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Post sito chiuso Chiesa di Cefalù

Ritiro d'Avvento per giovani e famiglie

Region CaptureCarissimi,
l’Avvento, come tempo di preparazione al Natale, ci invita ad accogliere nella nostra casa il Verbo che si fatto carne ed a venuto ad abitare in mezzo a noi (cf. Gv 1, 14).
È tempo di attesa e di vigilanza che ci prepara ad accogliere il Verbo che si fa carne, è tempo di «incontro con Lui e la sua Parola viva…Chi incontra Cristo vivo e crede in Lui può incontrare con amore e misericordia tutti gli uomini e tutte le donne» (V. Manzella, Diremo la tua gloria. La dimensione missionaria della Chiesa alla lute della Evangel Gaudium, p. 30)
II recente Sinodo Straordinario sulle sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione celebratosi a Roma dal 5 al 19 ottobre u.s. ci invita a guardare alle famiglie, piccole chiese domestiche, ringraziandole e incoraggiandole per la testimonianza che ci offrono.
Nella famiglia matura la prima esperienza ecclesiale della comunione, in cui si riflette, per grazia, il mistero della Trinità: «È qui che si apprende la fatica e la gioia del lavoro, I’amore fraterno, il perdono generoso, sempre rinnovato, e soprattutto il culto divino attraverso la preghiera e l’offerta della propria vita» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1657).
La Chiesa, famiglia di famiglie, è chiamata ad esercitare l’arte dell’accompagnamento, perchè tutti imparino sempre a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro (cf. Es 3, 5), intravedendone la presenza del Verbo (cf. EG 169).
II ritiro spirituale per giovani, giovanissimi e famiglie che vivremo a Caltavuturo domenica 14 dicembre p.v. ci offrirà la possibilità di scorgere la presenza di Cristo povero e umile nell’altro, sperimentando ancora una volta la sua misericordia.
Invitiamo, dunque, i responsabili dei gruppi giovani e famiglie e i parroci a comunicare entro domenica 7 dicembre le adesioni inviando una mail ai seguenti indirizzi di posta elettronica: pgcefalu@gmail.com; pastoralefamiglia@vahoo.it; licctheo@libero.it.
Nell’attesa di incontrarci, Vi salutiamo affettuosamente.
don Calogero Cerami Direttore del Servizio Diocesano per la Pastorale Giovanile
don Domenico Sausa Delegato Vescovile per la Pastorale Familiare
Martin e Maria Milone Direttori dell’Ufficio per la Pastorale Familiare
don Giuseppe Licciardi Direttore del Centro Diocesano Vocazioni
 
Programma
Ore 9.30        Accoglienza presso la Sala parrocchiale della Chiesa S. Maria di Gesù al Convento
Ore 10.00      Momento di preghiera presieduto dal nostro vescovo mons. Vincenzo Manzella
Ore 10.30      Meditazione dettata dalla prof.ssa Ina Siviglia, docente di teologia dogmatica presso la Facoltà Teologica di Sicilia
Ore 11.30      Divisione in gruppi per la condivisione:

  • -­‐    Famiglie (guidate dall’Ufficio di Pastorale Familiare)
  • -­‐    Giovani (guidati dal settore Giovani di Azione Cattolica) -­‐ Giovanissimi (guidati dal Centro Diocesano Vocazioni)

Ore 13.00      Pranzo a sacco
Ore 14.30      Adorazione Eucaristica in Chiesa Madre e Celebrazione del Sacramento della Riconciliazione
Ore 16.00      Celebrazione Eucaristica presieduta dal nostro Vescovo
Ore 17.00      Saluti e partenze
 
 

I Domenica di Avvento – Non abbiamo bisogno di nient’altro che di uno spirito vigilante.

vegliate mQuesta domenica ha il profumo delle cose nuove: è ancora tempo di cominciamenti, che affascinano e sollecitano risposte di vita.
Sì, l’Avvento giunge come grazia inaspettata, che ci sorprende là dove siamo.
Lo stupore è allora maggiore perché forse la nostra situazione per molti versi è analoga a quella del popolo d’Israele; forse anche noi stiamo attraversando un momento difficile e buio, se non addirittura disperato, da cui non riusciamo a uscire con le sole risorse della nostra buona volontà.
Per questo, forse, non è lontana nemmeno dalle labbra del nostro cuore l’invocazione che attraversa la prima lettura: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi(Is 63,17).
Quel grido in qualcuno può perfino essere divenuto rassegnazione al silenzio di Dio, al suo cielo chiuso, fino a far sospettare che sia inutile sperare e attendere aiuto; fino a concludere che sia vano continuare a implorare: «Vieni; Signore Gesù».
Da questo torpore la liturgia ci scuote, ricordandoci la nostra responsabilità: come ai servi di cui parla il Vangelo, il Signore ha affidato alla nostra libertà la sua casa e i suoi beni.
Di qui i due verbi che scandiscono l’Avvento; due verbi che, per il cristiano, costituiscono un vero e proprio programma di vita: «Fate attenzione» e «vegliate» (Mc 13,33).  (Monsignor Nunzio Galantino)
 
Ma cosa significa vegliare?
Vuol dire “stare svegli”, stare con gli occhi aperti, “fare attenzione”, come traduce la versione italiana.
È la postura della sentinella che veglia, lottando contro il sonno e soprattutto contro l’intontimento spirituale; che tiene gli occhi ben aperti e scruta l’orizzonte per cogliere chi e che cosa sta per giungere.
Vegliare è un esercizio faticoso, perché in esso occorre impegnare la mente e il corpo, ma è un esercizio generato e sostenuto da una speranza salda: c’è qualcuno che giunge, qualcuno che è alla porta; qualcuno che, amato, invocato, ardentemente desiderato, sta per venire. Non è un caso che sanno vegliare soprattutto le sentinelle e gli amanti…(E. Bianchi)
Nel Vangelo di oggi il padrone se ne va e lascia tutto in mano ai suoi servi, a ciascuno il suo compito (Marco 13,34).
   …. Gesù racconta il volto di un Dio che mette il mondo nelle nostre mani, che affida le sue creature all’intelligenza fedele e alla tenerezza combattiva dell’uomo.
Ma un doppio rischio preme su di noi.
Il primo, dice Isaia, è quello del cuore duro: perché lasci indurire il nostro cuore lontano da te? (Is 63,17).
La durezza del cuore è la malattia che Gesù teme di più….
 Il secondo rischio è vivere una vita addormentata: che non giunga l’atteso all’improvviso trovandovi addormentati (Marco 13,36).
Il Vangelo ci consegna una vocazione al risveglio, perché «senza risveglio, non si può sognare»
 Rischio quotidiano è una vita dormiente, incapace di cogliere arrivi ed inizi, albe e sorgenti; di vedere l’esistenza come una madre in attesa, gravida di luce; una vita distratta e senza attenzione.
Vivere attenti. …. Attenti alle persone, alle loro parole, ai loro silenzi, alle domande mute, ad ogni offerta di tenerezza, alla bellezza del loro essere vite incinte di Dio.
Attenti al mondo, nostro pianeta barbaro e magnifico, alle sue creature più piccole e indispensabili: l’acqua, l’aria, le piante. Attenti a ciò che accade nel cuore e nel piccolo spazio di realtà in cui mi muovo. …… (Ermes Ronchi)
 
Gesù dice “Vigilate dunque: voi non sapete quando il signore della casa…” questo signore della casa è contrapposto al signore della vigna di cui Gesù aveva parlato, dove la vigna era l’immagine di Israele.
 Ebbene ora non c’è più la vigna, immagine di Israele, ma c’è la casa, immagine di familiarità, di umanità, perché il messaggio di Gesù non è più limitato a un popolo, a una nazione, a una religione, ma è un messaggio universale, e la casa è un’immagine che tutta l’umanità può comprendere.
Poi  Gesù divide la notte in quattro parti (la sera, mezzanotte, il canto del gallo e il mattino), secondo l’uso romano e non tre secondo l’uso ebraico, per far comprendere che questo messaggio non è più limitato a questa nazione, ma si estende in tutta l’umanità.
E’ un messaggio valido per gli uomini di ogni condizione e di ogni latitudine.
E di nuovo l’avviso di Gesù: “Fate in modo che, giungendo all’improvviso… ” – all’improvviso significa un’irruzione che non lascia tempo di cambiare atteggiamento – “.. non vi trovi addormentati” ….   ( A. Maggi )
 
Noi non sappiamo né il giorno né l’ora in cui si compirà questa parola del Signore, parola definitiva su tutta la creazione; non sappiamo quando Gesù Cristo, risorto e vivente in Dio quale Signore, verrà: e questa attesa che dura ormai da quasi duemila anni è faticosa.
Nella fede, però, sappiamo che “il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa(2Pt 3,9) e che ai suoi occhi “un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno(2Pt 3,8);  nella fede siamo certi che la sua parola non può mentire e non può non realizzarsi.
Ecco perché lo attendiamo, perseveranti nella preghiera che grida: “Maràna tha! Vieni, Signore” (1Cor 16,22; Ap 22,20).
Questa attesa è dipinta da Gesù nella parabola in cui il Figlio dell’uomo è assente, come un uomo partito per un viaggio.
……   Chissà quando il Signore verrà… Potrebbe venire nella sera quando uno dei Dodici, Giuda, lo consegna (cf. Mc 14,17.43) e Pietro, Giacomo e Giovanni dormono, invece di vegliare con lui (cf. Mc 14,32-42); o forse a mezzanotte, quando regna l’oscurità e dominano le tenebre; o forse al canto del gallo, quando il portinaio, Pietro, lo rinnega (cf. Mc 14,72); o forse al mattino, quando ormai la notte è diventata lunga, insopportabile.
In ogni caso, arriverà certamente all’improvviso, per questo occorre non essere addormentati ma restare vigilanti, memori del semplice ma decisivo monito di un padre del deserto, abba Poemen: “Non abbiamo bisogno di nient’altro che di uno spirito vigilante”. ( E. Bianchi )
 
 
 
 
 

Le Chiese non diventino mai case di affari, la redenzione di Gesù è sempre gratuita"

pafra( Da l’Osservatore Romano 21 Nov 2014)
Parroci e laici che hanno responsabilità pastorali devono «mantenere pulito il tempio» e «accogliere ogni persona come fosse Maria», badando a non «dare scandalo al popolo di Dio» ed evitando di trasformare la chiesa in un giro di soldi, «perchè la salvezza è gratuita».
È questa la raccomandazione fatta dal Papa venerdì mattina, 21 novembre, festa della presentazione della beata Vergine Maria al tempio, durante la messa celebrata nella cappella della Casa Santa Marta. «Il gesto di Gesù nel tempio» — che come scrive Luca nel suo Vangelo (19, 45-48) «si mise a scacciare quelli che vendevano» — secondo Francesco «è proprio una cerimonia di purificazione del tempio».
Il popolo di Israele «conosceva queste cerimonie: tante volte ha dovuto purificare il tempio quando era stato profanato». Basti pensare, ha ricordato il Papa, «ai tempi di Neemia nella ricostruzione del tempio».
C’era «sempre quello zelo per la casa di Dio, perché il tempio per loro era proprio la dimora di Dio, era il “sacro”, e quando venne dissacrato, dovette essere purificato».
Dunque «Gesù, in questo momento, fa una cerimonia di purificazione» ha ribadito il Papa, confidando: «Pensavo oggi quanta differenza tra questo Gesù, zelante della gloria di Dio, frusta in mano, e quel Gesù dodicenne, che parlava con i dottori: quanto tempo è passato e come sono cambiate le cose!».
Infatti «Gesù, mosso dallo zelo per la gloria del Padre, fa questo gesto, questa cerimonia di purificazione: il tempio era stato profanato».
Ma «non solo il tempio: con il tempio, il popolo di Dio, profanato con il peccato tanto grave che è lo scandalo».
Riferendosi sempre all’episodio evangelico, Francesco ha rimarcato che «la gente è buona, andava al tempio, non guardava queste cose: cercava Dio, pregava».
Però «doveva cambiare le monete per fare le offerte, e lo faceva lì».
È proprio per cercare Dio che «il popolo di Dio andava al tempio; non per quelli che vendevano». La gente «andava al tempio per Dio». E «lì c’era la corruzione che scandalizzava il popolo».
A questo proposito, il Papa ha ricordato «una scena della Bibbia tanto bella» che si ricollega anche con la festa della presentazione di Maria: «Quando la mamma di Samuele è andata al tempio, pregava per la grazia di un figlio. E bisbigliava in silenzio le sue preghiere. Il sacerdote, vecchio, poveretto, ma tanto corrotto» le disse «che era un’ubriaca».
In quel momento «i suoi due figli sacerdoti sfruttavano la gente, sfruttavano i pellegrini, scandalizzavano il popolo: il peccato dello scandalo». Ma la donna, «con tanta umiltà, invece di dire due parole forti a questo sacerdote, ha spiegato la sua angoscia». Così «in mezzo alla corruzione, in quel momento» c’era «la santità e l’umiltà del popolo di Dio».
Pensiamo, ha proseguito il Pontefice, a «quanta gente guardava Gesù che faceva la pulizia con la frusta».
Scrive Luca: «Tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo».
Proprio alla luce del gesto di Gesù, «penso allo scandalo — ha affermato Francesco — che possiamo dare alla gente con il nostro atteggiamento, con le nostre abitudini non sacerdotali nel tempio: lo scandalo del commercio, lo scandalo delle mondanità».
Infatti «quante volte vediamo che entrando in una chiesa, ancora oggi, c’è lì la lista dei prezzi: battesimo, tanto; benedizione, tanto; intenzioni di messa, tanto…».
E «il popolo si scandalizza».
Il Papa ha raccontato anche una vicenda che lo ha toccato da vicino:
«Una volta, appena sacerdote, ero con un gruppo di universitari e una coppia di fidanzati che voleva sposarsi. Erano andati in una parrocchia, volevano farlo con la messa. E lì, il segretario parrocchiale ha detto: No, no: non si può — Ma perché non si può con la messa? Se il concilio raccomanda di farlo sempre con la messa? — No, non si può, perché più di venti minuti non si può — Ma perché? — Perché ci sono altri turni — Ma noi vogliamo la messa! — Ma, pagate due turni!».
Così «per sposarsi con la messa hanno dovuto pagare due turni».
Questo, ha rimarcato il Papa, «è peccato di scandalo».
E «noi sappiamo quello che dice Gesù a quelli che sono causa di scandalo: meglio essere buttati nel mare».
È un fatto: «quando quelli che sono nel tempio — siano sacerdoti, laici, segretari che hanno da gestire nel tempio la pastorale del tempio — divengono affaristi, il popolo si scandalizza».
E «noi siamo responsabili di questo, anche i laici: tutti».
Perché, ha spiegato Francesco, «se io vedo che nella mia parrocchia si fa questo, devo avere il coraggio di dirlo in faccia al parroco», altrimenti «la gente soffre quello scandalo».
Ed «è curioso», ha aggiunto il Papa, che «il popolo di Dio sa perdonare i suoi preti, quando hanno una debolezza, scivolano su un peccato».
Ma «ci sono due cose che il popolo di Dio non può perdonare: un prete attaccato ai soldi e un prete che maltratta la gente.
Non ce la fa a perdonare» lo scandalo della «casa di Dio» che diventa una «casa di affari».
Proprio come è accaduto per «quel matrimonio: si affittava la chiesa» per «un turno, due turni di affitto…».
Nel passo del Vangelo, Luca non dice che «Gesù è arrabbiato». Piuttosto Gesù «è lo zelo per la casa di Dio, qui: è più della rabbia».
Ma, si è chiesto il Pontefice, «perché Gesù fa così? Lui l’aveva detto e lo ripete in un’altra maniera qui: non si possono servire due signori. O rendi il culto a Dio vivente, o rendi il culto ai soldi, al denaro».
E «qui la casa del Dio vivente è una casa di affari: c’era proprio il culto al denaro».
Dice invece Gesù: «Sta scritto: la mia casa sarà casa di preghiera. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».
Così «distingue chiaramente le due cose». Dunque «non si possono servire due signori: Dio è assoluto». Ma c’è anche un’altra questione: «perché Gesù ce l’ha con i soldi, ce l’ha con il denaro?». Perché — ha risposto Francesco — «la redenzione è gratuita: la gratuità di Dio».
Gesù, infatti, «viene a portarci la gratuità totale dell’amore di Dio».
Perciò «quando la Chiesa o le chiese diventano affariste, si dice che non è tanto gratuita la salvezza».
Ed è proprio «per questo che Gesù prende la frusta in mano per fare questo rito di purificazione nel tempio».
La festa liturgica della presentazione di Maria al tempio ha suggerito al Pontefice una preghiera.
Ricordando che la Vergine entra nel tempio da «donna semplice», Francesco ha auspicato che questo «insegni a tutti noi — a tutti i parroci, a tutti quelli che abbiamo responsabilità pastorali — a mantenere pulito il tempio» e «a ricevere con amore quelli che vengono, come se ognuno di loro fosse la Madonna».

La religione cattolica a scuola

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 Dalla rilevazione degli studenti di tutte le scuole statali del territorio diocesano che si sono avvalsi dell’insegnamento della religione cattolica nell’anno scolastico 2013-2014 emerge il seguente prospetto( Vedi Tabella e grafico  >> click per ingrandire )

  Sono dati importanti, che indicano senza ombra di dubbio la valenza  culturale e formativa che le famiglie  e gli stessi studenti della Secondaria Superiore attribuiscono all’insegnamento della Religione Cattolica  al momento dell’iscrizione scolastica.

Gli alunni che non si avvalgono dell’insegnamento della Religione Cattolica sono appena l’1,9% (122/11.117), il cui 18,03 % (22/122) a sua volta è costituito da stranieri nella maggior parte d’altra religione.
         Nei primi tre livelli di scuola, la scelta di avvalersi o non avvalersi di tale insegnamento viene fatta dai genitori, ma bisogna giungere alla scuola media per superare l’1% di non avvalentesi; nella Secondaria superiore, ove tale  scelta viene controfirmata dallo studente, i non  avvalentesi non superano l’1,50%.
Da altra indagine, condotta  negli ultimi due anni scolastici su una fascia specifica d’età degli studenti dell’ultimo livello, risulta che solo per  il 12,07% (pari  a 74/612) hanno deciso i genitori.
Con buona pace degli scettici, si tratta di una scelta libera che trova conferma tra gli stessi studenti che la frequentano e tra i genitori per altro molto attenti, per non dire esigenti, alla valutazione che nella disciplina viene attribuita dall’insegnante di Religione a ciascun alunno, esattamente come in tutte le altre discipline.
Succede anche il fenomeno inverso: si chiede all’insegnante di Religione di non essere esigente e di largheggiare nella valutazione proprio per consentire a tutti di godere di un maggior punteggio di credito. Tali richieste offendono l’insegnante e sviliscono la disciplina.
Ad onor del vero non poche sono state e sono le difficoltà perché all’insegnamento della Religione nelle singole Istituzioni scolastiche venga riconosciuta la pari dignità e funzione formativa con la altre discipline,  soprattutto se nella Scuola Secondaria Superiore si chiede che la sua frequenza concorra alla definizione del Credito scolastico, dal momento che il voto di Religione non fa media e quindi non concorre alla determinazione del Credito formativo.
I Collegi dei docenti non  sempre hanno chiari i termini della questione e a volte  sconoscono le proprie prerogative  lasciando ogni decisione ai dirigenti scolastici che a loro volta si lasciano guidare dalla loro ‘ideologia’  (o finta tale!) anziché dalla normativa vigente. Nel merito si è giunti persino a strumentalizzare il Consiglio d’Istituto facendogli deliberare l’annullamento di una decisione del Collegio dei docenti, che ammetteva la valutazione di Religione a concorrere alla definizione del credito scolastico, commettendo un illecito amministrativo. Un dirigente scolastico non può sconoscere le competenze dei singoli Organi Collegiali di cui egli stesso è presidente o componente di diritto.
Appaiono poi infruttuosa  retorica le prese di posizione ‘pseudo-culturali’ di chi  vorrebbe addirittura abolire tale insegnamento per sostituirlo con una generica Storia delle Religioni che  nella comparazione  offrirebbe maggiori spunti culturali e garantirebbe piena libertà di scelta religiosa.    
Si tratta di affermazioni ‘pseudo-laiche’ che tradiscono una mentalità più clericale di quella che ai chierici d’altri tempi consentiva la violenza morale e fisica nei confronti del pensiero libero e della libertà di coscienza individuale. Avviene infatti esattamente il contrario: in nome di una laicità  per sua natura rispettosa e promotrice di libertà individuale, si scivola facilmente nel laicismo che nega ogni sacralità e non riconosce, come nel nostro caso, il diritto di istruirsi e formarsi nella propria Religione.
Forse, però, il motivo dell’opposizione è molto più banale di quel che appare e mette a nudo la povertà culturale dei contesti in cui  maturano tali convincimenti. Per un discutibile senso di giustizia scolastica, si dovrebbe privare di un diritto costituzionalmente accertato (Costituzione della Repubblica, art. 7 per la Religione Cattolica e art. 8 per le Confessioni Religiose non cattoliche) e regolamentato da Intese (l’ultima del 28 giugno 2012 tra MIUR e CEI) perché la Scuola non è in grado di offrire attività alternative all’insegnamento della RC agli studenti che non se ne avvalgono (ne godono soltanto 6/59).
E’ contro ogni principio giuridico che si possa negare  un diritto a qualcuno (che poi questo qualcuno potenzialmente è il 98,90% della popolazione scolastica) solo perché non  si riesce ad offrire una pari opportunità  ad un altro!
         E’ opportuno tuttavia precisare che la scuola non riesce ad offrire attività alternative per difficoltà oggettive quali l’esiguo numero degli studenti non  avvalentesi, la dispersione di questi nelle varie classi in orari diversi, la mancanza di insegnanti da utilizzare allo scopo.
E non è un lampo di genio programmare un corso di Lingua straniera o di altra disciplina, quindi qualcosa di strutturato che nell’organigramma ordinamentale delle discipline si può pensare venga istituzionalizzato, in alternativa all’insegnamento della Religione. Lo studente non ha facoltà di scegliere tra  due discipline, ma sceglie di avvalersi o non avvalersi dell’IRC. Più che un lampo di genio sarebbe l’espressione della leggerezza con cui a volte si affrontano i problemi e anziché risolverli o accettarli come insolubili si crea disorientamento e incertezza nella interpretazione e applicazione delle norme.

                                                                      Prof. G. Riggio  –  Direttore dell’Ufficio per l’IRC

I concili nei secoli
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I° CONCILIO DI NICEA



I° CONCILIO DI COSTANTINOPOLI



I° CONCILIO DI EFESO



I° CONCILIO DI CALCEDONIA



II° CONCILIO DI COSTANTINOPOLI



III° CONCILIO DI COSTANTINOPOLI



II° CONCILIO DI NICEA



IV° CONCILIO DI COSTANTINOPOLI



LETTERA A DIOGNETO


I° CONCILIO LATERANENSE



II° CONCILIO LATERANENSE



II° CONCILIO LATERANENSE



IV° CONCILIO LATERANENSE



I° CONCILIO DI LIONE



II° CONCILIO DI LIONE



CONCILIO DI VIENNA



CONCILIO DI COSTANZA



CONCILIO DI BASILEA



V CONCILIO LATERANENSE


CONCILIO DI TRENTO



CONCILIO VATICANO I°

Incontri sulla Dei Verbum
Incontri sulla “ DEI VERBUM” Comunità Itria dal 26 Novembre 2018. Per accedervi click sull’icona che scorre di seguito .
Introduzione alla lectio divina
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