Vangelo Domeniche e Festività
IV Domenica di Pasqua – C'è una sola pecora, l'Agnello, che ha infilato la via della morte e ha tramutato la via della morte nella via della vita per sè e per tutti.
La figura del Cristo pastore è un autentico mistero o,meglio, è una di quelle dimensioni del mistero cristiano, particolarmente del mistero pasquale, più sottolineate dalla divina pedagogia: penso che molti di quelli che oggi sono qui abbiano ben presente, frase per frase, questo capitolo decimo del Vangelo di Giovanni e possano avere altre volte meditato su singole espressioni, come quella del v. 1 che dice: « chi sale [nel recinto delle pecore] da un’altra parte è un ladro» ; oppure quella del v. 2: « chi entra per la porta è il pastore delle pecore» a cui il portinaio apre e le pecore conoscono la sua voce e lui le conduce fuori chiamando ciascuna per nome » ( cfr. v. 3).
Ognuna di queste espressioni, ognuno di questi sostantivi, verbi e aggettivi ci sono presenti, e certamente abbiamo abbastanza chiari tanti aspetti di questo Evangelo che si compongono nella comprensione del nostro rapporto con Cristo, via del Padre, e del nostro rapporto con Dio. Continua a leggere
III Domenica di Pasqua – Una nuova economia di salvezza si apre con il Cristo presente non più di persona, ma nei segni sacramentali e nella testimonianza della comunità.
Come ogni testo del Nuovo Testamento, Emmaus è un testo dove la Chiesa si racconta e quindi al tempo stesso si espone e si giudica, dove la Chiesa dice ciò che è e si misura su ciò che dovrebbe essere.
Nessun esegeta dubita ormai che questo episodio sia impastato dall’esperienza che i primi cristiani facevano in quelle forme embrionali di liturgia che tuttavia già racchiudevano l’essenziale del culto cristiano: la lettura delle Scritture alla luce della morte di Cristo e la frazione del pane, cioè l’eucaristia.
Al contempo, in questa pagina di Luca la Chiesa si è data da sé stessa la norma della sua pratica, così che potrà sempre tornare a Emmaus come al canone della sua liturgia e lì valutarla. … Continua a leggere
II Domenica di Pasqua: Entriamo nel mistero delle piaghe di Gesù, mistero del suo amore misericordioso.
San Giovanni, che era presente nel Cenacolo con gli altri discepoli quella sera del primo giorno dopo il sabato, riferisce che Gesù venne in mezzo a loro, disse: «Pace a voi!», e «mostrò loro le mani e il fianco» (20,19-20), mostrò le sue piaghe. Così essi riconobbero che non era una visione, era proprio Lui, il Signore, e furono pieni di gioia.
Otto giorni dopo Gesù venne di nuovo nel Cenacolo e mostrò le piaghe a Tommaso, perché le toccasse come lui voleva, per poter credere e diventare anch’egli un testimone della Risurrezione.
Anche a noi, oggi, in questa Domenica che san Giovanni Paolo II ha voluto intitolare alla Divina Misericordia, il Signore mostra, mediante il Vangelo, le sue piaghe. Sono piaghe di misericordia. È vero: le piaghe di Gesù sono piaghe di misericordia. Nelle [loro] sue piaghe noi siamo stati guariti.
Gesù ci invita a guardare queste piaghe, ci invita a toccarle, come ha fatto con Tommaso, per guarire la nostra incredulità. Ci invita soprattutto ad entrare nel mistero di queste piaghe, che è il mistero del suo amore misericordioso. Continua a leggere
Pasqua di Resurrezione: " non si può vivere Pasqua senza entrare nel Mistero che Dio ha compiuto con la sua veglia d’amore."
Notte di veglia è questa notte.
Non dorme il Signore, veglia il Custode del suo popolo (cfr Sal 121,4) , per farlo uscire dalla schiavitù e aprirgli la strada della libertà.
Il Signore veglia e con la potenza del suo amore fa passare il popolo attraverso il Mar Rosso; e fa passare Gesù attraverso l’abisso della morte e degli inferi.
Notte di veglia fu questa per i discepoli e le discepole di Gesù.
Notte di dolore e di paura.
Gli uomini rimasero chiusi nel cenacolo. Le donne, invece, all’alba del giorno dopo il sabato, andarono al sepolcro per ungere il corpo di Gesù.
Il loro cuore era pieno di commozione e si domandavano: “Come faremo ad entrare?, chi ci rotolerà la pietra del sepolcro?…”. Ma ecco il primo segno dell’Evento: la grande pietra era già stata ribaltata e la tomba era aperta!
«Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito di una veste bianca…» (Mc 16,5). Le donne furono le prime a vedere questo grande segno: la tomba vuota; e furono le prime ad entrarvi…
“Entrate nel sepolcro”.
Ci fa bene, in questa notte di veglia, fermarci a riflettere sull’esperienza delle discepole di Gesù, che interpella anche noi. Per questo, in effetti, siamo qui: per entrare, entrare nel Mistero che Dio ha compiuto con la sua veglia d’amore.
Non si può vivere la Pasqua senza entrare nel mistero. Non è un fatto intellettuale, non è solo conoscere, leggere… E’ di più, è molto di più!
“Entrare nel mistero” significa capacità di stupore, di contemplazione; capacità di ascoltare il silenzio e sentire il sussurro di un filo di silenzio sonoro in cui Dio ci parla (cfr 1 Re 19,12).
Entrare nel mistero ci chiede di non avere paura della realtà: non chiudersi in sé stessi, non fuggire davanti a ciò che non comprendiamo, non chiudere gli occhi davanti ai problemi, non negarli, non eliminare gli interrogativi…
Entrare nel mistero significa andare oltre le proprie comode sicurezze, oltre la pigrizia e l’indifferenza che ci frenano, e mettersi alla ricerca della verità, della bellezza e dell’amore, cercare un senso non scontato, una risposta non banale alle domande che mettono in crisi la nostra fede, la nostra fedeltà e la nostra ragione.
Per entrare nel mistero ci vuole umiltà, l’umiltà di abbassarsi, di scendere dal piedestallo del nostro io tanto orgoglioso, della nostra presunzione; l’umiltà di ridimensionarsi, riconoscendo quello che effettivamente siamo: delle creature, con pregi e difetti, dei peccatori bisognosi di perdono. Per entrare nel mistero ci vuole questo abbassamento che è impotenza, svuotamento delle proprie idolatrie… adorazione. Senza adorare non si può entrare nel mistero.
Tutto questo ci insegnano le donne discepole di Gesù. Esse vegliarono, quella notte, insieme con la Madre. E lei, la Vergine Madre, le aiutò a non perdere la fede e la speranza. Così non rimasero prigioniere della paura e del dolore, ma alle prime luci dell’alba uscirono, portando in mano i loro unguenti e con il cuore unto d’amore. Uscirono e trovarono il sepolcro aperto. Ed entrarono. Vegliarono, uscirono ed entrarono nel Mistero. Impariamo da loro a vegliare con Dio e con Maria, nostra Madre, per entrare nel Mistero che ci fa passare dalla morte alla vita. ( Papa Francesco )