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Omelia nel 750° anniversario della Dedicazione della Basilica Cattedrale – Cefalù, 28 aprile2017

A tutti il più caloroso benvenuto e la mia gratitudine per la vostra presenza. Saluto tutti e ciascuno in particolare. Saluto i sacerdoti, i diaconi, le autorità civili e militari.
Tra luci, ombre e chiaroscuri sono trascorsi settecentocinquant’anni da quando la nostra maestosa Basilica Cattedralefu consacrata e dedicata alla Trasfigurazione del Signore.
Il 7 giugno del 1131, re Ruggero fondava in questo luogo “la Chiesa in onore del SS. Salvatore e dei Beati Apostoli Pietro e Paolo”, ricostituendo l’antica Diocesi di Cefalù, già esistente ab immemorabili. Continua a leggere

Giornata del Seminario

Carissimi Presbiteri,
il prossimo 23 Aprile, Domenica in albis, ci vede tutti protagonisti nel sensibilizzare le nostre comunità alla preghiera e alla raccolta per  la Giornata del Seminario.
Esprimo la mia gratitudine alle tante parrocchie e ai tanti sacerdoti che continuano a dimostrare generosità e attenzione nei nostri confronti. Continua a leggere

28 Aprile 2017 – 750° Anniversario della Dedicazione della nostra Basilica Cattedrale.

Dilettissimi fratelli e sorelle della Santa Chiesa pellegrina in Cefalù, “Grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene, e da Gesù Cristo, il  Testimone fedele, il Primogenito dei morti e il Principe dei re della terra. (Ap 1,4-5).
Quest’anno il Signore ci dona la grazia di poter celebrare e ricordare il 750° anniversario della dedicazione della nostra Basilica Cattedrale.
Tutti comprendiamo che tale ricorrenza è ben più che una commemorazione storica. La nostra Basilica Cattedrale «è segno di unità della Chiesa particolare, luogo dove si realizza il momento più alto della vita della diocesi e si compie pure l’atto più eccelso e sacro del munus sanctificandi del Vescovo, che comporta insieme, come la liturgia stessa che egli presiede, la santificazione delle persone e il culto e la gloria di Dio.
La Cattedrale è anche il segno del magistero e della potestà del Pastore della
diocesi» (Apostolorum successores, 156). Continua a leggere

Omelia S. Messa del Crisma – Basilica Cattedrale – Giovedì santo 2017


La Messa crismale del Giovedì Santo ci riunisce ogni anno come popolo di Dio non solo per benedire gli oli in funzione dei sacramenti ma anche per celebrare il nostro sacerdozio, sia il sacerdozio comune dei fedeli, sia soprattutto il sacerdozio ordinato.
Saluto tutti affettuosamente nella gioia del Signore che ci convoca in comunione sacramentale: Vescovo e presbiteri, laici e fedeli provenienti da ogni parte della Diocesi.
Vedo con piacere tanti ragazzi che saluto con particolare attenzione.
Il nostro saluto raggiunga quanti impediti non possono lodare e ringraziare il Signore assieme a noi; raggiunga, il nostro saluto, S. E. Mons. Rosario Mazzola, i tanti sacerdoti anziani, malati, sofferenti che certamente sarebbero ben lieti di presenziare a questa santa liturgia. Penso anche a
quanti celebrano significativi anniversari di ordinazione sacerdotale come: i venticinque anni di don Francesco Casamento e don Rosario Dispenza; i cinquant’anni di don Antonio D’Angelo, di don Santino Di Gangi e di p. Giorgio Marino dei Padri Giuseppini; i sessant’anni di don Antonino
Di Sclafani; i settant’anni di don Giovanni D’Angelo e don Giovanni Glorioso.
Il nostro saluto e la nostra gratitudine raggiunga il Vescovo di Locri-Gerace, S. E. Mons. Francesco Oliva che com’è consuetudine ci ha fatto pervenire il profumo di bergamotto che useremo per la consacrazione del Sacro Crisma.
È il profumo di Cristo che deve segnare la nostra vita, accompagnare la nostra crescita perchè venga emanato attorno a noi e in ogni nostra azione.
Questa santa liturgia è accompagnata dal suono melodioso dell’antico organo del 1612 appena restaurato e restituito al culto e al lustro di questa Basilica Cattedrale.
Ufficialmente è la prima volta che ascoltiamo il suo suono.
Ho voluto dedicare a voi questa inaugurazione  riservandola al Giovedì santo e al Sacerdozio di Cristo.
Cosa devo dirvi carissimi fratelli e figli, e sopratutto a voi carissimi presbiteri che assieme a me oggi celebrate la nascita del vostro sacerdozio.
Quello che riuscirò a dire a voi varrà anche per me che come voi benedico e ringrazio il Signore per il dono del sacerdozio.
Portiamo questo grande dono in vasi di creta, siamo chiamati dunque a custodire gelosamente sia il dono, sia il vaso perchè non si rompa: bisogna imballarlo bene perché resista agli inevitabili urti del viaggio della vita e delle strade impervie e dissestate che siamo chiamati a percorrere
per svolgere il nostro ministero.
Dietro ognuno di noi e davanti a noi c’è una storia iniziata il giorno della chiamata e destinata a non
concludersi mai perchè “sacerdoti in eterno”.
Per noi la parola “fine” non ha luogo, non trova spazio, non può essere scritta. È tutta un’avventura la nostra, un’avventura senza ritorno perchè essere preti non è un “mestiere”, è un “mistero” che non può essere vissuto da soli perchè non saremmo capaci di contenerlo, è un “mistero” partecipato,  condiviso che non può conoscere chiusura o solitudine.
Quanto significativo il numero 8 della Presbyterorum Ordinis che così recita: “Tutti i presbiteri, costituiti nell’ordine del presbiterato mediante l’ordinazione, sono uniti tra di loro da un’intima fraternità sacramentale; ma in modo speciale essi formano un unico presbiterio nella diocesi al cui servizio sono ascritti sotto il proprio vescovo.
Infatti, anche se si occupano di mansioni differenti, sempre esercitano un unico ministero  sacerdotale in favore degli uomini”.
Storia, la nostra, fatta di slanci, di entusiasmi, di stanchezza, di delusioni, di peccato, di grazia, di gioie e di dolori, ma soprattutto di speranza alimentata ogni giorno dall’Eucarestia che celebriamo e dalla fede alla quale ci aggrappiamo.
“Se qualcuno vuol venire dietro di me, prenda la sua croce e mi segua” (Lc 9,23). Accogliendo questa parola ci siamo messi alla sua sequela.
 Gesù non costringe nessuno, non impone a nessuno la sequela. Soltanto nell’esercizio della libertà abbiamo scelto di andare dietro di lui e noi sappiamo che egli non ci ha ingannati, non ci ha fatto promesse fasulle, non ci ha illusi. È stato crudo con noi fino alla fine. Non ha usato mezzi termini e non ci ha promesso sconti. Chi vuole seguirlo deve rinnegare se stesso, prendere la croce e andargli dietro.
Il Signore non ci ha ingannati. Noi sapevamo tutto questo perchè ce l’ha detto lui prima che accogliessimo la sua proposta. Quel “se” equivale a “qualora”, qualora qualcuno decidesse di venire dietro di me… è un ipotetico lasciato alla libertà personale.
Una volta accettato l’invito entra in ballo la nostra coerenza, coerenza umana, parola data, parola d’uomo vero che non si nasconde dietro fraintendimenti o finzioni.
Il discepolo è uno che cammina dietro, che ricalca le orme di Gesù. Il sentiero è tracciato da lui e chi sta dietro non sa dove porta il sentiero; sa però quali sono le condizioni.
A volte noi pretendiamo di camminare avanti anziché dietro e portare il Signore dove vogliamo noi invece che lasciarci condurre da lui.
Io non lo so dove il Signore vuole portare questa
nostra Chiesa e questo nostro presbiterio. So soltanto quali sono le regole di questo gioco: devo rinnegare me stesso, prendere la croce e seguirlo.
Siamo ancora disposti ad accettare queste regole che il Signore ci propone?
Siamo ancora disposti a rinunciare a noi stessi, alle nostre fisime, ai nostri schemi, alle nostre
presunzioni, ai nostri generi letterali, ai nostri atteggiamenti irremovibili, per consegnarci totalmente a lui?
La risposta non datela a me, datela a Lui.
Il rito dell’Ordinazione sacerdotale prevede un appello, una chiamata nominativa; siamo stati chiamati per nome e prontamente abbiamo risposto: “eccomi!”.
Quell’“eccomi” ha significato consegna definitiva ed è memoriale di tutti gli “eccomi” che abbiamo pronunciato fino ad oggi e nello stesso tempo contiene tutti gli eccomi che ancora dovremo dire. Finchè vivremo ripeteremo ogni giorno nella fedeltà quella parola così piccola, così breve, ma che resta la consegna della nostra vita.
In un mondo che cambia velocemente sotto i nostri occhi, solo gli impegni presi con Dio non possono mutare.
Chi crede nei veri valori sa che ci sono valori non negoziabili, e la fedeltà agli impegni assunti rientra certamente tra questi.
San Paolo nella lettera ai Romani (13,11-12) ci offre un prezioso suggerimento che suona anche come avvertimento: “la notte è avanzata, il giorno è vicino.
Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce”. Le armi della luce le intendo come le qualità necessarie per portare avanti il nostro compito pastorale che non è quello di fare proselitismo e neppure quello di svelare il mistero, ma è l’impegno della santità.
La salvezza non è programmabile con i piani pastorali o con i progetti di vicariato. Noi possiamo programmare la formazione, il culto, gli incontri, le assemblee, le analisi, le verifiche, ma non ci è dato di programmare l’incontro di Dio con il cuore dell’uomo.
La storia della salvezza oggi si costruisce con la preghiera e la santità della vita, con le armi della luce e la forza della Parola di Dio.
Le nostre liturgie siano sobrie e decorose, non spettacolo. “La liturgia non è uno show”, diceva il
Cardinale Ratzinger. A volte si ha l’impressione di assistere ad una sorta di intrattenimento religioso dove non si riesce a cogliere il confine tra la spettacolarizzazione e il mistero che si celebra.
I nostri fedeli hanno diritto di pretendere da noi un servizio sacerdotale che li aiuti a compiere il cammino della perfezione cristiana con il riverbero della nostra testimonianza e con la nostra santità di vita.
La pastorale è un’arte che non si inventa alla giornata, con il “fai da te” improvvisando per la circostanza.
Ci vuole metodo, competenza, equilibrio, intuizione, passione, gioco di squadra.
Nelle ultime indicazioni pastorali di quest’anno in corso abbiamo insistito sulla necessità di una integrazione e collaborazione tra presbiteri e fedeli laici. Da soli non si va da nessuna parte.
Concludendo ho la gioia di rivolgervi due inviti significativi: il primo riguarda la concelebrazione del 28 aprile alle ore 17,30 a ricordo del 750° anniversario della dedicazione della nostra Cattedrale. Vorrei che questo evento fosse vissuto come un vero e proprio “pellegrinaggio diocesano” alla nostra Basilica Cattedrale.
Vorrei che si giungesse in cattedrale come pellegrini che cercano il volto del Signore per gustare la dolcezza del nostro Pantocratore.
Il secondo invito riguarda l’Ordinazione diaconale di due nostri seminaristi, Paolo Cassaniti e Gioacchino Notaro, il prossimo 30 maggio alle ore 18 in Cattedrale.
Se poi vi fa piacere partecipare alla Santa Messa che io celebrerò qui in Cattedrale il 29 giugno, alle ore 18, per ringraziare il Signore in occasione del mio 50° anniversario di Ordinazione sacerdotale, sarò felice di vedervi e di essere sostenuto dalla vostra preghiera. Siete, pertanto, tutti
invitati.
Mi è gradito, inoltre, a conclusione di questa celebrazione, consegnare ai presbiteri e ai diaconi gli atti del convegno “Ordinati al Presbiterio per una Chiesa in uscita”, tenutosi a Cefalù nel 2016, accompagnati da una lettera dei Vescovi Siciliani.
Anticipandovi i migliori auguri per una Santa Pasqua, affidiamo a Maria Santissima di Gibilmanna, la nostra Chiesa, il nostro impegno, e La preghiamo di intercedere presso il suo Figlio Gesù perchè ci mandi molti e santi sacerdoti.

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