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tirisan

II Domenica di Avvento: il deserto luogo di rinascita

Il  deserto, è  luogo in cui è possibile semplificare la propria vita, passando attraverso il vaglio della solitudine; una solitudine che però non è fine a se stessa, ma è condizione a cui Dio ci conduce perché possiamo ascoltare meglio la sua voce che sempre parla al nostro cuore (cf. Os 2,16). ( E. Bianchi )
 Il deserto è il luogo privilegiato dell’incontro:  nel deserto Gesù è tentato; nel deserto lo sposo va a recuperare la sua sposa  che si era persa  … la ripulisce …e la fa risplendere …  nel deserto ci si può perdere e morire  … ma ci si può fortificare   …
 “ non si fugge nel deserto …il deserto è luogo di raccoglimento per ritrovare le misure totali per ritornare alla città “  ( E. Balducci )  … nel deserto non veniamo mai lasciati soli…
  [ Il deserto ] è anzitutto un luogo, e un luogo che nell’ ebraico biblico ha diversi nomi: caravah, luogo arido e incolto, che designa la zona che si estende dal Mar Morto fino al Golfo di Aqaba; chorbah, designazione più psicologica che geografica che indica il luogo desolato, devastato, abitato da rovine dimenticate; jeshimon, luogo selvaggio e di solitudine, senza piste, senz’acqua; ma soprattutto midbar, luogo disabitato, landa inospitale abitata da animali selvaggi, dove non crescono se non arbusti, rovi e cardi.
Il deserto biblico non è quasi mai il deserto di sabbia, ma è frutto dell’erosione del vento, dell’ azione dell’ acqua dovuta alle piogge rare ma violente, ed è caratterizzato da brusche escursioni termiche fra il giorno e la notte. 
Refrattario alla presenza umana e ostile alla vita (Numeri 20,5),  il deserto, questo luogo di morte, rappresenta nella Bibbia la necessaria pedagogia del credente, l’iniziazione attraverso cui la massa di schiavi usciti dall’Egitto diviene il popolo di Dio. È in sostanza luogo di rinascita. … 
Il deserto è un’educazione alla conoscenza di sé …. tempo intermedio: non ci si installa nel deserto, lo si traversa ….  tempo che può essere vissuto solo imparando la pazienza, l’attesa, la perseveranza, accettando il caro prezzo della speranza. E, forse, l’immensità del tempo del deserto è già esperienza e pregustazione di eternità! ….
Ma il deserto è anche cammino: nel deserto occorre avanzare, non è consentito «disertare», ma la tentazione è la regressione, la paura che spinge a tornare indietro, a preferire la sicurezza della schiavitù egiziana al rischio dell’avventura della libertà. Una libertà che non è situata al termine del cammino, ma che si vive nel cammino. 
 Ma  per compiere questo cammino occorre essere leggeri, con pochi bagagli: il deserto insegna l’essenzialità, è apprendistato di sottrazione e di spoliazione. Il deserto è magistero di fede: esso aguzza lo sguardo interiore e fa dell’uomo un vigilante, un uomo dall’ occhio penetrante. L’uomo del deserto può così riconoscere la presenza di Dio e denunciare l’idolatria.
Giovanni Battista, uomo del deserto per eccellenza, mostra che in lui tutto è essenziale: egli è voce che grida chiedendo conversione, è mano che indica il Messia, è occhio che scruta e discerne il peccato, è corpo scolpito dal deserto, è esistenza che si fa cammino per il Signore («nel deserto preparate la via del Signore!», Isaia 40,3).
Il suo cibo è parco, il suo abito lo dichiara profeta, egli stesso diminuisce di fronte a colui che viene dopo di lui: ha imparato fino in fondo l’economia di diminuzione del deserto. Ma ha vissuto anche il deserto come luogo di incontro, di amicizia, di amore: egli è l’amico dello sposo che sta accanto allo sposo e gioisce quando ne sente la voce.
Sì, è a questa ambivalenza che ci pone di fronte il deserto biblico, e così esso diviene cifra dell’ ambivalenza della vita umana, dell’esperienza quotidiana del credente, della stessa contraddittoria  esperienza di Dio. Forse ha ragione Henri le Saux quando scrive che «Dio non è nel deserto. È il deserto che è il mistero stesso di Dio».
 Sull’esempio di Giovanni il cristiano è chiamato a preparare ogni giorno una strada nelle sabbie del proprio cuore, abbassando i monti del proprio orgoglio e colmando i burroni della propria disperazione… E questa dura lotta ha in fondo un unico scopo: giungere a comprendere che il desiderio profondo di Dio è la salvezza di tutti gli uomini, quell’evento che si compirà pienamente con la Venuta del Signore alla fine della storia: “ogni carne vedrà la salvezza di Dio!”.
Per noi che ancora oggi siamo in attesa del Veniente, Giovanni è il nuovo Elia (cf. Ml 3,23-24; Lc 1,17), è colui che apre e annuncia la salvezza che sta per essere compiuta dal Figlio dell’uomo.
 Sì, Giovanni è stato il precursore di Cristo nella storia e lo sarà fino alla fine dei tempi, come aveva capito con grande intelligenza un antico padre della chiesa che scriveva: “il mistero di Giovanni si compirà fino alla Venuta nella gloria del Signore Gesù, perché lo spirito di Giovanni precede chiunque crede in Cristo, e la sua forza conduce gli uomini ad appianare le asperità dei loro cuori, a raddrizzare i sentieri delle loro vite”, richiede di essere “pronti” ad accogliere la venuta del Signore. Ma noi, noi cristiani, siamo pronti e veramente in attesa? (E. Bianchi)

Maria, la senza macchia, donna creata prima dell'Uomo che genererà, porterà in grembo, darà alla luce, educherà ed accompagnerà nella sua consegna a Dio fino alla croce

www.chiesadicefalu.itRallegrati, tu che hai ricevuto grazia”.

Questo saluto dell’angelo a Maria ci orienta a interpretare un po’ diversamente la sua Immacolata Concezione.

Immacolato vuol dire, letteralmente, senza macchia; dunque, Maria non è stata toccata dal peccato originale fin dal primo istante della sua esistenza nel seno di sua madre. Ma il peccato non è, per la Bibbia, una macchia o una tara, bensì una relazione interrotta, un’alleanza rifiutata.

Il peccato di Adamo è appunto questo, il voler essere “come Dio”, cioè il dio di se stessi, l’arrogante autosufficienza dell’uomo che si concepisce come centro e giudice di tutte le cose.

Ora, in Maria, vi è un nuovo inizio: la “grazia” è appunto il dono gratuito di una relazione di amore. Ma qui, la donna è creata prima dell’Uomo, e lo genererà, non solo perché lo porterà in grembo e lo darà alla luce, ma anche perché lo educherà, lo aiuterà a esprimere pienamente la sua umanità, la sua consegna a Dio, fino alla croce.

 Maria genera continuamente suo Figlio, e il culmine di questa sua maternità è proprio sul Calvario.

Il Papa Paolo VI parla, a proposito di Maria, della “peregrinazione della fede”.

La fede è un pellegrinaggio, che conosce i tempi duri dell’oscurità e della prova, che richiede perseveranza e pazienza.

Maria è degna figlia di Abramo: anche lei si fida di una promessa apparentemente assurda, unicamente sulla base di una parola ricevuta.

Seguiranno i tempi lunghi dell’attesa, in una vita quotidiana apparentemente sempre uguale: che meravigliosa costanza, nella Vergine che vive a Nazaret la prossimità a quel figlio, senza impazienza, per trent’anni!

Poi, a un certo punto, le promesse sembrano compiersi; il suo figlio comincia a comportarsi come l’angelo le aveva predetto.

Ma subito, come per Abramo, c’è la richiesta di un sacrificio che distrugge i fondamenti stessi della speranza.

E’ allora che Maria, come Abramo, “spera contro ogni speranza” e, come Abramo divenne per fede “padre di tutti noi” (ai Romani 4,16), così Maria diviene madre di tutti coloro che percorrono questa via difficile e gloriosa, con la tenerezza femminile e l’autorità di colei che la Liturgia chiama “avvocata di grazia”.

Oggi, noi siamo esortati a pensare a tutti coloro dai quali la nostra vita dipende.

Nessuno nasce da solo.

Noi siamo parte di una storia, la riceviamo e la trasmettiamo. Ma l’inizio di questa storia è il sì di questa giovane donna di Nazaret.

 Esso rimane associato per sempre all’obbedienza redentrice di Gesù.

Per questo, conviene consegnare a lei la nostra preghiera, la fatica della nostra fede, ma anche il gemito e la ricerca di tutti gli uomini.

Don Giuseppe Dossetti

I Domenica di Avvento: prepariamo una dimora "pulita" al Dio che viene.

«In 1Ts 3,12 + ci sono date le indicazioni per questo nostro Avvento: esortazione molto forte ad abbondare e a sovrabbondare.
  Se l’Avvento è quello che è, qui occorre abbondare: respingere il calcolo, la parsimonia, la misura stretta….  abbondare nella carità l’uno verso l’altro e verso tutti. Abbondare, avere una visione larga gli uni verso gli altri, uscire dalla nostra piccola tana e muoverci verso l’altro. 
… Il testo, in quello che segue, fa un forte richiamo alla purezza…. C’è nello spirito dell’Avvento (in modo diverso dalla Quaresima che è purificazione e umiliazione della persona e del corpo attraverso il digiuno) una preparazione di una dimora pulita al Signore che viene. Tutto è puro in ciò che è a  contatto con il Signore: il seno della Vergine; l’asinello su cui nessuno era montato; il sepolcro nuovo.
Forte richiamo alla purezza nella mente, nel cuore e nel corpo: estirpazione in radice dei desideri contrari perché a questo ci ha chiamato il Signore.
Il v. 8: Perciò chi disprezza queste norme non disprezza un uomo, ma Dio stesso, che vi dona il suo Santo Spirito è importante non solo nella prima parte ma nell’ultima: Dio che dà lo Spirito Santo in voi. Il Signore viene nel mondo per dare una realtà nuova albare, limpidissima che è lo Spirito Santo. Lo Spirito è lo Spirito della limpidità, della purezza e degli affetti e del corpo ben armonizzati per cui Gerusalemme riposerà in fiducia e sarà quindi il suo nome il Signore giustizia nostra (d. G. Dossetti,  appunti di omelia, Gerico 2.12.1979).
 «La manifestazione del Figlio dell’uomo spacca l’universo e per questo non bisogna lamentarsi dei segni di sconvolgimento perché è la creazione nuova. Il cosmo in cui noi siamo inseriti è una realtà unica (di dentro e di fuori): se noi siamo proiettati nell’ultimo giorno nulla ci spaventa altrimenti tutto ci scuote di fuori e di dentro. È il vivere già in Dio che permette di rendere culto a Dio con gioia, ma non si può essere in questa gioia se non si è già là». (Sr. Agnese, appunti di omelia, 1972).
 …Noi sappiamo che tutto è precario, che all’improvviso tutto può finire: è per noi un dato scientifico. C’è anche un big-bang della fine come quello che la scienza ci suggerisce di immaginare alle origini del mondo. Ma questa consapevolezza scientifica non ci dice nulla.
Solo la coscienza è capace di attendere la novità.
La fede ci suggerisce l’attesa della novità conforme alla nostra attesa di giustizia, nel senso pregnante che ha la parola pace.
La pace è l’aspetto radioso della giustizia.
Essa prorompe dalla giustizia, postula la giustizia.
Questa attesa è sorretta dalla promessa che ci è stata fatta.
Nella coltre delle tenebre in cui siamo, una mano si stende verso di noi e noi dobbiamo tendere la nostra. Questa reciprocità contiene il senso del tempo!
La nostra attesa allora significa disposizione ad accogliere la promessa come un impegno.
Noi siamo spettatori di un processo, anzi il processo non si vede se non ci siamo dentro.
 Chi non si è liberato non vede nulla. Chi è prigioniero, come dice il Vangelo, delle «dissipazioni» non vede nulla, non si accorge del nuovo che viene, ma chi è proteso verso questo futuro diverso, un futuro che è sempre più indispensabile, è nel regno di Dio. (Ernesto Balducci – “Gli ultimi tempi” – vol. 3 – Anno C)
 … . Il nostro è il Dio della Promessa. Io credo nel Dio della promessa e nella promessa di Dio. Questa è l’essenza della fede.
E allora, se c’è questa promessa che si è attuata nel figlio dell’uomo, il mio atteggiamento non è più di paura invincibile, perché per quanto passino il cielo e la terra, c’è qualcosa che non passa: appunto la Parola che la fede schiude dentro come un fiore sempre vivo. (Ernesto Balducci – “da: “Il mandorlo e il fuoco” – vol. 3)
 «È la parola che tiene il cuore leggero; le preoccupazioni terrene sono quelle che appesantiscono il cuore perché soffocano la Parola (cfr. Lc 8,14)» (Sr. Agnese, appunti di omelia, 1972).
 … Se la nostra consuetudine con la Parola di Dio non è occasionale ma strutturale, è una specie di ritmo interno che si intreccia col battito del cuore, queste cose noi le vediamo nascere.
E allora la nostra scelta di fede sarà non quella di piangere sulle catastrofi ma quella di allearci con le cose nuove in cui traluce l’adempimento della Promessa di Dio.
Ché se noi dovessimo fondare la certezza sull’esperienza non ce la faremmo. Come il rabbino della leggenda, a cui un cristiano osò dire che il Messia è già venuto ad inaugurare il suo regno; apri la finestra, guardò il mondo e disse: «No, il mondo è tale che il Messia non è venuto ». E aveva ragione.
Dov’è il Messia?
…  Egli è Colui che viene: il giorno del Signore viene, non appartiene al nostro calendario passato, è una dimensione del futuro che irrompe, appunto è un adventus, è qualcosa che viene verso di noi.
 Allora la fede consiste nel discernimento di questo processo antitetico al successo della catastrofe che è processo di vita. Consiste nell’allearsi ai nuovi segni della vita.
È che noi conosciamo la vita secondo le indicazioni dei vecchi manuali.
Molti cristiani si accostano alla realtà con lo schema già fatto delle leggi morali sancite, universali, e non si accorgono che conservando le loro leggi astratte mettono i piedi sul germoglio nuovo che è nato.
 Prima di essere una morale, la fede è discernimento, è un saper cogliere la realtà che nasce, è un passo verso ciò che nasce e cresce.
Questo è il modo di incontrare Dio.
 Altrimenti Dio diventa un nome consolatorio che ci strappa dalla comune condizione umana e ci rende incapaci di piangere adeguatamente e di essere adeguatamente sereni.
Quando la nostra vita si è legata, con questo nesso indissolubile, al processo del Dio che viene, allora siamo liberi dalla paura.
Infatti, che cosa può avvenire, poi?
Cosa può avvenire che spezzi questa sicurezza?
Niente può avvenire!
 All’interno di una vera comunità cristiana non c’è la paura di esser incompresi, perseguitati, vittime della storia.
C’è oggi un linguaggio vittimistico, fra i cristiani, che è insopportabile. Come se nel mondo non ci fossero vittime più serie, magari i negri del Sud.Africa, magari i palestinesi … Non staremo a piangere sul mondo che ci perseguita: staremo qui ad allevare il germoglio che è nato; ad esser pronti – in qualunque parte del pianeta – a scommettere che per la promessa di Dio, adempiuta in Cristo, la vita vincerà sulla morte. E questa certezza va pagata quotidianamente, non spesa nelle orazioni domenicali: va scontata giorno per giorno nelle scelte. (Ernesto Balducci – “da: “Il mandorlo e il fuoco” – vol. 3)
 
 

… ho camminato con un angelo …

Il 28 Novembre p.v  sarà il 28 anno del ritorno di Angelo alla casa del Padre.
Lo vogliamo ricordare con affetto a quanti l’hanno incontrato e presentarlo a tanti che non l’hanno conosciuto
Angelo Mazzola nasceva a Castelbuono il 18 Novembre del 1948 e crebbe in un ambiente familiare religioso.
Dopo le elementari fu accolto nel seminario dei Padri Conventuali di Montevago e successivamente fece il noviziato ad Assisi.
Poi…non sapendosi accomodare…lascia e, malgrado avesse compiuto i primi studi liceali, ritornando a Castelbuono è costretto a rifrequentare le medie, poi il liceo.   ..poi l’impegno  nel sindacato, nella politica , le esperienze di aggregazioni nei recital, l’università, il fidanzamento…  In tutto questo percorso una presenza importante nella sua vita: la mamma…  Momento di terribile dolore la sua scomparsa. Questa una sua poesia inedita a lei dedicata

         “Ora mamma…. camminerò solo,
        ma ancora mi darai il tuo aiuto…sempre!
        Ti davo un bacio nel sonno
        Come ora quegli occhi di pianto,
        ora i tuoi capelli…serti di cigli sul tuo capo
        Aprimi il fazzoletto come allora,
        nel fazzoletto…. quello ricamato dal mio cuore
        conservo le tue lacrime:
        ricordo d’amore”

Subito dopo la scomparsa di mamma siamo partiti – assieme ad altri amici – per Spello, accolti dalla fraternità dei Piccoli Fratelli del Vangelo di Charlés de Foucauld.

Quì Angelo sentì fortemente la chiamata al sacerdozio; me lo comunicò, passeggiando per il corso di Castelbuono, al ritorno da Spello.

Sento che la vita alla quale il Signore mi chiama è ardua e io null’altro so fare e posso fare se non dirgli continuamente: sia fatta, Signore, la Tua santa volontà.
  Ho superato con la grazia del Signore, quel momento di incertezza e di tristezza riguardante il Seminario. Penso che Lui mi chiederà sempre di me, delle mie azioni, della gioia di dirgli ogni giorno un nuovo e identico SÌ e non posso chiedere di più perché il resto lo farà Lui come e quando vorrà…. Con estrema semplicità chiedo al Signore di mantenermi nella disponibilità a Lui, nel Suo Amore”
“  Essere servo di Dio e di coloro che lo rappresentano è un dono. Noi forse abbiamo perso la categoria del dono, del regalo; spesso si fa un regalo per comprare l’altro o per ricevere un contraccambio. A Dio che vuole colmarci di doni e di ministeri basta dire SI e seguirlo; e così io sono servo, servo di Dio e dei fratelli e tale voglio rimanere e mai divenire servo dei potenti del mondo e di coloro che si  valgono della oppressione, della forza, dell’ingiustizia.  Il Signore mi fa prete per servire Lui e te“
Il 15 Marzo 1981 viene ordinato Diacono dal Vescovo Emanuele e il 4 ottobre, dello stesso anno, viene mandato a Montemaggiore.
 Quella stessa sera, invitato dal Vescovo a parlare, disse:  “ Impareremo a fare l’Amore
 Finalmente  il 19 dicembre 1981! Finisce il Diaconato ma non la ” Diaconia”
 “Carissimo, insieme a tante avventure che mi sono capitate nella  mia vita di cristiano, mi sta capitando ora un’altra avventura meravigliosa: giorno 19 dicembre sarò ordinato presbitero. “
 Per quattro anni servi la comunità di Montemaggiore,
 Cari fratelli e care sorelle nel Signore Gesù, sono Angelo, il vostro fratello.
  Da quando il nostro vescovo mi ha mandato a voi, non vedo l’ora di venire a incontrarvi per rimanere con voi e insieme guardare il volto luminoso del Signore che si manifesta nella comunità e insieme meravigliarci e gioire per le cose meravigliose che Egli compie per noi !
  Paura e gioia si accavallano nel mio cuore….   Paura per la mia povertà e i miei limiti, gioia per il dono che ricevo!
  Vengo a voi con le mani vuote di ricchezze, stimando ricchezza solo voi!   Vengo a voi con il cuore colmo di gioia e carico di Amore, di quell’Amore di cui il Signore mi ha colmato per colmare…   Non ho niente tra le mani se non il Vangelo…i Sacramenti… Voglio essere in mezzo a voi come colui che serve e lava i piedi a tutti.    Mi riscontro pieno di difetti e di incapacità.
La vostra carità saprà perdonare i miei limiti e farà in modo di farmi migliorare.   Fin d’ora, da parte mia, vi prometto di essere “ per voi”, “ con voi” “ in ascolto della voce dello Spirito per essergli fedele.  La Vergine, Madre della Chiesa, ci aiuti e faccia delle nostra comunità il cenacolo del 1981! E dell’avvenire ! “ ( Lettera alla comunità di Montemaggiore Belsito)
“ Eccomi a Montemaggiore….mi sono proposto di ascoltare, di vagliare, di testimoniare… sto operando in me una trasformazione per sentirmi montemaggiorese e sogno il giorno in cui i fratelli si accorgano che io sono tale….Di altro poco mi importa: voglio solo annunciare Cristo ai fratelli che fanno la strada con me verso la Gerusalemme celeste “
Nel Settembre 1985 accetta senza riserve di essere donato, in obbedienza al Vescovo,  alla comunità di Calcarelli e Nociazzi.
 Carissimi… sono stato contento di servire la comunità sia da Diacono, sia da Presbitero… Voglio ringraziare il Signore per quello che sono, cioè Sacerdote, per quel poco che ho potuto fare, che abbiamo potuto fare insieme e devo chiedergli perdono per le resistenze che ho avuto quelle volte che il Signore da me richiedeva di più… 
Ti ringrazio, Padre, perché mi hai chiamato alla vita, al Battesimo, alla Testimonianza, all’Eucaristia, alla Riconciliazione, al Sacro ordine del Diaconato e del Presbiterato.
Ti ringrazio perché mi hai detto che servire è più che comandare!
Ti ringrazio perché mi hai dato in dono questi fratelli, confrontandomi con i quali il Cristo incontrato nei libri è diventato il Cristo della vita!
Mi sono lasciato mettere continuamente in discussione nei miei pensieri e nei dialoghi, sperando sempre che emergesse Cristo.
…………  Questa mia partenza fa, o Signore, che diventi un campanello d’allarme, una riflessione profonda nell’intimo, nel cuore dei giovani che mi hai donato e che, tu lo sai, Signore, sono stati la mia passione… sono stati il mio cuore… per loro non ho calcolato nulla….  Per loro non ho paura di chiederti di obbligarli a una scelta totale per Te.  Chiamali sempre più alla Tua sequela … perché vivano sempre “ insieme”” e “ meglio” la vita che Tu hai dato in dono; fa che vivano l’esplosione della loro giovinezza nell’annuncio e nella lode…
So, o Signore, che tu ascolti la preghiera di un povero prete…esaudiscila… Ti prego, o Padre, per questa comunità: perché possa sempre più scoprire l’autorità del servizio, dell’ascolto, della verità….Urge pure, o fratelli, che io vi chieda perdono  per le attese che non ho saputo soddisfare, per l’esempio che non vi ho saputo dare, per le sollecitazioni che vi ho fatto in modo,  a volte, poco garbato…ma l’ho fatto per amore a voi, al Signore, alla Chiesa….Chiedo perdono a coloro che non ho capito… Andando via da Montemaggiore voglio avere la certezza del vostro perdono….  Piango nel lasciarvi perché mi siete stati e mi siete cari, per un verso o per un altro verso… Noi però siamo chiamati a guardare avanti perché il Signore è sempre più avanti di noi e ci attende.
 A Calcarelli Angelo si fermò solo 32 giorni
 ….[ Calcarelli 02/11/1985]  Miei carissimi fratelli e sorelle di Montemaggiore, ……Sta finendo la prima settimana a Calcarelli per me e ringrazio il Signore di  di avermi fatto il dono di voi prima  e di questa comunità poi. Questa mia prima settimana quì  è stata molto intensa…Mentre vado girando, mi semba di essere un Apostolo, un inviato dal Signore a rafforzare nella fede, a parlare di Gesù, il Crocifisso-Risorto, a porgere a tutti la mia mano e a sentirli fratelli     miei.  Voi non sapete che significa essere Padre. Io lo so ed è bello…. Stamattina, dopo la messa, in pellegrinaggio siamo andati al cimitero. Abbiamo pregato, pianto, ma abbiamo professato la Fede!  Fa un certo effetto avere le tombe di fronte e dire, a dispetto della morte:  “ Credo che queste tombe si scoperchieranno, credo nella Resurrezione del morti…”
 ….[ Calcarelli 25/11/1985]  …E’ ormai quasi un mese che sono venuto via da Montemaggiore.  Io sto molto bene; sarà certamente la grazia di Dio che opera questo… La mia vita si muove in maniera molto intensa… Il paese è buono…ci si sente in famiglia…. Preparatevi  bene al Natale del Signore Gesù, con più armonia, rimanendo nella pace, facendo il primo passo nei confronti dei fratelli, stando sempre in armonia con i Presbiteri della Comunità…
 Noi siamo portatori di un Amore donato e non di un Amore dovuto perché meritato…per questo Amavi tutti così intensamente, senza riserve….fino all’ultimo
“E’ bello essere preti e ringrazio il Signore per avermi chiamato, sedotto, amato; e questo amore non finisce di stupirmi. La sera, a volte, rientrando, guardo verso i monti e dico: il Signore mi ha reso pastore assieme al mio Vescovo pastore. Guardo le stelle, benedico il Signore e dico: anche se la mia discendenza si può contare, la nostra discendenza non si può contare. Scopro Nociazzi, là dove ci sono le luci e mi dico: più sotto c’è Catalani e qui Calcarelli!. Tutti da amare, tutti da perdonare, tutti da guidare, tutti mia Madre….la Chiesa“
Questa che segue la lettera di Mons. Catarinicchia un giorno prima della morte di Angelo
  Carissimo Angelo…. Tante volte vengo a trovarti… per partecipare alla tua fatica e alla tua gioia, alla tua speranza e alla tua croce.  Resta troppo vero che abbiamo dato al Signore la nostra vita, ed ora Lui ne dispone interamente!.  E’ giusto solo aspettare che il chicco…. Muoia… la riuscita è sicura !  tante volte è difficile morire, perciò diventiamo tristi e impazienti, nervosi e ribelli… Il Signore sorride di tutte le  nostre pretese…. “ i miei pensieri non sono i vostri pensieri e…” e conduce misteriosamente la Chiesa per l’unica strada: la Croce!……Custodisci la salute come dono di Dio e rispetta il disegno del Signore…  Ti abbraccio in Cristo:  + Emanuele Vescovo ( 27/11/1985) ”
Desiderio di contemplare il volto di Dio in quest’altra poesia inedita:

…..

Lasciami camminare oltre la terra, oltre le orme faticose ..
Lasciami guardare la tua luce  …   Lascia che io scelga libero la mia barca per seguirti nel mare alto sulla mia barca
perché libertà è scelta….
 Lascia che mi leghi alla mia barca lasciando sulla rena le altre barche perché scegliere è lasciare altro da parte
e libertà è scegliere… e scegliere è accettare…
 Lascia che io scelga di essere uomo per morire e risorgere come Tu hai scelto di essere uomo e sei risorto
perché sei Dio.
Rendimi libero di amare e di morire…
Ha un senso la mia libertà !

 Angelo torna alla casa del Padre il 28/11/1985
 
Ti ringrazio Signore perché per buona parte della mia vita mi hai dato per compagno e amico …un Angelo  …
  Non ha mai cercato di spiegarTi con parole, frasi ad effetto, tentativi di suggestionare l’emotività….ma , come Te nel tempio, “ aperto il rotolo “…ne proclamava la Parola …e poi…  poi si scrutava dentro per verificare se avrebbe potuto annunciare, come Te, : “ oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udito con i vostri oreYouTubecchi…”
  Non  ha mai smesso di raccomandarci di Amare la Tua Chiesa, di stare nella Tua Chiesa, di soffrire per Tua chiesa soprattutto quando, peccatrice, irriconoscibile, si rifugia nel deserto  in attesa del ritorno del Suo Sposo.
  Non ha mai smesso di sentirsi creatura del Suo Creatore …. Ha sempre cantato il meraviglioso Mistero di  ritrovarsi – per totale gratuità – fratello di Cristo che per e con lo Spirito Santo  è con il Padre un solo Dio

I concili nei secoli
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I° CONCILIO DI CALCEDONIA



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