Vangelo Domeniche e Festività
SS. TRINITA' – L’unità divina non può essere quella solitaria dell’autocrate, ma l’unità della comunione, nella quale la distinzione arricchisce, non indebolisce l’unità …
C’è un crescendo bello e impegnativo nelle tre solennità che abbiamo celebrato nelle ultime tre domeniche.
Nel giorno dell’Ascensione siamo stati invitati a incontrare Gesù salito al cielo, che non ci ha lasciati soli, ma continua a vivere con noi, presentandosi e interpellandoci ogni giorno in maniera sempre nuova e impegnativa.
Nel giorno di Pentecoste, invece, si è rinnovata per la Chiesa la chiamata a rendere testimonianza allo Spirito di Cristo, che è Spirito di vita, di coraggio e di amore, vissuto con la fantasia e l’intraprendenza della carità.
Infine, nella solennità odierna dedicata alla SS. Trinità, la Chiesa è invitata ad alzare lo sguardo verso la fonte dell’amore e l’origine dell’armonia. Un invito oggi quanto mai necessario di fronte a un mondo che appare sempre più “dis-armonico” e privo d’amore.
… Gesù non ha mai usato direttamente la parola «Trinità». … . [ ma in tutte e le sue parole e con tutti i suoi gesti ] ci ha detto che il Dio, nel quale noi crediamo, non è un Dio che vive nella sua splendida solitudine: egli è reciprocità, relazione, scambio, incontro, abbraccio. È un Dio che vive in comunione e di comunione. … ( N. Galantino )
…. L’unità divina non può essere quella solitaria dell’autocrate, ma l’unità della comunione, nella quale la distinzione arricchisce, non indebolisce l’unità. … L’amore è di natura sua inclusivo: Dio vuole dunque che l’uomo partecipi alla Sua vita, vuole essere il Tu presente in ogni storia umana. Ma questa “eudokìa”, “buona volontà”divina non può non prendere, nel mondo segnato dal male e dalla morte, la forma della Croce: la croce di Gesù è l’atto supremo della comunione…. (Don Giuseppe Dossetti )
Il mistero trinitario si vive non nella immobile fissità di un teorema astratto ma nell’immersione generosa dentro le stesse dimensioni della storia del mondo.
Con questo spirito si può guadare una forma culturale e religiosa diversa dalla nostra con profonda simpatia, cercando di capire qual è la voce dello Spirito che vi è dentro.
Se la Chiesa traccia un cerchio, la maggioranza dell’umanità è fuori del cerchio, se il Padre traccia un cerchio c’è tutto, dentro.
La diversità è qui: io devo misurarmi col cerchio del Padre. Se io non capisco è perché sono limitato.
Noi viviamo nel frammento. Nessun segmento della linea è la linea.
Questo atteggiamento non è il relativismo condannabile, ma è il senso della relatività delle cose, anche di questo cristianesimo.
La verità ultima è anche la fine dei sacramenti, la fine della Chiesa; nella verità ultima tutto ciò che appartiene alla dinamica del provvisorio non ha più senso. Questa duttilità interiore non è inerte tolleranza del tutto, è proiezione creativa verso una verità intera. (Ernesto Balducci – da “Il Vangelo della pace” vol. 3 – anno C )
Il brano evangelico è tratto dai “discorsi di addio” di Gesù … Egli ha fatto l’esperienza del desiderio di comunicare molte cose ma di rendersi conto che l’altro, gli altri non sono in grado di condividerle, di comprenderle, di portarle dentro di sé. …
Non c’era difficoltà a esprimersi da parte di Gesù, bensì incapacità di ricezione da parte dei discepoli. Gesù però getta lo sguardo sul tempo dopo di sé, con fede-fiducia e con speranza: “Oggi non capite, ma domani capirete”. …E gli sa che la vita e la storia sono anch’esse rivelatrici; che vivendo si arriva a capire ciò che abbiamo semplicemente ascoltato; che è con quelli con cui camminiamo che si comprendono più profondamente le parole affidateci. …
. La nostra fede non è statica, non ci è data una volta per tutte come un tesoro da conservare gelosamente, ma è come un dono che cresce nelle nostre mani. Dicendo queste parole, Gesù certamente intravedeva anche tra i suoi discepoli il pericolo del voler conservare ciò che avevano conosciuto come uno scrigno chiuso, come un museo, invece di permettere alle sue parole di percorrere le strade del mondo e i secoli della storia crescendo, arricchendosi nell’incontro con altre parole, storie, culture.
… Ma questa crescita della comprensione non avviene per energie che sono in noi, non è un’avventura dello spirito umano, ma è un cammino “guidato” dal dono del Risorto, lo Spirito santo: “Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità”.
…. Noi cercatori della verità mai posseduta percorriamo il nostro cammino, ma lo Spirito santo ci dà la possibilità di andare oltre la conoscenza della verità acquisita, attraverso inizi senza fine. E sia chiaro che questa comprensione non sta all’interno di una dimensione intellettuale, gnostica, ma è conoscenza esperita da tutta la nostra persona; e la verità che cerchiamo e inseguiamo non è una dottrina, non sono formule o idee, ma è una persona, è Gesù Cristo che ha detto: “Io sono la verità” (Gv 14,6).
Lo Spirito santo però non è una forza, un vento che viene da dove vuole e va dove vuole, ma è lo Spirito di Cristo, che resta libero rispetto alla chiesa, anche se mai dissociato da Gesù.
Quando lo Spirito è presente e ci parla di Gesù, è come se ci parlasse Gesù stesso, e in questo modo ci parla di Dio, perché dopo la resurrezione non si può più parlare di Dio senza guardare e conoscere Gesù suo Figlio che lo ha raccontato (cf. Gv 1,18) con parole d’uomo e con la sua vita umanissima.
Le parole di Gesù sullo Spirito santo, dunque, in realtà ci indicano il Padre, Dio, perché il Padre e il Figlio hanno tutto in comune: il Figlio è la Parola emessa dal Padre e lo Spirito è il Soffio di Dio che consente di emettere la Parola. È in questo modo che Giovanni, attraverso le parole di Gesù, ci accompagna a intravedere il nostro Dio come Padre, Figlio e Spirito santo: un Dio che è intimamente comunione plurale, un Dio che è comunione d’amore, un Dio che nel Figlio si è unito alla nostra umanità e attraverso lo Spirito santo è costantemente trascinato in questa comunione di vita. (E.Bianchi)
Pentecoste – L’uomo di Nazareth è divorato dalla sete di trasmettere a tutto l’uomo e a tutta la creazione lo Spirito di Dio.
[ Nel capitolo 2 degli Atti degli Apostoli, brano che in parte oggi proclamiamo nella liturgia della parola, e che ( diversamente da quanto narrato da Giovanni, – come ci ricorderà più avanti don G. Dossetti – colloca la Pentecoste cinquanta giorni dopo la Pasqua) possiamo distinguere tre parti ]
Nella prima (2, 1-3) vengono descritti alcuni segni di una teofania, cioè di un intervento divino: “venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo“, “…apparvero loro lingue come di fuoco“.
Questi segni richiamano quelli della grande teofania del Sinai (cf Es 19,16-19), dove il popolo ricevette la legge e l’alleanza. Ma qui il fuoco assume la figura di lingue, simbolo del comunicare umano.
Nella seconda parte (2, 3-12) si descrive il miracolo delle lingue, sia nell’esperienza dei discepoli (“cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro il potere di esprimersi“) sia in quclla degli ascoltatori (“com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa?“).
Nella terza parte (2, 14-47) [ non proclamata oggi ] Pietro spiega che cosa è avvenuto: si tratta del dono dello Spirito santo, inviato da Gesù Cristo che è stato crocifisso e che è risorto. Vengono anche ricordati gli effetti “contagiosi” di questo dono; da esso ha origine la prima comunità cristiana: “quel giorno si unirono a loro circa tremila persone” (2, 41 )
Il dono dello Spirito santo a Pentecoste suscita dunque una straordinaria capacità comunicativa, riapre i canali di comunicazione interrotti a Babele e ristabilisce la possibilità di un rapporto facile e autentico tra gli uomini nel nome di Gesù Cristo. Esso suscita la Chiesa come segno e strumento della comunione degli uomini con Dio e dell’unità del genere umano. ( C.M.Martini )
Nel Vangelo è Gesù stesso a descrivere l’azione dello Spirito Santo: «Egli vi guiderà alla verità tutta intera, (…) vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».
«Ogni ammaestramento dello Spirito rimane legato alla Parola di Gesù. Il nuovo si fonda così sull’antico. All’ammaestramento subentra così il ricordo. Se vi fosse solo il ricordo nella Chiesa, allora essa sarebbe vittima di un morto passato; se vi fosse soltanto l’insegnamento senza il ricordo, sarebbe consegnata all’entusiasmo. Così lo Spirito Santo, come il vero consolatore della comunità, fa entrambe le cose, guida quest’ultima in avanti e la tiene ferma in Gesù». (Dietrich Bonhoeffer)
Mentre gli Atti degli Apostoli parlano dell’effusione dello Spirito Santo come di un evento accaduto cinquanta giorni dopo la Pasqua, Giovanni dice che il Signore ha effuso lo Spirito sugli apostoli riuniti nel cenacolo la sera stessa di Pasqua in occasione della manifestazione collegiale, fondamento della fede nella risurrezione per coloro che avrebbero dovuto essere testimoni qualificati ….
Che significato ha questa contrazione temporale, questa immedesimazione del mistero pasquale col mistero della Pentecoste che noi impropriamente talvolta separiamo ?
Mi pare che, in Giovanni, il senso sia ben preciso: manifestare l’inscindibilità tra il mistero della passione e della risurrezione e quello dell’effusione dello Spirito santo, considerato, come del resto appare in tutto l’Evangelo, lo scopo, il senso e il termine della missione del Cristo.
Il Signore stesso, il giorno in cui ha voluto riassumere lo scopo della sua venuta, l’ha qualificato in questo senso e ha detto: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e quanto desidero che si accenda! Con un battesimo devo essere battezzato e quanto mi sento angustiato finché non sia compiuto!”( Lc 12,49-50)… La missione di Cristo e tutto il senso dell’incarnazione si possono riassumere così: dare agli uomini lo Spirito santo, come un fuoco che incenerisce l’uomo e la creazione, e da questa cenere fa sorgere l’uomo nuovo e la creazione nuova … L’uomo di Nazareth è divorato dalla sete di trasmettere a tutto l’uomo e a tutta la creazione lo Spirito di Dio. Noi non comprendiamo il Cristo se non lo vediamo così! E Giovanni, infatti, ce lo presenta, nel giorno della sua risurrezione, proteso alla consumazione di questo suo compito: dare lo Spirito e darlo subito, perché già troppo egli ha tardato e già troppo l’uomo e la creazione l’hanno atteso……. Il mistero pasquale di cui parliamo e che si riattualizza nella liturgia è precisamente l’impazienza di Gesù di comunicare a tutti, incessantemente e senza ritardo, lo Spirito di Dio, con il battesimo suo personale nella morte e nella risurrezione e con il battesimo di tutto l’universo nello Spirito che lo ha risuscitato e che è con lui. ( G. Dosseti – Omelie tempo di Pasqua – 1970 )
Ascensione del Signore – Ritornando al Padre Gesù si fa massimamente intimo a noi e noi diventiamo massimamente intimi a lui.
Oggi si celebra l’Ascensione, evento pasquale che Luca racconta nel suo vangelo (il brano odierno) come evento finale della vita di Gesù di Nazaret e negli Atti degli apostoli come evento iniziale della vita della chiesa (cf. At 1,1-11, anch’esso proclamato oggi nella liturgia). È significativo che i due racconti non siano pienamente armonizzabili tra loro, in quanto leggono il medesimo evento da due diverse prospettive. Negli Atti l’ascensione di Gesù al cielo avviene quaranta giorni dopo la sua resurrezione da morte (cf. At 1,3) , mentre nel vangelo è collocato nella tarda sera di quel “giorno senza fine”, “il primo della settimana” (Lc 24,1) , giorno della scoperta della tomba vuota e dell’apparizione del Risorto alle donne (cf. Lc 24,1-12) , ai due discepoli sulla strada verso Emmaus (cf. Lc 24,13-35), infine a tutti i discepoli riuniti in una casa a Gerusalemme (cf. Lc 24,36-49). Continua a leggere
VI Domenica di Pasqua – Dio è intimo all’uomo e … nel profondo dell’uomo, si manifesta ogni qualvolta l’uomo è più umano.
Anche oggi, VI domenica di Pasqua, la Liturgia della Parola ci presenta la Chiesa delle origini e i primi passi che essa muove come “comunità del Signore Risorto”.
Nella prima lettura, la comunità cristiana di Antiochia è alle prese con un momento di ordinaria difficoltà: alcuni pensano di poter parlare a nome degli apostoli ma, di fatto, stanno parlando a nome proprio, cercando di imporre alla comunità vecchie pratiche religiose e comportamenti ingiustificati. Continua a leggere