo sotto la specie del pane; il suo Sangue è la vera bevanda sotto la specie del vino.
Non è un semplice alimento con cui saziare i nostri corpi, come la manna; il Corpo di Cristo è il pane degli ultimi tempi, capace di dare vita, e vita eterna, perché la sostanza di questo pane è Amore.
Nell’Eucaristia si comunica l’amore del Signore per noi: un amore così grande che ci nutre con Sé stesso; un amore gratuito, sempre a disposizione di ogni persona affamata e bisognosa di rigenerare le proprie forze. Vivere l’esperienza della fede significa lasciarsi nutrire dal Signore e costruire la propria esistenza non sui beni materiali, ma sulla realtà che non perisce: i doni di Dio, la sua Parola e il suo Corpo.
Se ci guardiamo attorno, ci accorgiamo che ci sono tante offerte di cibo che non vengono dal Signore e che apparentemente soddisfano di più.
Alcuni si nutrono con il denaro, altri con il successo e la vanità, altri con il potere e l’orgoglio.
Ma il cibo che ci nutre veramente e che ci sazia è soltanto quello che ci dà il Signore!
Il cibo che ci offre il Signore è diverso dagli altri, e forse non ci sembra così gustoso come certe vivande che ci offre il mondo.
Allora sogniamo altri pasti, come gli ebrei nel deserto, i quali rimpiangevano la carne e le cipolle che mangiavano in Egitto, ma dimenticavano che quei pasti li mangiavano alla tavola della schiavitù. Essi, in quei momenti di tentazione, avevano memoria, ma una memoria malata, una memoria selettiva.
Ognuno di noi, oggi, può domandarsi: e io? 
Dove voglio mangiare? 
A quale tavola voglio nutrirmi?
Alla tavola del Signore?
O sogno di mangiare cibi gustosi, ma nella schiavitù?
Qual è la mia memoria?
Quella del Signore che mi salva, o quella dell’aglio e delle cipolle della schiavitù?
Con quale memoria io sazio la mia anima?
Il Padre ci dice: «Ti ho nutrito di manna che tu non conoscevi».
Recuperiamo la memoria e impariamo a riconoscere il pane falso che illude e corrompe, perché frutto dell’egoismo, dell’autosufficienza e del peccato.
Tra poco, nella processione, noi seguiremo Gesù realmente presente nell’Eucaristia.
L’Ostia è la nostra manna, mediante la quale il Signore ci dona se stesso.
A Lui ci rivolgiamo con fiducia: Gesù, difendici dalle tentazioni del cibo mondano che ci rende schiavi; purifica la nostra memoria, affinché non resti prigioniera nella selettività egoista e mondana, ma sia memoria viva della tua presenza lungo la storia del tuo popolo, memoria che si fa “memoriale” del tuo gesto di amore redentivo. Amen. ( Papa Francesco – Omelia la Celebrazione Eucaristica del SS . Corpo e  sangue di Gesù )
 
Bianchi[ Dal Vangelo ] ascoltiamo innanzitutto una dichiarazione di Gesù:
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo”.
Gli ascoltatori sono rimandati da Gesù non a qualcuno o a qualcosa con carattere di grandezza, forza, sapienza, ma all’umile realtà del pane che ognuno mangia quotidianamente per sostentarsi e che molti devono cercare, a volte addirittura mendicare nella loro povertà.
Il pane, questo cibo umile e semplice, ma che è il simbolo della vita, del cibo “necessario” per vivere: Gesù va proprio a questa realtà necessaria all’uomo, ma semplice e umile, per rivelare qualcosa di sé. Gesù dice che lui stesso è pane, un pane per la vita, un pane che non viene dagli uomini, che gli uomini non possono darsi, ma viene dal cielo, da Dio.
Sono parole che dobbiamo contemplare, non spiegare, perché non riusciamo ad accoglierle in pienezza.
Se noi vogliamo vivere della vita vera, non solo della nostra vita biologica che va verso la morte, dobbiamo mangiare il pane che Gesù ci offre, se stesso.
Tutta la sua vita, tutta la sua azione, tutte le sue parole, dalla nascita a Betlemme fino alla morte di croce, tutto è innestato nella vita del Figlio da sempre e per sempre nel seno del Padre, e perciò è vita eterna che viene offerta a noi, se siamo in ricerca, affamati di questa vita.
Attenzione: questa vita non è solo vita divina, in vista di una divinizzazione, ma è anche la vita umana di Gesù, la vita da lui vissuta nella carne fragile e mortale che aveva assunto nascendo dalla vergine Maria. Quella vita umana vissuta per amore di noi uomini in questo mondo, vita di un uomo che l’ha spesa, consumata fino alla morte di croce, è per noi cibo di vita per sempre.
Anche noi, come quegli ascoltatori giudei, siamo perlomeno turbati di fronte a una tale affermazione: come è possibile che un uomo ci dia la sua carne come cibo? Questa è una follia!
Eppure Gesù non ha paura di scandalizzare con un’affermazione così forte; anzi, commentandola la rende ancor più scandalosa: “Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita”.
Linguaggio duro, ma con il quale cerca di rivelarci che mangiare il pane eucaristico e bere al calice della benedizione è ricevere la realtà misteriosa (cioè nel mistero, nel sacramento) di Cristo, umanità trasfigurata nella resurrezione e vita divina del Figlio nel seno del Padre. Così nell’eucaristia la vita di Cristo diventa nostra vita e noi diventiamo corpo di Cristo, sue membra viventi, per lo stesso soffio che è lo Spirito santo. Questo è il “pane” che non si corrompe e che ci fa vivere per la vita eterna.
Non dobbiamo però dimenticarlo: tutto questo lo viviamo sacramentalmente, avendo davanti a noi pane spezzato e vino da bere. Ma il nostro occhio, se è abilitato dallo Spirito santo, discerne in quel pane e in quel vino il corpo e il sangue di Cristo. Noi ce ne cibiamo ed essi, entrati in noi, nel metabolismo eucaristico ci fanno diventare corpo del Signore. Questo è il grande mistero che noi innanzitutto adoriamo:
“la Parola si è fatta carne” (Gv 1,14) in Gesù;
la carne di Gesù si è fatta pane (cf. Gv 6,51);
il pane ci dà la vita eterna (cf. Gv 6,58).
( E. Bianchi )

I concili nei secoli
Clck sull’icona per aprire il documento



I° CONCILIO DI NICEA



I° CONCILIO DI COSTANTINOPOLI



I° CONCILIO DI EFESO



I° CONCILIO DI CALCEDONIA



II° CONCILIO DI COSTANTINOPOLI



III° CONCILIO DI COSTANTINOPOLI



II° CONCILIO DI NICEA



IV° CONCILIO DI COSTANTINOPOLI



LETTERA A DIOGNETO


I° CONCILIO LATERANENSE



II° CONCILIO LATERANENSE



II° CONCILIO LATERANENSE



IV° CONCILIO LATERANENSE



I° CONCILIO DI LIONE



II° CONCILIO DI LIONE



CONCILIO DI VIENNA



CONCILIO DI COSTANZA



CONCILIO DI BASILEA



V CONCILIO LATERANENSE


CONCILIO DI TRENTO



CONCILIO VATICANO I°

Incontri sulla Dei Verbum
Incontri sulla “ DEI VERBUM” Comunità Itria dal 26 Novembre 2018. Per accedervi click sull’icona che scorre di seguito .
Introduzione alla lectio divina
Cliccando sulla copertina del libro o sulla voce del menu “ pregare la parola” leggiamo ogni giorno una pagina del libro di Enzo Bianchi per entrare nello spirito della Lectio Divina.
New

POST DA SEGNALARE ( click per aprire collegamento)

Di sinodalità si può morire

Documento
preparatorio
del Sinodo
dell’Ammazonia

Transito di Madre
Agnese Magistretti

I Migranti sono
Persone..
non questioni
migratorie

Riflessioni sui
Migranti:
ricordando
La storia
di Ruth

P. Sorge
La politica
di chiusura
Mostrerà
la propria
disumanità

Lettera al
Presidente
della Repubblca
delle clarisse
carmelitane

Il nuovo patto
delle Catacombe
Chiesa povera
per i poveri

Cardinale Zuppi
a "Che tempo che fa"