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Padre Giovanni Silvestri è il nuovo parroco di Polizzi Generosa

Padre Giovanni Silvestri è il nuovo parroco di Polizzi Generosa. La sua nomina l’11 Novembre scorso
Nella cronotassi dei Parroci di Polizzi (che inizia dal dopo medioevo) è   il 48mo Arciprete-Parroco dopo 84 anni di parroci non “polizzani”
  P. Giovanni  è dottore in Teologia Sacramentaria, dottore in Storia e Filosofia e dottore in Sociologia; attualmente docente presso la Lumsa di Palermo e Direttore della Pastorale della Cultura della Diocesi di Cefalù.
Si insedierà il 23 dicembre p.v. 

25 Novembre: incontro di tutte le confraternire, congregazioni e Misericordie della nostra Diocesi

Domenica 25 Novembre p.v., nella Solennità di Cristo Re, incontro di tutte le confraternite, congregazioni maschili e femminili e delle Misericordie  nella nostra Basilica Cattedrale in Cefalù con il seguente programma:

  • ore 9.30 Arrivo nella Cattedrale;
  • ore 10.00 Conferenza sul tema “L’anno delle fede e le Confraternite”, tenuta dal Dr. Roberto Clementini, Segretario Generale della Federazione delle Confraternite d’ Italia;
  • ore 11.00 Dibattito;
  • ore 11.30 Solenne celebrazione Eucaristica presieduta da S. Ecc. Rev.ma Mons. Vincenzo Manzella.

Questa volta, abbiamo un motivo in più per giungere nella Cattedrale come in pellegrinaggio perché in essa si trova l’effige più Bella del mondo in mosaico del Cristo Pantocratore, scelta dal Papa quale icona-simbolo per questo anno della fede.
( Al seguente link è possibile aprire o scaricare l’invito: Invito incontro confraternale 2012 )

XXXIII Domenica del T.O. – Il tempo non è un continuo omogeneo che esclude ogni attesa, un eterno presente in cui tutto può avvenire tranne la venuta gloriosa del Signore Gesù

Avvicinandosi la fine dell’anno liturgico, la chiesa propone alla nostra meditazione l’ultima parte del grande discorso escatologico di Gesù (cf. Mc 13).
 Prima di andare verso la sua passione, morte e resurrezione (cf. Mc 14-16), Gesù rivolge ai discepoli un parola autorevole sulla fine dei tempi, istruendoli sull’evento che ricapitolerà tutta la storia e le darà un senso pieno: la parusia, cioè la venuta nella gloria del Figlio dell’uomo.
Servendosi di alcuni versetti tratti dai libri profetici, Gesù afferma che “in quei giorni il sole si oscurerà, la luna non darà più il suo splendore, gli astri cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte”.
Egli non vuole spaventare coloro che lo ascoltano, ma fa uso del linguaggio apocalittico, proprio della tradizione ebraica, per esprimere una realtà fondamentale: questo mondo e questa creazione vanno verso una fine, verso quel “Giorno del Signore” già invocato dai credenti di Israele, giorno di salvezza e di giudizio. E ciò avviene per un preciso disegno del Dio che è Signore della storia e del tempo, il quale desidera instaurare il suo Regno di pace e di giustizia, dando così inizio ai cieli nuovi e alla terra nuova da lui preparati (cf. Is 65,17; 2Pt 3,13; Ap 21,1).
Tutto questo coinciderà con la venuta gloriosa del Figlio dell’uomo, il Signore Gesù Cristo:“Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria” (cf. Dn 7,13-14).
 Spesso i cristiani leggono il tempo in maniera mondana, come un continuo omogeneo che esclude ogni attesa, un eterno presente in cui tutto può avvenire tranne la venuta gloriosa del Signore Gesù.
Di fronte a questo atteggiamento rassegnato e fatalistico occorre testimoniare che la parusia del Signore fa parte integrante del mistero cristiano, perché egli ne ha parlato con chiarezza.
Sì, il Figlio dell’uomo, cioè Gesù che è già venuto nella fragile carne umana, nato da Maria e morto in croce, Risorto e Vivente, verrà nella gloria, come egli stesso ha dichiarato con un’autorevolezza frutto della sua assiduità con Dio: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”.
Tutta la creazione geme e soffre nelle doglie del parto aspettando la sua trasfigurazione (cf. Rm 8,19-22), e la venuta finale del Signore esaudirà in pienezza anche questa supplica, di cui i cristiani si fanno voce quando invocano: “Vieni, Signore Gesù! Maranà tha!” (Ap 22,17.20; 1Cor 16,22)…
Davvero la venuta del Signore non nega la storia, ma vuole trasfigurare il nostro mondo.
 Si spiega in questo modo la quotidianità dell’immagine utilizzata da Gesù per ammonire i discepoli: “Dal fico imparate la parabola: quando il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l’estate è vicina; così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il Figlio dell’uomo è vicino, alle porte”.
L’annuncio della venuta del Signore non aliena il credente dall’oggi, anzi gli chiede la capacità di aderire al presente, di amare la terra in cui vive.
Cercare le cose dell’alto restando fedeli alla terra: così si declina la vigilanza, quell’atteggiamento di consapevole attesa della venuta del Signore richiesto con insistenza da Gesù a conclusione del suo discorso (cf. Mc 13,33-37).
Vigilanza motivata anche dall’umile ammissione dello stesso Gesù: “Quanto a quel giorno o a quell’ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre”.
Il Figlio dell’uomo verrà in un’ora che è nascosta in Dio, dunque occorre essere sempre pronti. Gesù ci ha infatti avvertiti: “Se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi state pronti, perché nell’ora che non immaginate il Figlio dell’uomo viene(Mt 24,43-44).
Insomma, non è il “quando” che conta, bensì la fiduciosa certezza di un futuro orientato dalla promessa del Signore: “Io vengo presto!” (Ap 22,20)…
I cristiani sono “coloro che amano e attendono la manifestazione gloriosa del Signore Gesù Cristo”(cf. 1Cor 1,7; 2Cor 4,8) e affrettano con la loro attesa perseverante tale evento (cf. 2Pt 3,12). Questo è il loro tratto specifico nella storia e nella compagnia degli uomini. Ecco perché un grande padre della chiesa, Basilio, ha scritto con profonda intelligenza spirituale: “Che cosa è proprio del cristiano? Vigilare ogni giorno e ogni ora, sapendo che nell’ora che non pensiamo il Signore viene”.

( Enzo Bianchi )

Omelia del nostro Vescovo nella celebrazione eucaristica per il mandato ai catechisti, ai ministri straordinari della comunione e agli operatori delle caritas parrocchiali

Basilica Cattedrale, 10 novembre 2011

 Il mio affettuoso saluto a tutti voi, fratelli e figli carissimi, qui convenuti come operatori pastorali di questa santa Chiesa che è in Cefalù a noi affidata per proseguire nel nostro impegno pastorale lodando e ringraziando il Signore per quello che opera nella nostra vita. Vi ringrazio perchè ci siete e per quello che fate.
Questo saluto raggiunga anche alcuni nostri fratelli che operano nel settore della pastorale familiare e che si trovano impegnati ad Assisi per partecipare ad un convegno, promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana, sugli orientamenti pastorali circa la preparazione al matrimonio e alla famiglia come espressione di una nuova evangelizzazione. 
Nella pagina evangelica di questa domenica il Signore Gesù contrappone due tipi di comportamento religioso.
Il primo è quello degli scribi pretenziosi che si pavoneggiano ed usano la religione per farsi valere. Gesù riprende questo atteggiamento e lo condanna senza alcuna pietà, ammonendo i suoi discepoli e mettendoli in guardia per non lasciarsi sedurre da questo modo di fare e di essere: “Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere” (Mc 12,38-39).
Il secondo comportamento è invece quello della vedova povera che, agli occhi degli uomini, compie un gesto irrisorio, ma, per lei è carico di verità esistenziale: mette nel tesoro del tempio tutto ciò che possiede per vivere. Potremmo dire che mette a disposizione di Dio tutta la sua vita.
Gesù loda questo atteggiamento e lo indica come esempio ai suoi discepoli per la sua impressionante autenticità.
Gesù richiama l’attenzione dei suoi discepoli con parole che il Vangelo riserva per gli insegnamenti più importanti: “In verità vi dico…”. Gesù ha trovato un gesto autentico e vuole che i suoi discepoli lo imparino.
Ciò che ha colpito Gesù non è soltanto l’assenza di ostentazione ma soprattutto la totalità del dono. La vedova non ha dato il superfluo cioè quello che avanza dopo aver garantito la propria vita entro ampi margini di sicurezza, ma tutto quello che aveva per vivere. Così come la vedova di Sarepta, nella prima lettura, che non nega ad Elia l’ultimo pugno di farina e l’ultimo goccio d’olio. Ma il Signore non si lascia vincere in generosità: “egli sostiene l’orfano e la vedova” (Sal 145)… e la farina nella giara non venne meno e l’olio non diminuì.
Agli occhi di Dio non conta quanto gli uomini danno perchè Dio non giudica dall’apparenza ma guarda il cuore.
Il Signore si contenta di poco ma ci vuole autentici, credibili, generosi; non guarda alla nostra povertà ma sa leggere nei nostri cuori. Non ci giudicherà su quanto avremo dato quanto piuttosto su quanto abbiamo ritenuto per noi.
Questa Parola proclamata oggi si realizza qui e in noi. Lasciamoci dunque plasmare da questa forza creatrice, la sola che può renderci simili al nostro Dio.
Per noi che nella nostra Chiesa cefaludense esercitiamo il ministero, il Vangelo di oggi sembra tracciare il nostro profilo, la nostra carta di identità ministeriale.
Permettetemi allora di individuare alla luce della Parola di Dio l’identikit di quanti siamo chiamati a svolgere un ministero ecclesiale sia ordinato, sia istituito sia di fatto: vescovo, presbiteri, diaconi, catechisti, accoliti, lettori, ministri straordinari della comunione, ministranti, cantori, salmisti, musicisti, sacristi, operatori della caritas e di ogni settore della pastorale ecclesiale.
Per una felice coincidenza oggi 10 novembre, l’ufficio delle letture del breviario ci ha consegnato uno dei discorsi di San Leone Magno, Papa e Dottore della Chiesa, proprio sul servizio specifico del nostro ministero all’interno della Chiesa. Tornando a casa vi invito a rivedere questa seconda lettura del breviario per proseguire nella vostra riflessione personale quanto sto per dire.
Consentitemi alcune riflessioni dettate solo dall’ansia pastorale, dalla gratitudine per il vostro servizio e dal dovere che sento di accompagnarvi nel ministero che già lodevolmente svolgete.

  • Chi esercita un ministero risponde ad una vocazione ecclesiale rivoltagli dal Signore e non la realizzazione di una auto candidatura. Infatti, il ministero non può essere ridotto a titolo onorifico o biglietto da visita per la carriera ecclesiastica.
  • È la comunità intera che sotto la guida del Vescovo e dei presbiteri compie il discernimento per ogni vocazione a qualsiasi ministero.
  • È nella comunità parrocchiale che nascono e crescono i ministeri autentici. Ogni ministero esprime la vivacità dello Spirito e la docilità della comunità all’azione di Dio.
  • Chi svolge un ministero vive la tensione del vero discepolo di Cristo che quotidianamente si sforza di seguire le sue orme malgrado i propri limiti. Coloro che svolgono un servizio non possono che essere dei buoni cristiani e onesti cittadini.
  • Rispondere alla chiamata ad un ministero comporta il nutrirsi quotidianamente della Parola del Signore e dei Sacramenti della fede.
  • L’Eucaristia è la fonte e la sorgente di ogni ministero così come costituisce anche lo stile di ogni servizio ecclesiale.
  • Coloro che svolgono un servizio nella comunità devono godere della stima della comunità stessa, devono essere assidui e non godono di ferie estive.
  • Ogni ministero non è per la gloria di coloro che lo ricevono ma esclusivamente per la crescita della comunione ecclesiale. Chi attenta alla concordia, alla pace, alla comunione ecclesiale non può esercitare per nessuno motivo un ministero.
  • Non si può esercitare un vero servizio o un ministero se non ci si lascia formare permanentemente dal punto vista biblico, liturgico, teologico, umano, spirituale. Chi non cura la propria formazione ministeriale commette peccato di omissione! Gli incontri di formazione che sono proposti dagli uffici diocesani non si lasciano alla partecipazione facoltativa. La loro obbligatorietà costituisce l’espressione del senso di responsabilità che ognuno esercita nei confronti della comunità intera. Pertanto, non facciamoci scrupoli nel lasciare gli impegni parrocchiali ogni tanto per partecipare a quelli diocesani. La parrocchia è parte della Diocesi. Sapete tutti quanto abbiamo insistito sulla formazione consegnandovi le indicazioni pastorali lo scorso 20 ottobre. So che già sono in atto gli incontri di formazione per i catechisti a livello vicariale e so anche che stanno andando bene: me ne compiaccio! Una parola particolare voglio aggiungerla in riferimento alla conclusione del convegno catechistico regionale, promosso dalla  CESI, tenutosi a Caltanissetta nell’aprile scorso. Insistendo sulla necessità di curare la formazione a fondamento del servizio di catechesi, il convegno si concludeva sottolineando alcune indicazioni riferite ai catechisti.

I catechisti prima ancora che maestri devono essere testimoni, e poi si specificava:
testimoni credibili e incarnati,
testimoni gioiosi, contagiosi, entusiasti,
testimoni innamorati,
testimoni di stili di vita evangelici,
testimoni affidabili,
testimoni con le antenne per captare i segnali di Dio e i segnali degli uomini,
testimoni trainanti e appassionati, apripista e profeti,  
testimoni nella comunione della comunione, perchè non si fa Chiesa da soli.

  •  Il ministero o il servizio che ognuno esercita nella Chiesa e per la Chiesa è la via privilegiata della propria santificazione.

 Non ho nessun timore  ad esortare nel Signore ciascuno di voi affinché ognuno curi la propria vita spirituale. La qualità alta della nostra preghiera infatti è la base del nostro autentico servizio ecclesiale, di ogni servizio e ministero.
Vorrei quindi condividere con voi quanto papa Benedetto XVI ci insegna in una della sue splendide catechesi: “Quando la preghiera alimenta la nostra vita spirituale noi diventiamo capaci di conservare quello che san Paolo chiama «il mistero della fede» in una coscienza pura (cfr. 1 Tm 3,9). La preghiera come modo dell’«abituarsi» all’essere insieme con Dio, genera uomini e donne animati non dall’egoismo, dal desiderio di possedere, dalla sete di potere, ma dalla gratuità, dal desiderio di amare, dalla sete di servire, animati cioè da Dio; e solo così si può portare luce nel buio del mondo.” ( Benedetto XVI, Udienza del 20 giugno 2012)
 E ora, prima che  vi conferisca il mandato ecclesiale per l’esercizio di ogni ministero istituito e di fatto invochiamo il dono dello Spirito affinché doni a tutti la vera umiltà e la generosità della vedova del Vangelo.
Ognuno di noi abbia il coraggio di dare al Signore tutto ciò che è e possiede affinché Lui riveli nella nostra pochezza e debolezza la forza della sua presenza e della sua azione, della sua misericordia e del suo perdono.
Ci auguriamo reciprocamente di sapere sempre mettere in gioco la nostra vita attraverso il nostro ministero affinchè il Regno sia annunziato e la Chiesa sia impiantata nel cuore del mondo.
 

I concili nei secoli
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I° CONCILIO DI NICEA



I° CONCILIO DI COSTANTINOPOLI



I° CONCILIO DI EFESO



I° CONCILIO DI CALCEDONIA



II° CONCILIO DI COSTANTINOPOLI



III° CONCILIO DI COSTANTINOPOLI



II° CONCILIO DI NICEA



IV° CONCILIO DI COSTANTINOPOLI



LETTERA A DIOGNETO


I° CONCILIO LATERANENSE



II° CONCILIO LATERANENSE



II° CONCILIO LATERANENSE



IV° CONCILIO LATERANENSE



I° CONCILIO DI LIONE



II° CONCILIO DI LIONE



CONCILIO DI VIENNA



CONCILIO DI COSTANZA



CONCILIO DI BASILEA



V CONCILIO LATERANENSE


CONCILIO DI TRENTO



CONCILIO VATICANO I°

Incontri sulla Dei Verbum
Incontri sulla “ DEI VERBUM” Comunità Itria dal 26 Novembre 2018. Per accedervi click sull’icona che scorre di seguito .
Introduzione alla lectio divina
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